XXXI domenica del Tempo Ordinario/B: "Il primo dei comandamenti"
Ogni tanto mi capita di parlare con qualcuno che, quasi per giustificarsi del fatto che viene raramente in Chiesa, dice: "Ma io prego in casa, non è la stessa cosa?".
No, non è la stessa cosa! Fra l'altro c'è la differenza che passa tra l'ascoltare e il parlare: "Ma io parlo con Dio!". Certo! Ma quando lo ascolti? Quando lo incontri?
Se ami una persona non ti basta riempirlo di parole ogni tanto al telefono: vuoi incontrarlo, vuoi ascoltare la sua voce, vuoi averci una vera relazione.
A Messa noi ascoltiamo la Parola di Dio (e rispondiamo), ma soprattutto lo incontriamo e lo lasciamo entrare nella nostra vita, nella nostra carne, alimentandoci di Lui che si offre per noi nell'Eucaristia.
La fede nasce dall'ascolto di qualcuno che ci parla di Lui e poi dall'ascolto della sua Parola, da una ascolto che si deve fare incontro, relazione con il Vivente. Lo sanno bene gli ebrei che recitano 3 volte al giorno lo Shemà Israel, la preghiera in cui ripetono le parole ascoltate nella prima lettura e riprese da Gesù nel Vangelo: "Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze".
Cosa vuole Dio da noi? Cosa ci comanda? Di amarlo e di amare!
Nelle Scritture si calcolavano 613 precetti a cui il pio israelita era tenuto ad osservare: 365 proibizioni, una per ogni giorno dell’anno, a cui si associavano i precetti che prescrivevano cose da fare. Era normale, di fronte a questo ginepraio di obblighi e divieti, cercare una gerarchia, il precetto più grande. Cosa vuole, in modo speciale, Dio da noi? Che desiderio ha su di noi e per noi? L’amore! Gesù non ha dubbi: “Tu amerai Dio e il prossimo!”. Prima ancora della modalità di tale amore (“con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” per Dio e “come te stesso” per il prossimo) a Gesù interessa porre il centro, il cuore di tutta la Scrittura da cui trae i due comandamenti che lui - è qui la novità che ha apportato - unisce: non si può dire di amare Dio se non amiamo il prossimo; non si può veramanete amare il prossimo (che è fonte di conflitti, di attriti, che è diverso da me e ha un modo diverso di vedere le cose e il mondo) se non ci si lascia amare da Dio.
“Amerai” dice Gesù: usa l’indicativo futuro, una forma verbale che si usa per indicare eventi futuri situati a notevole distanza di tempo nell’avvenire. Amerai allora non è solo un comando, ma è soprattutto la meta, l’ideale sempre lontano dalla concretezza della nostra vita quotidiana, ma posto davanti a noi come un faro, come la stella polare, per indicare il cammino da compiere.
Con tutto…
“Al cuor non si comanda” recita un detto popolare. Del resto è possibile obbligare qualcuno ad amare? Se per amore si intende solo il sentimento spontaneo, c’è poco da comandare. Ma l’amore non coinvolge solo i sentimenti: l’amore è la realtà prima dell’uomo che ci coinvolge in maniera completa, dunque anche la ragione e la volontà. Del resto ogni amore umano se si regge solo sui sentimenti (come spesso avviene) è un amore effimero (“liquido” dicono i sociologi), che oggi c’è e domani chissà. Ma se io non solo sento di amare una persona, ma ho motivi validi per amarla e dunque voglio amarla, costruisco un rapporto che, se c’è reciprocità, diventa solido e profondo, che dura nel tempo senza lasciarsi usurare.
Ma si può veramente amare Dio con tutto il cuore, l’anima e la mente? Il rischio opposto è quello di amare Dio a parole o di amarlo in maniera superficiale e tiepida o soprattutto di amarlo in maniera parziale:
- con i soli sentimenti (di un amore solo sentimentale ed emotivo) e così amarlo solo quando lo sento presente e me la sento, quando ne ho voglia o ne sento il bisogno;
- con la sola ragione (di un amore cerebrale) e così amarlo in maniera distaccata, asettica, come i teologi che rischiano di amare più il sapere (su Dio), la conoscenza (di Dio) che Dio stesso;
- con la sola volontà (di un amore imposto) e così imporsi di amarlo, come una catena che ci lega o un peso che ci opprime.
Che amore è un amore che ci coinvolge solo in parte? E' come una dichiarazione d'amore in cui ci sentiamo dire: "Ti amo con una parte di me, finchè me la sento, finchè non trovo di meglio".
"L’amore che Dio vuole è un amore intero, totale, ma non totalitario, cioè non esclude altri amori! Noi abbiamo la possibilità di amare Dio e contemporaneamente di amare un uomo, una donna, un amico, una amica, senza che l’amore di Dio patisca concorrenza. Non è vero che “solo Dio basta”, perché per essere persone autentiche abbiamo bisogno di amare anche altri, sapendo però che l’amore per Dio è totale, intero, e che gli altri nostri amori non devono essere preferiti a quello che abbiamo per lui. “Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me” (Mt 10,37), ha detto Gesù, ma non ha detto che, se si ama Dio, si deve amare solo lui: Dio non vuole un amore totalitario, ma autentico, vissuto dalla persona nella sua interezza e unità". (E. Bianchi)
Il raggio e la circonferenza del cerchio: più amo Dio avvicinandomi a Lui che è il centro del cerchio e più sono vicino ai fratelli ( e viceversa: più sono unito ai fratelli più sono vicino a Dio).