X domenica del tempo ordinario (B): Gesù "indemoniato" o "fuori di sè?"
«Gesù? O era Dio o era un pazzo». Parola di Paul Hewson, in arte Bono Vox, il cantante degli U2, che in un’intervista rilasciata ad aprile 2014 alla tv nazionale irlandese, ha così risposto alla domanda su chi sia per lui Cristo:
«Io non credo che la questione si possa liquidare dicendo “un pensatore”, un “grande filosofo” . Lui ha affermato di essere il Messia, il Figlio di Dio e per questo motivo è stato crocifisso. Dal mio punto di vista o era il Figlio di Dio, oppure si trattava di un pazzo (…) Trovo difficile immaginare che milioni di persone da più di duemila anni siano stati toccati da quella presenza, abbiano cambiato la propria vita perché ispirati da un pazzo. No, non lo credo».
Ma non è stato facile per i contemporanei di Gesù, anche per le persone a lui più vicine, riconoscerne l'identità divina: i parenti lo considerano "fuori di sè" (deve per forza essere impazzito chi non trova neanche il tempo per mangiare per incontrare la gente); è un "indemoniato", affermano invece gli scribi scesi da Gerusalemme.
Da sud, dalla Giudea, arriva una commissione d’inchiesta di teologi. Dalle colline di Galilea scendono invece i suoi, per portarselo via. Sembra una manovra a tenaglia contro quel sovversivo, quel maestro fuori regola, fuorilegge, che ha fatto di Cafarnao il suo quartier generale, di dodici ragazzi che sentono ancora di pesce il suo esercito, di una parola che guarisce la sua arma. È la seconda volta che il clan di Gesù scende da Nazaret al lago, questa volta hanno portato anche la madre; vengono a prenderselo: È fuori di sé, è impazzito. Sta dicendo e facendo cose sopra le righe, contro il senso comune, contro la logica semplice di Nazaret: sinagoga, bottega e famiglia. Dalla commissione d’inchiesta Gesù riceve il marchio di scomunicato: figlio del diavolo. Eppure la pedagogia di Gesù ancora una volta incanta: “ma egli li chiamo”, chiama vicino quelli che l’hanno giudicato da lontano; parla con loro che non si sono degnati di rivolgergli la parola, spiega, cerca di farli ragionare. Inutilmente. Gesù ha nemici, lo vediamo, ma lui non è nemico di nessuno. Lui è l’amico della vita... Assediato, Gesù non si ferma, non torna indietro, prosegue il suo cammino. Molta folla e molta solitudine. Ma dove lui passa fiorisce la vita. E un sogno di maternità, sorellanza e fraternità al quale non può abdicare.(E. Ronchi)
In mezzo al "fuoco incrociato": quello dei detentori del potere religioso, ma anche il "fuoco amico" dei suoi parenti, c'è la folla: gente affascinata dalle sue parole e dalle sue opere.
Sui parenti Gesù offre una lezione dura, ma importante: chi ascolta e mette in pratica la Parola del Padre partecipa alla generazione del Figlio, ne diviene madre o perlomeno fratello o sorella, cioè parte della stessa famiglia:
Sui parenti Gesù offre una lezione dura, ma importante: chi ascolta e mette in pratica la Parola del Padre partecipa alla generazione del Figlio, ne diviene madre o perlomeno fratello o sorella, cioè parte della stessa famiglia:
Gesù non disprezza la famiglia di origine, ma non
accetta che essa accampi pretese su di lui, che voglia catturarlo per farlo
“rinsavire”. Dicevano infatti i suoi: “É
fuori di sé” (Mc 3,21), è impazzito, non si rende conto che sta esagerando.
Preoccupati per lui, volevano rinchiuderlo all’interno dei loro schemi mentali
anziché lasciarsi attirare e guidare da lui.
Gesù, in effetti, o è un pazzo megalomane o è
veramente Dio;
non ci sono vie di mezzo, non si può pretendere da lui un maggior buon senso.
Essere parte della sua famiglia significa saper accogliere la sua parola con
quanto contiene, trasformarla in vita concreta secondo le esigenze che la
parola stessa esprime. Per far parte della sua famiglia non è necessario
vantare legami di sangue o di etnia, ma essere a lui legati con un affetto che
non imbriglia, come quello tra amici o come quello dei discepoli nei confronti
di un maestro stimato e amato. La sua nuova e vera famiglia è quella che nasce dallo
sforzo di comprenderlo; sorge dall’impegno a fare la volontà di Dio che è,
fondamentalmente, quella di lasciarci amare da Lui e riamare a nostra volta gli
altri.
Senza questa conversione radicale della mente e del cuore si rimane “fuori” dalla sua famiglia, anche se si è dei suoi secondo la carne, lo si ama e gli si vuol bene! (…)Questo amore, se non si purifica, si chiama egoismo, ed è un tentativo di assimilare lui a noi invece che noi a lui [S. Fausti, Ricorda e racconta il Vangelo, p.124.)
Agli scribi che rifiutano la verità e chiamano male il bene ricorda che Dio, se siamo pentiti, perdona tutti i peccati, ma non "la bestemmia contro lo Spirito Santo":la bestemmia contro lo Spirito Santo non può essere perdonata perché è impossibile confessarla e pentirsene. Infatti, una delle funzioni dello Spirito Santo è di portarci al ravvedimento convincendoci del peccato (Gv 16:8). Se attribuiamo l'opera dello Spirito Santo ai demoni, non ci convince e non ci ravvediamo. Se chiamiamo il bene male, che speranza abbiamo di pensare di aver fatto male? Ciò spiega perché la bestemmia contro il Padre o contro il Figlio è perdonabile: possiamo accettare comunque la testimonianza in noi dello Spirito Santo al Padre e al Figlio, e ravvederci per essere perdonati.
