‘Ero straniero e mi avete accolto’: la grande attualità del messaggio ‘antirazzista’ di Gesù e le polemiche odierne
Non è una questione semplice quella dell'accoglienza degli stranieri: fino a che punto o numero possiamo accoglierli? Con quali limiti e condizioni? Alberto Maggi, biblista, ci ricorda che da cristiani è fondamentale esaminare le indicazioni che Gesù ci ha lasciato. Zanotelli, comboniano, è netto: saremo giudicati dalla storia come razzisti. Papa Francesco (e il cardinal Bassetti) ha fatto uso di parole forti come "lager" e "sterminio" per denunciare il trattamento dei migranti da parte dei paesi occidentali.
di Alberto Maggi E' vero che Francesco ha detto occasionalmente anche il contrario. Ad esempio in una delle sue conferenze stampa in aereo, di ritorno dalla Svezia il 1 novembre scorso, elogiò la "prudenza" dei governanti che pongono dei limiti all'accoglienza, perché "non c'è posto per tutti". (...) Ma resta il fatto che questi correttivi non hanno intaccato l'immagine di Francesco che si è imposta nei media, come paladino dell'accoglienza indiscriminata. E ci si può chiedere se ciò sia opera solo dei media oppure anche sua, vista la schiacciante preponderanza dei suoi appelli all'accoglienza e basta, rispetto al numero striminzito dei suoi elogi della "prudenza" nel governare il fenomeno migratorio. (Magister)
“Prima noi”, è il mantra con il
quale si mascherano spietati egoismi e si giustificano inaudite durezze di
cuore. È la formula magica di quanti chiariscono subito “non sono razzista,
però…”, un “però” eretto come un invalicabile muro a difesa del “noi”,
pronome che include, a secondo degli interessi, un popolo o la famiglia, una
religione o un quartiere. Mentre per “prima” s’intende l’accesso e l’esclusiva
precedenza a tutto quel che permette alla vita di essere dignitosa, dalla casa
al lavoro, dall’assistenza sanitaria alla scuola; beni e valori che, sono fuori
discussione, devono essere riservati per primi a chi ne ha pienamente diritto
per questioni di lignaggio. Ovviamente, al “noi” si contrappone il
“loro”, che include per escluderli, tutti quelli che non appartengono allo
stesso popolo, alla stessa cultura, società, religione, o famiglia.
“Prima noi”, poi, eventualmente,
se proprio ci avanza, si possono dare le briciole a chi ne ha bisogno, ovvero
all’estraneo che attenta al nostro benessere economico, ai valori civili e
religiosi della nostra società e alle nostre sacrosante tradizioni. “Loro”
sono gli stranieri, i barbari. In ogni cultura chi proviene da fuori, incute
paura. Lo straniero è un barbaro, colui cioè che emette suoni
incomprensibili, (dal sanscrito barbara = balbuziente), colui che parla una
lingua incomprensibile e che nel mondo greco passò a significare quel che è
selvaggio, rozzo, feroce, incivile, indigeno.
Ero straniero
Nonostante nella
Scrittura si trovino indicazioni che mirano alla protezione dello straniero
(“Non maltratterai lo straniero e non l’opprimerai, perché anche voi foste
stranieri nel paese d’Egitto”, Es 22,21), Gesù si è trovato a vivere in una
realtà dove il forestiero andava evitato, e persino dopo la morte veniva
seppellito a parte, in un luogo considerato impuro (“Il Campo del vasaio per la
sepoltura degli stranieri” Mt 27,7). Al tempo di Gesù vige una separazione
totale tra giudei e stranieri, come riconosce Pietro: “Voi sapete come non sia
lecito a un giudeo di aver relazioni con uno straniero o di entrar in casa sua”
(At 10,28).
In questo ambiente
stupisce il comportamento del Cristo che da una parte arriva a identificarsi
con gli ultimi della società (“Ero straniero e mi avete accolto”, Mt 25,35.43),
e proclama benedetti quanti avranno ospitato lo straniero (“Venite benedetti
del Padre mio”¸ Mt 25,34), dall’altra, Gesù accusa con parole tremende quelli
che non lo fanno (“Via, lontano da me, maledetti… perché ero straniero e non mi
avete accolto”, Mt 25,41.43), con una maledizione che richiama quella del primo
assassino della Bibbia, il fratricida Caino (“Ora sii maledetto”, Gen 4,11). Se
la risposta alle altrui necessità era un fattore di vita, la mancata risposta è
causa di morte. Per Gesù negare l’aiuto all’altro è come ucciderlo.
