Gli Angeli (e gli Arcangeli) esistono: ecco le prove e il loro ruolo
Parto segnalando un mio precedente post contenente una raccolta di aforismi sugli angeli custodi e una breve riflessione di Paolo Curtaz.
Famiglia Cristiana, nel 2013, pubblicò un interessante dossier sugli angeli. Segnalo in particolare questo articolo: Gli angeli esistono, ecco le prove:
Vedi anche:Il Catechismo della Cei per gli adulti afferma esplicitamente che «nella nostra cultura dubbi e negazioni riguardo agli angeli e ai demoni coesistono con il fascino dell’occulto». Perciò «occorre chiarire e chiedersi: ci sono davvero queste presenze nella storia? quale incidenza hanno?». La risposta è netta: «La rivelazione attesta la creazione dei puri spiriti e la loro chiamata alla comunione con Cristo. Creati liberi, possono liberamente accogliere o rifiutare il disegno di Dio». Quelli che hanno accolto il progetto divino «sono gli angeli santi», che «stanno davanti a Dio per servirlo, contemplano la gloria del suo volto e giorno e notte cantano la sua lode» e «accompagnano e aiutano la Chiesa nel suo cammino».
Nel Catechismo della Chiesa cattolica viene con chiarezza spiegato che «l’esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l’unanimità della Tradizione» (n. 328). «In tutto il loro essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio» (n. 329) e «in quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: sono creature personali e immortali. Superano in perfezione tutte le creature visibili» (n. 330).
Precisando i loro compiti, il nuovo Catechismo scrive: «Essi, fin dalla creazione e lungo tutta la storia della salvezza, annunciano da lontano o da vicino questa salvezza e servono la realizzazione del disegno salvifico di Dio» (n. 332); «Dall’incarnazione all’ascensione, la vita del Verbo incarnato è circondata dall’adorazione e dal servizio degli angeli» (n. 333); «Allo stesso modo tutta la vita della Chiesa beneficia dell’aiuto misterioso e potente degli angeli» (n. 334); «Dal suo inizio fino all’ora della morte la vita umana è circondata dalla loro protezione e dalla loro intercessione» (n. 336).
Nell’intera Bibbia per 221 volte ricorre la parola «angelo» e 96 vole la parola «angeli». Per l’esattezza, nell’Antico Testamento, in 119 versetti, ci sono 122 ricorrenze del singolare «angelo», mentre in altri 12 versetti ci sono altrettante ricorrenze del plurale «angeli». Nel Nuovo Testamento, in 97 versetti, si trovano 99 ricorrenze di «angelo», mentre in altri 82 versetti ci sono 84 ricorrenze di «angeli». In ebraico l’angelo si chiamava mal’ak (che il greco tradurrà con aggelos e il latino con angelus). Originata dal cananeo laaka (inviare), questa parola designava l’ambasciatore o il corriere che il re utilizzava per far conoscere i propri desideri e ordini.
Nella Sacra Scrittura l’angelo è inviato da Dio per manifestare la sua concreta presenza nel mondo e il suo intervento nella storia umana. Addirittura, in numerosi testi il soggetto dell’azione o della parola riportata è indifferentemente Dio o l’angelo di Dio. Per esempio nella Genesi: «La [Agar] trovò l’angelo del Signore presso una sorgente d’acqua nel deserto» (16,7ss.) e «Poi il Signore apparve a lui [Abramo] alle querce di Mamre» (18,1ss.); oppure nell’Esodo: «L’angelo del Signore gli apparve [Mosè] in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto» (3,2).
Nell’Antico Testamento si evidenzia la progressiva consapevolezza del monoteismo ebraico, successivamente condivisa dal cristianesimo e dall’islamismo, riguardo all’esistenza di creature puramente spirituali e appartenenti al mondo celeste, mediatrici fra il Dio unico, trascendente e inaccessibile, e gli uomini. Il numero complessivo degli angeli non è indicato in alcun luogo della Sacra Scrittura, ma comunque viene considerato molto grande: «Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano» (Daniele 7,10).