La prima lettura ci pone di fronte, in termini mitici, le conseguenze del peccato (originale): nasconderci da Dio, temere di mostrarci davanti a lui con la nostra nudità (= senza maschere, senza camuffarci dietro travestimenti che ci facciano apparire migliori) e cercare la colpa negli altri, in un continuo scaricabarile. Ma Adamo ed Eva sono ancora in grado di ravvedersi: pagano le conseguenze del loro peccato nato dall'insinuazione del serpente che Dio non sia buono, ma tema piuttosto che gli uomini lo privino del suo potere riconoscendo di poter fare a meno di lui, di essere come lui: un Dio concorrente e malvagio che ci starebbe privando del meglio.
Riprendiamo da C.S. Lewis, Scusi... Qual è il suo Dio?, GBU, Roma, 1993, pp. 75-76, alcuni brani dell’autore. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Una parte delle affermazioni [di Gesù] tende a passare inosservata, perché l’abbiamo sentita tanto spesso da non afferrarne più la portata - intendo la pretesa di perdonare i peccati, qualunque peccato. Essa è tanto assurda da rasentare il ridicolo, a meno che a parlare sia Dio. Tutti possiamo capire che un uomo può perdonare le offese che riceve: tu mi calpesti un piede e io ti perdono, tu rubi il mio denaro e io ti perdono. Ma cosa dovremmo pensare di un uomo a cui non è stato rubato o calpestato niente, che annunzia di averti perdonato per aver calpestato il piede e per aver rubato il denaro di un altro? La definizione più gentile per una condotta del genere è quella di stupidità madornale. Eppure è proprio questo che fece Gesù. Egli diceva agli uomini che i loro peccati erano perdonati senza mai aspettare di consultare le persone offese da quei peccati. Senza alcuna esitazione si comportò come se fosse lui la parte in causa, la persona più offesa da tutte le offese. Questo avrebbe senso solo se egli fosse stato il Dio le cui leggi sono trasgredite e il cui amore è ferito da ogni peccato. In bocca a chiunque non sia Dio, queste parole implicherebbero ciò che io posso giudicare solo come una stupidità e una presunzione mai dimostrate da nessun altro personaggio della storia.
Eppure (e questa è la cosa più strana e significativa) persino i suoi nemici, quando leggono i Vangeli, di solito non ne ricevono un’impressione di stupidità e presunzione, e meno ancora ne ricevono i lettori senza pregiudizi. Cristo dice di essere “umile e mansueto” e noi gli crediamo, ma non notiamo che, se egli fosse puramente uomo, umiltà e mansuetudine sono le ultime caratteristiche che potremmo attribuire ad alcune delle sue affermazioni.
[…]
Sto cercando di impedire che qualcuno dica del Cristo quella sciocchezza che spesso si sente ripetere: “Sono pronto ad accettare Gesù come un grande maestro di morale, ma non accetto la sua pretesa di essere Dio”. Questa è proprio l’unica cosa che non dobbiamo dire: un uomo che fosse soltanto un uomo e che dicesse le cose che disse Gesù non sarebbe certo un grande maestro di morale, ma un pazzo - allo stesso livello del pazzo che dice di essere un uovo in camicia – oppure sarebbe il Diavolo. Dovete fare la vostra scelta: o quest’uomo era, ed è, il Figlio di Dio, oppure era un matto o qualcosa di peggio. Potete rinchiuderlo come un pazzo, potete sputargli addosso e ucciderlo come un demonio, oppure potete cadere ai suoi piedi e chiamarlo Signore e Dio. Ma non tiriamo fuori nessuna condiscendente assurdità come la definizione di grande uomo, grande maestro. Egli ha escluso la possibilità di questa definizione – e lo ha fatto di proposito.
Il Centro culturale Gli scritti (27/10/2014)
Eppure (e questa è la cosa più strana e significativa) persino i suoi nemici, quando leggono i Vangeli, di solito non ne ricevono un’impressione di stupidità e presunzione, e meno ancora ne ricevono i lettori senza pregiudizi. Cristo dice di essere “umile e mansueto” e noi gli crediamo, ma non notiamo che, se egli fosse puramente uomo, umiltà e mansuetudine sono le ultime caratteristiche che potremmo attribuire ad alcune delle sue affermazioni.
[…]
Sto cercando di impedire che qualcuno dica del Cristo quella sciocchezza che spesso si sente ripetere: “Sono pronto ad accettare Gesù come un grande maestro di morale, ma non accetto la sua pretesa di essere Dio”. Questa è proprio l’unica cosa che non dobbiamo dire: un uomo che fosse soltanto un uomo e che dicesse le cose che disse Gesù non sarebbe certo un grande maestro di morale, ma un pazzo - allo stesso livello del pazzo che dice di essere un uovo in camicia – oppure sarebbe il Diavolo. Dovete fare la vostra scelta: o quest’uomo era, ed è, il Figlio di Dio, oppure era un matto o qualcosa di peggio. Potete rinchiuderlo come un pazzo, potete sputargli addosso e ucciderlo come un demonio, oppure potete cadere ai suoi piedi e chiamarlo Signore e Dio. Ma non tiriamo fuori nessuna condiscendente assurdità come la definizione di grande uomo, grande maestro. Egli ha escluso la possibilità di questa definizione – e lo ha fatto di proposito.