Gesù non solo si
identifica nello straniero, ma nei vangeli il suo elogio va proprio per i
pagani, personaggi tutti positivi (eccetto Pilato in
quanto incarnazione del potere) e portatori di ricchezza. Si
teme sempre cosa e quanto si debba dare allo straniero e non si riconosce quel
che si riceve dallo stesso. Nella sua attività Gesù si troverà di fronte
ottusità e incredulità persino da parte della sua famiglia e dei suoi stessi
paesani, ma resterà ammirato dalla fede di uno straniero, il Centurione, e
annuncerà che mentre i pagani entreranno nel suo regno, gli israeliti ne
resteranno esclusi (Mt 8,5-13; Mt 27,54).
Nella sinagoga di
Nazaret, il suo paese, Gesù rischierà il linciaggio per aver avuto l’ardire di
tirare fuori dal dimenticatoio due storie che gli ebrei preferivano ignorare:
Dio in casi di emergenza e di bisogno non fa distinzione tra il popolo eletto e
i pagani, ma dirige il suo amore a chi più lo necessita. Così nel caso di una
grande carestia che colpì tutto il paese, aiutò una straniera, una pagana, “una
vedova a Sarepta di Sidone” (Lc 4,26), e con tutti i lebbrosi che c’erano al
tempo del profeta Eliseo, il signore guarì uno straniero: “Naamàn, il Siro” (Lc
4,27).
Prima noi? Gesù,
manifestazione vivente dell’amore universale del Padre, vuole condividere i
pani in terra pagana così come ha fatto in Israele (Mt 14,13-21). La resistenza
dei discepoli di portare anche agli stranieri la buona notizia, viene dagli
evangelisti raffigurata nell’incontro di Gesù con una donna straniera, cananea
(fenicia) che invoca la liberazione della figlia da un demonio (Mt 15,22). La
donna, succube dell’ideologia nazional religiosa che faceva ritenere i pagani
inferiori ai Giudei, si accontenterebbe di poco, anche delle briciole (“Sì,
Signore, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola
dei loro signori”, Mt 15,27). Nella tradizione biblica i figli di Israele sono
chiamati a dominare le nazioni pagane, mentre i pagani sono destinati ad essere
dominati. Non c’è uguaglianza tra gli appartenenti al popolo eletto e gli
esclusi. Gli uni sono figli, e gli altri cani, animali ritenuti impuri e
portatori del demonio. Per questo non si può dare il pane a quanti, per la loro
condizione di pagani, sono veicolo di impurità e contaminazione.
Sarà una donna, per
giunta pagana, a impartire una lezione ai discepoli del Cristo. Costei ha
infatti compreso che non ci sono dei figli e dei cani, quelli che meritano e
gli esclusi, quelli che hanno diritto e quelli no, un prima (noi) e un dopo
(gli altri), ma tutti possono cibarsi insieme, e allo stesso tempo, dell’unico
pane che alimenta la vita. Essa comprende quello che i discepoli fanno fatica a
capire e ad accettare, cioè, che la compassione e l’amore vanno al di
là delle divisioni razziali, etniche e religiose.
La reazione di Gesù è
di grande ammirazione: “Allora Gesù le replicò: Donna, grande è la tua fede! Ti
sia fatto come vuoi”. (Mt 15,28), e ai pagani Gesù non concederà le briciole,
ma anche in terra straniera ci sarà l’abbondante condivisione dei pani, segni
della benedizione divina (Mt 15,32-39).
L’esperienza e il
messaggio di Gesù verranno poi raccolti dagli altri autori del Nuovo
Testamento, in particolare da Paolo, che in occasione di un naufragio, si
stupirà per la “rara umanità” con cui lui e gli altri naufraghi sono stati
ospitati dai barbari di Malta (At 28,2), e arriverà a capire una verità
importante: “Qui non c’è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione,
barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti” (Col 3,11; Gal
3,28).
La Chiesa ha compreso
e annuncia che con Gesù non si possono innalzare barriere, ma solo abbattere
tutti i muri che gli uomini hanno costruito (“Egli infatti è
la nostra pace, colui che dei due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di
separazione che ci divideva…”, Ef 2,14), non solo i muri esteriori
(mattoni), forse i più facili da demolire, ma quelli interiori (pregiudizi),
mentali, teologici, morali, religiosi, i più difficili da estirpare perché li
crediamo buoni o di provenienza divina.
Zanotelli: «Per razzismo e linea Minniti saremo giudicati dalla Storia»
«Un giorno diranno di noi e di ciò che stiamo facendo sui migranti ciò che noi diciamo sui nazisti e sulla Shoah».
(Fonte: "Il Manifesto" del 30.08.2017)
Zanotelli: «Per razzismo e linea Minniti saremo giudicati dalla Storia»
«Un giorno diranno di noi e di ciò che stiamo facendo sui migranti ciò che noi diciamo sui nazisti e sulla Shoah».
(Fonte: "Il Manifesto" del 30.08.2017)