Nel Nuovo Testamento, i brani che parlano degli angeli si possono classificare in due ambiti: il primo narra gli interventi angelici nella storia di Gesù o della Chiesa primitiva, l’altro sottolinea il posto che la credenza negli angeli riveste all’interno della fede cristiana.
In particolare, Luca parla di un angelo che rivela a Zaccaria la nascita di Giovanni (1,11-20) e dell’arcangelo Gabriele che comunica a Maria l’incarnazione di Gesù (1,26-38), per poi descrivere gli angeli che proclamano la nascita del Bambino (1,26-38). Gli angeli tornano in forze nel giorno di Pasqua per annunciare la risurrezione di Gesù (Matteo 28,1-8), e in seguito sono testimoni privilegiati dell’ascensione di Gesù al cielo (Atti 1,10).
Sono trascorsi soltanto quattro secoli da quando, nel 1608, la devozione verso gli angeli custodi è stata ufficializzata nella liturgia della Chiesa cattolica, con l’istituzione della festa fissata da papa Clemente X per il 2 ottobre. Erano gli anni in cui venne anche definitivamente precisato il testo della preghiera più conosciuta dai bambini, condensato di una quartina con la quale iniziava il lungo poema di un monaco inglese della fine dell’XI secolo: «Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen».
Ma in realtà affonda nella notte dei tempi la consapevolezza dell’esistenza di un angelo custode posto da Dio a fianco di ogni essere umano. Sin dal libro dell’Esodo, redatto intorno al sesto secolo avanti Cristo fondandosi su precedenti tradizioni orali e scritte, troviamo infatti che Dio dice: «Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato» (Esodo 23,20).Pur senza mai formulare una definizione dogmatica a tale riguardo, il magistero ecclesiale ha affermato, in particolare nel concilio di Trento a metà Cinquecento, che ciascun essere umano ha un proprio angelo, come sostenuto fra gli altri da Tertulliano, Agostino, Ambrogio, Giovanni Crisostomo, Girolamo e Gregorio da Nissa.
Nel Catechismo della Chiesa cattolica viene affermato che «dal suo inizio fino all’ora della morte, la vita umana è circondata dalla loro protezione e dalla loro intercessione» (n. 336) e si cita la significativa frase di Basilio di Cesarea: «Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita».
Molti fedeli conservano il ricordo del Catechismo di san Pio X che precisava: «Si dicono custodi gli angeli che Dio ha destinato per custodirci e guidarci nella strada della salute» (n. 170) e l’angelo custode «ci assiste con buone ispirazioni, e, col ricordarci i nostri doveri, ci guida nel cammino del bene; offre a Dio le nostre preghiere e ci ottiene le sue grazie» (n. 172).
Una delle più note raffigurazioni iconografiche è la tela di Pietro da Cortona L’angelo custode (Palazzo Barberini, Roma). Nella scheda dell’opera viene spiegato che il pittore ha immaginato lo spazio «attraversato dall’incedere fluido dell’angelo dalle vesti candide, mentre si volge teneramente verso il giovanetto che tiene per mano», mentre «in secondo piano si scorge il dettaglio dell’angelo che accompagna l’uomo nell’intero percorso della sua vita».
Michele (in ebraico «Chi come Dio?»), Gabriele («Dio è la mia forza») e Raffaele («Dio salva») sono gli unici tre arcangeli citati per nome nella Bibbia.
Michele è considerato il comandante dell’esercito celeste e la tradizione iconografica lo raffigura con una corazza e una lancia, oppure con uno scudo e una spada, mentre combatte vittoriosamente contro Lucifero. Un’altra rappresentazione lo vede con la bilancia in mano, simbolo della pesatura, al momento del giudizio finale, del bene e del male compiuto dalle anime. Da Pio XII è stato proclamato patrono dei radiologi e dei poliziotti. L’Antico Testamento lo presenta come «il gran principe» (Daniele 12,1) e il difensore del popolo di Israele: «Michele, uno dei principi supremi, mi è venuto in aiuto» (Daniele 10,13). Nel Nuovo Testamento è il capo delle schiere angeliche, che contrastano gli angeli ribelli: «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago» (Apocalisse 12,7).
