Due articoli sul tema "Cannabis light": uno tratto da
UCCR e l'altro da
Aleteia. Ne riporto il primo che chiama in causa anche Saviano, "sponsor" delle droghe "leggere":
E’ finita la pacchia, anche se light. Il Consiglio Superiore di Sanità ha consigliato di proibire la vendita della Cannabis light, «nell’interesse della salute individuale e pubblica». E pensare che solo pochi giorni fa Roberto Saviano, in prima serata su Rai1, ha catechizzato ancora una volta sulla bontà della marijuana, sponsorizzandone la legalizzazione.
Ma il più autorevole organo medico italiano
ha respinto anche la versione
leggera, poiché
«la biodisponibilità di THC anche a basse concentrazioni (0,2-0,6%) non è trascurabile», ed occorre
«evitare che l’assunzione inconsapevolmente percepita come ‘sicura’ e ‘priva di effetti collaterali’ si traduca in un danno per se stessi o per altri».
Carlo Locatelli, della
Società Italiana di Tossicologia (SITOX),
appoggia completamente la decisione:
«La canapa legale può essere stupefacente tanto quanto quella di strada, basta acquistare sufficiente prodotto e con metodi semplici ottenere un concentrato dagli effetti stupefacenti e tossici. Ecco perché la libera vendita delle infiorescenze a contenuto di THC legale, nei canapa shop, dal punto di vista dei tossicologi italiani, non ha senso».
Anche
Silvio Garattini, direttore scientifico dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri,
è intervenuto:
«Sono assolutamente d’accordo. Penso sia molto importante mantenere soprattutto fra i giovani l’idea che la cannabis è una droga e può dare effetti molto importanti anche a distanza di tempo se si assume in fase giovanile, quando il cervello è ancora in fase di sviluppo, e può aprire le porte ad altri tipi di droga. Bisogna togliere dalla testa della gente che sia una droga leggera: questo è un termine che non deve essere utilizzato».
Questa la posizione degli specialisti, combattuta dai Radicali -Benedetto Della Vedova e l’Associazione Luca Coscioni-, dal programma Le Iene e dalla rivista Rolling Stone. Ovvero, paradossalmente, tutto quel mondo che ha fatto della scienza una dea da venerare ad occhi chiusi e dello scientismo una religione laica.
Ad esserci rimasto male, sopratutto, il moralizzatore pluricondannato (per plagio e diffamazione)
Roberto Saviano, profeta italiano della droga libera. Autore perfino di un libro su questo –
rivelatosi un fiasco nelle vendite-, lo scrittore partenopeo da sempre maschera il sostegno alla legalizzazione del consumo di droga per poter alienarsi temporaneamente da una vita insoddisfacente con il meno adolescenziale argomento del
contrasto alle organizzazioni mafiose. Un cavallo di battaglia che, tuttavia,
è azzoppato proprio da magistrati e procuratori che combattono la ‘ndrangheta, come
Raffaele Cantone, il quale afferma:
«La legalizzazione non è utile ad essiccare le vene del narcotraffico, la mia è una convinzione basata sulla razionalità. Si sposterebbe solo il problema degli appetiti dal mercato illegale a quello legale». Si associa il procuratore
Nicola Gratteri, che vive sotto scorta:
«Non possiamo liberalizzare ciò che fa male e in ogni caso non risolveremmo il problema di contrasto alle mafie».
Il procuratore capo della direzione distrettuale antimafia dell’Aquila,
Fausto Cardella, ha concordato:
«Un’ipotesi talmente irrealistica e pericolosa da non rientrare in nessuna agenda: ogni legalizzazione parziale otterrebbe soltanto l’esito di dirottare gli affari della mafia dove il traffico resta proibito e di dirottare i consumatori verso i Paesi più tolleranti». E ricordiamo
cosa disse Paolo Borsellino:
«Mi sembra che sia da dilettanti di criminologia pensare che liberalizzando il traffico di droga sparirebbe del tutto il traffico clandestino. La legalizzazione del consumo di droga non elimina affatto il mercato clandestino, anzi avviene che le categorie più deboli e meno protette saranno le prime ad essere investite dal mercato clandestino».
L’esempio pratico è quello dell’
Uruguay: ad un anno dalla commercializzazione della marijuana (sostenuta proprio per diminuire il tasso di crimini legati al traffico illegale), la guerra tra bande criminali legata allo spaccio
ha causato il
59% di tutti gli omicidi nel primo trimestre del 2018, praticamente il doppio del 2012.