Caso Riace: accuse e difese per il sindaco incriminato
Il settimanale Internazionale ricostruisce la vicenda:L'arcivescovo di Campobasso-Bojano, che fu vescovo di Locri per 14 anni, elogia il "modello Riace" e l'operato del primo cittadino, ora agli arresti domiciliari. Vicinanza e sostegno esprimono anche don Colmegna, don Tonio Dell'Olio, don Rigoldi e le Acli (Famiglia Cristiana)
Conosciuto in tutto il mondo per il modello di accoglienza dei richiedenti asilorealizzato a Riace, il piccolo paese della Calabria di cui è sindaco, Domenico Lucano (detto Mimmo) è stato arrestato il 2 ottobre nell’ambito di un’inchiesta avviata dalla procura di Locri diciotto mesi fa. La misura cautelare degli arresti domiciliari, eseguita all’alba dalla guardia di finanza, è stata disposta dal giudice per le indagini preliminari Domenico Di Croce, che ha accolto la richiesta della procura. L’accusa è di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e affidamento fraudolento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti a due cooperative della zona. Per la compagna di Lucano, Tesfahun Lemlem, (indagata per concorso nel reato di immigrazione clandestina) è stato disposto invece il divieto di dimora.
L’indagine contro Lucano e altre 31 persone per presunte irregolarità nella gestione del sistema di accoglienza a Riace era cominciata un anno e mezzo fa e nell’ottobre del 2017 al sindaco calabrese era stato recapitato un avviso di garanzia per truffa aggravata, concussione e abuso d’ufficio. “Sono sconcertato e senza parole, ma per certi versi mi viene quasi da ridere perché non ho nessun bene nascosto. Non possiedo niente e non ho conti segreti. Allora ben vengano i controlli su di me e che siano il più approfonditi possibili”, aveva commentato allora Lucano. Da quel momento il sistema Riace era stato passato al setaccio dagli inquirenti, ma tutte le accuse più gravi a carico di Lucano (una ventina tra cui associazione a delinquere, truffa, concussione, malversazione etc.) sono decadute. Infatti, nella stessa nota diffusa dalla procura, il giudice Di Croce ha escluso che si sia verificata “alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate”. Ma due accuse dei pm rimangono in piedi.
Secondo la nota diffusa dalla procura il 2 ottobre, Lucano avrebbe organizzato un matrimonio “di comodo” tra un’immigrata nigeriana e un cittadino italiano. Alla base di questa accusa c’è un’intercettazione telefonica in cui Lucano parla della possibilità che una donna, a cui è stato negato l’asilo tre volte, sia regolarizzata attraverso il matrimonio con un abitante di Riace. Nella conversazione registrata però non emerge se il matrimonio sia stato in effetti celebrato, né se siano stati riscontrati casi simili. L’altra accusa è l’affidamento diretto di appalti per la raccolta porta a porta e il trasporto dei rifiuti alle cooperative Eco-Riace e L’Arcobaleno dall’ottobre 2012 fino all’aprile 2016, senza che fosse indetta una gara d’appalto e senza che le due cooperative fossero iscritte nell’albo regionale come previsto.
Dall’ordinanza di applicazione della misura cautelare firmata dal gip di Locri, emergono ulteriori elementi. In primo luogo le critiche del gip per niente velate all’impianto accusatorio costruito dalla procura che viene più volte descritto come “laconico”, “congetturale”, “sfornito dei requisiti di chiarezza, univocità e concordanza”. Le uniche accuse che rimangono in piedi e che giustificano l’arresto sono il capo d’imputazione provvisoria T (violazione dell’articolo 353 bis del codice penale, turbata libertà degli incanti) per non aver messo a bando gli appalti della raccolta dei rifiuti porta a porta; e l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nell’ordinanza del gip emergono altri due episodi oltre a quello citato dalla nota della procura che sostengono l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sempre attraverso dei matrimoni “di comodo”: uno riguarda il fratello della compagna di Lucano (matrimonio che non è poi avvenuto) e l’altro una ragazza del Ghana con un abitante di Riace.
Chi è Mimmo Lucano e cos’è il modello Riace. Fino a vent’anni fa il paesino calabrese di Riace rischiava di essere abbandonato, molte case erano diroccate e la scuola rischiava di chiudere a causa dell’emigrazione dei giovani verso il nord e il conseguente spopolamento delle aree interne italiane, ma – scrive la Bbc – “il suo destino è completamente cambiato” grazie all’idea di accogliere un certo numero di immigrati che sono stati integrati nella comunità locale. L’idea venne a Domenico Lucano, che allora non era sindaco. Lucano era stato a sua volta emigrante e aveva da sempre militato nell’estrema sinistra locale. “Tutto è cominciato con una botta di vento”, racconta Tiziana Barillà, giornalista, che a Riace ha dedicato un libro Mimì Capatosta. Mimmo Lucano e il modello Riace(Fandango, 2017).