Gabriele viene considerato l’ambasciatore per eccellenza di Dio. La tradizione iconografica lo rappresenta generalmente con un giglio in mano, ma in qualche caso viene raffigurato anche con una lanterna e uno specchio di diaspro. Pio XII lo proclamò patrono delle telecomunicazioni e dei comunicatori, mentre Paolo VI ha aggiunto la protezione delle poste e dei filatelici. Nell’Antico Testamento dà al profeta Daniele degli avvertimenti su ciò che accadrà al popolo di Israele. Nel Nuovo Testamento appare in due circostanze. Dapprima nel Tempio di Gerusalemme, al sacerdote Zaccaria: «La tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni» (Luca 1,13.19). Quindi, sei mesi più tardi, alla vergine Maria: «L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret» (Luca 1,26-27).
Raffaele è ritenuto dalla tradizione l’angelo che guarisce le infermità fisiche e spirituali.L’iconografia lo vede raffigurato nell’atto di portare un pesce e un bastone, oppure con in mano un calice contenente una bevanda medicamentosa. La tradizione popolare gli attribuisce la protezione di viaggiatori, marinai, farmacisti, fidanzati e giovani sposi. Il suo nome è segnalato unicamente nell’Antico Testamento, dove il Libro di Tobia ne racconta il costante intervento in favore di Tobi e dei suoi cari. Raffaele è inoltre considerato l’avversario di Asmodeo, il demone che nell’apocrifo Testamento di Salomone si presenta come il nemico dell’unione coniugale.
C’è un desaparecido, nelle sacre schiere angeliche, del quale si è conservato unicamente il nome: Uriele. L’ultimo avvistamento ufficiale risale al 745, quando papa Zaccaria, al termine del secondo Sinodo provinciale di Roma, decise di stroncare l’abuso del sedicente vescovo Adalberto, che invocava «i sette arcangeli che stanno davanti a Dio» con pratiche superstiziose e formule magiche. Decretò così l’interdetto a ogni devozione in suo onore, nonostante la Liturgia romana ne celebrasse ufficialmente la festa il 15 luglio: «È opportuno astenersi nelle preghiere pubbliche dal nominare tutti gli altri angeli, eccetto quei tre ammessi», fu la perentoria indicazione.
Negli atti del Sinodo si evidenziava che in effetti la Sacra Scrittura cita soltanto gli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, e dunque gli altri nomi invocati nella preghiera di Adalberto – fra i quali spiccava Uriele – sarebbero potuti essere angeli decaduti, demoni che nessuno doveva onorare con un atto di culto. Nel contempo si intendeva impedire che gli iconoclasti trovassero ulteriori giustificazioni per il loro impeto distruttivo delle icone raffiguranti immagini divine: «È illecito presentare gli angeli col corpo umano, essendo incorporei», scriveva per esempio il presbitero Xeniaias nel 754. In realtà, dell’eletta compagnia dei sette principi angelici si trova riscontro in diversi testi ebraici, fra cui spicca un antico codice rinvenuto nel XVI secolo nella Biblioteca vaticana che, accanto alla triade Michele-Gabriele-Raffaele, cita Uriele e i meno conosciuti Barachiele, Gaudiele e Sealtiele.
Tutti questi nomi si potevano leggere, ancora agli inizi del Settecento, sotto altrettanti arcangeli raffigurati in un quadro della chiesa romana di Santa Maria della Pietà in piazza Colonna. Quelle fonti attribuirebbero a Uriele un’importanza tale da inserirlo addirittura nella compagnia dei primi quattro spiriti che stanno sempre intorno al trono di Dio. Una preghiera del Talmud recitava infatti: «Nel nome del Signore, Dio d’Israele, sia Michele alla mia destra, Gabriele alla mia sinistra, dinanzi a me Uriele, dietro a me Raffaele, e sopra la mia testa la divina presenza di Dio». Il suo nome in ebraico deriva da hur (luce, fuoco) ed Elohim (Dio), a significare «luce di Dio» o «fuoco di Dio»: egli dunque sarebbe incaricato di portare all’umanità la conoscenza e la comprensione del Divino e perciò veniva anche definito angelo «della presenza» o «della salvezza».
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