XIII TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Un doppio miracolo intrecciato: un racconto appassionante di
come Gesù si dona all’umanità sofferente e le chiede in cambio solo di avere
fede.
Da una parte abbiamo una donna impura, dall’altra una famiglia straniera e pagana: due tra le
categorie di esclusi dalla salvezza, esclusi dalla comunità dei “puri”.
Ma Gesù non è venuto per i sani, ma per i malati. Non è
venuto per coloro che si presumono puri, ma per coloro che sono impuri, ma
anelano alla purità.
La religione ebraica poneva delle norme rigorose per poter
accedere a Dio: se non le rispetti sei fuori. Ma se non puoi rispettarle? Se è
la tua condizione di vita a non permetterti di rispettarle e non una tua scelta
“deliberata”? Sei fuori lo stesso: solo Dio può liberarti da quella condizione,
ma a Dio non puoi avvicinarti perché sei in quella condizione! Un meccanismo
perverso che Gesù è venuto a rompere: solo abbi fede! Fidati di Dio: questa è
la tua unica condizione per avvicinarti a Lui. Dio non teme di infrangere le
regole d’impurità, perché è Lui la fonte della purezza.
I miracoli sono
segni che rimandano a Gesù e alla condizione futura: segnali di un mondo che
sta nascendo, dove non ci sono più impuri, perché Dio ci purifica; dove non ci
sarà più la morte, perché Dio ci chiama alla Vita eterna.
L’importanza
della fede: “donna, grande è la tua fede” e “voi continuate ad avere
fede”. La potenza di Dio non accolta o addirittura rifiutata rischia di essere
inerte, inefficace: non è magia, ma azione divina che agisce in chi l’accoglie,
come l’energia elettrica che richiede un filo che propaga energia e una presa
attaccata.
La fede è un dono personale (da invocare), ma è anche un’azione
di intercessione per chi non è in grado di invocarla ed esprimerla (vedi anche
il paralitico guarito e risanato grazie all’iniziativa degli amici).
“Prese con sé il padre e la
madre della bambina e quelli che erano con lui. Gesù non ordina le cose da
fare, prende con sé; crea comunità e vicinanza. Prende il padre e la madre, i
due che amano di più, ricompone il cerchio degli affetti attorno alla bambina,
perché ciò che vince la morte non è la vita, è l’amore. E mentre si avvia a un
corpo a corpo con la morte, è come se dicesse: entriamo insieme nel mistero, in
silenzio, cuore a cuore”. (E. Ronchi)
Infine un particolare che potrebbe non essere così casuale:
la donna soffre da 12 anni, la
bambina ha 12 anni: 12 sono le tribù d’Israele. Impoverite come quella donna
impura, cercando di trovare negli uomini una guarigione che non ha mai potuto
avere, destinata a morire impura se non si lascia purificare dal Messia e si
apre all’umanità rinata attraverso la fede.