Lucano ha visto nei profughi degli alleati per riaprire degli spazi di vivibilità e di accoglienza per tutti
La prima accoglienza di un gruppo di profughi, infatti, è avvenuta a Riace nel luglio del 1998, quando un veliero partito dalla Turchia con a bordo 66 uomini, 46 donne e 72 bambini è approdato a cinquecento metri dalle coste di Riace Marina. I profughi venivano dall’Iraq, dalla Turchia e dalla Siria. Erano tutti curdi in fuga dalle persecuzioni politiche. “È allora che abbiamo cominciato a sognare. Mentre vedevamo Riace Marina affollata durante la stagione estiva e Riace Superiore, la parte alta del comune, addormentata, svuotata dei suoi abitanti partiti a lavorare al nord. E se questi profughi ci aiutassero a svegliarla? Se grazie a loro le vie potessero tornare alla vita? Se si potesse ancora sentire la gente parlare e i ragazzi ridere?”, domandava Lucano nel libro. I profughi sono stati tutti ospitati in una struttura della curia a Riace Superiore e l’anno dopo Lucano ha fondato l’associazione Città Futura, ispirata al filosofo Tommaso Campanella e dedicata all’accoglienza.
“Anche Lucano era un emigrante, anzi un immigrato di rientro. In quel paese in piena agonia, prima come semplice attivista e cittadino, poi come sindaco dal 2004, ha visto nei profughi degli alleati per riaprire degli spazi di vivibilità e di accoglienza per tutti. Il modello Riace è un modello di convivenza universale, i benefici sono per tutti, non solo per i riacesi, non solo per i migranti, ma per tutti. Riace è amministrato come un bene comune”, spiega Barillà.
Nel 2001, insieme a Trieste, Riace è stato uno dei primi comuni a partecipare ai progetti per l’accoglienza diffusa, il sistema che in seguito sarebbe diventato il servizio Sprar (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati). Del cosiddetto modello Riace si è parlato più all’estero che in Italia: Domenico Lucano, il suo ideatore, è stato messo nella lista delle cinquanta persone più influenti del mondo dalla rivista Fortune nel 2016, e al suo esperimento sono stati dedicati articoli e documentari da parte dei mezzi d’informazione di tutto il mondo. Il modello Riace prevede che ai richiedenti asilo siano concesse in comodato d’uso le case abbandonate e recuperate del vecchio abitato e che i soldi dei progetti di accoglienza erogati al comune dal governo siano usati per borse lavoro e per attività commerciali gestite dagli stessi richiedenti asilo insieme ai locali.
“Lucano ha un’impostazione libertaria, da studente ha militato in Democrazia proletaria, appartenenza che rivendica visto che condivide quest’affiliazione con Peppino Impastato”, racconta Barillà. “La sua adesione al progetto di accoglienza dei migranti è profondamente politica. A Riace il territorio è gestito come un bene comune e c’è di fatto un superamento della proprietà privata”. Per la giornalista, in contatto con il sindaco calabrese, la preoccupazione più grande di Lucano negli ultimi mesi è che fosse colpito “il progetto di una vita”.
Per questo ad agosto del 2018, Lucano aveva cominciato uno sciopero della fame, dopo il taglio dei finanziamenti ai progetti di accoglienza da parte del ministero dell’interno. Lucano aveva scritto su Facebook: “Riace è stata esclusa dal saldo luglio-dicembre 2017 (circa 650mila euro) e per il 2018 non è compresa tra gli enti beneficiari del finanziamento del primo semestre, nonostante tutte le attività siano state svolte e nessuna comunicazione è pervenuta della chiusura del progetto. È stato quindi accumulato un ingente debito con il personale, con i fornitori e con gli stessi rifugiati”.
Per Tiziana Barillà, con Mimmo Lucano viene colpito “un simbolo di accoglienza”. Non si può fare a meno di notare che, mentre il decreto Salvini in discussione nelle ultime settimane prevede un ridimensionamento del sistema degli Sprar, allo stesso tempo si colpisce chi rappresenta in maniera esemplare questo sistema: “Riace è stato all’avanguardia del sistema di accoglienza italiano, perché prima del 2001 in Italia non ce n’era nessuno”.