Il discepolo amato e il Sinodo dei GIOVANI
1. Maestro dove abiti? (Gv 1,35-39)
2. Quello che Gesù amava (Gv 13,21-26)
3. Donna ecco tuo figlio (Gv 19,25-27)
4. E vide e credette (Gv 20,3-10)
5. E' il Signore! (Gv 21,3-7)
Si tratta di un percorso in preparazione al sinodo dei giovani 2018, offerto dal Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile della CEI.
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Una mia introduzione sulla figura del discepolo amato:
IL DISCEPOLO AMATO
(Gv 13,23; 18,15-18; 19,25-27; 21,7.22)
L’evangelista Giovanni fa invece più volte
riferimento a un discepolo misterioso che chiama “il discepolo che Gesù amava”. Alla fine del Vangelo – nelle
conclusioni che sono attribuite ad altro autore – si afferma che tale discepolo
sia Giovanni stesso che sta scrivendo (Cfr. 21,24).
Questa formula «il discepolo che Gesù amava» compare
solo nell’ultima parte del Vangelo e ricorre in quattro momenti precisi e
fondamentali: quelli della passione, morte e resurrezione di Gesù. Lo troviamo
nell’ultima cena (13,23), nella passione (18,15-18) e fin sotto la croce
(19,25-27). All’annuncio della risurrezione è il primo a giungere al sepolcro
(20,2-9), e poi a guidare la fede di Pietro nel riconoscere Gesù nell’ultima sua
apparizione sul lago (21,7).
Mi piace pensare che anche il discepolo amato sia
ciascuno di noi: anche noi invitati a sentirci amati in modo particolare e
personale anche se non esclusivo, avendo egli dato, consapevolmente, la vita
per tutti (e non solo per i discepoli).
L’amicizia è fatta di preferenze, di scelte che non
necessariamente escludono o discriminano gli altri: così non stupisce che Gesù
abbia scelto alcuni e non altri, un gruppo di apostoli nel nutrito gruppo di
discepoli, e fra gli apostoli tre in particolare (Pietro, Giovanni e Giacomo) a
condividere con lui i momenti più significativi.
Gesù è riconosciuto come Maestro, ma a differenza
dei maestri del tempo non sono gli alunni a sceglierlo, ma è lui a scegliere i
suoi discepoli, testimoniando come il discepolato sia innanzitutto una chiamata
all’amicizia, ad un rapporto d’amore reciproco che ha in lui la sorgente.
Le risposte degli uomini vanno dal rifiuto
all’accoglienza, con la possibilità, anche in quest’ultimo caso, del
rinnegamento o addirittura del tradimento. L’accoglienza, e quindi l’amore per
Gesù, può essere di diversa misura: piena, tiepida, crescente o decrescente: c’è
in gioco l’amore divino e la libertà umana.
L’unicità del
discepolo amato (“quel discepolo che”)
è caratterizzata dalla relazione d’amore con Gesù: un amore non occasionale, ma
continuo e stabile (“amava”, all’imperfetto).
Egli è allora il modello esemplare del discepolo, come Gesù sembra dire
nell’ultima cena: discepolo perfetto è colui che osserva i suoi comandamenti e
rimane nel suo amore (cfr. 15,8-10).
Nella mensa
dell’ultima cena, il discepolo che Gesù amava è descritto seduto a fianco a
Gesù con il capo piegato e la testa appoggiata sul petto di Gesù. È un gesto
tenerissimo che esprime affetto e comunione e che descrive il vero discepolo:
colui che ha un rapporto intimo, personale, affettuoso e fiducioso con il
Maestro.
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Le cinque immagini che compongono il polittico per il sinodo dei giovani 2018 sono uno strumento pastorale offerto alla comunità come segno di un cammino comune. Un cammino comune di Chiesa, un cammino che si vuole offrire comune a tutti i giovani e le giovani di buona volontà, un cammino comune a quello del discepolo amato. Intorno a questa figura evangelica presente e sfuggente allo stesso tempo (l’amato non ha nome, proprio come nel Cantico) ruota il racconto che descrive un giovane uomo che, stando con il Maestro, abitando con lui, ne diviene testimone, fede incarnata.
Proponiamo (in allegato) cinque schede, una per ogni quadro del polittico, come un percorso per rileggere insieme al gruppo giovani i cinque brani del vangelo di Giovanni che raccontano la vicenda del discepolo amato. Lo stile grafico di ogni brano di vangelo sottolinea alcune parole, le esplode, come se il loro peso fosse maggiore, il loro tono più alto. Tra parentesi quadra sono invece riportate alcune traduzioni possibili del testo originario: è un modo semplice per sottolineare la ricchezza di un testo in cui si sono stratificati millenni di culture e di saperi. È un testo che interpella l’occhio di chi legge, che non va via liscio, che permette di trattenere e di meditare anche il frammento di un solo termine.
Il cuore di ogni scheda è lo sguardo sull’immagine, ma l’obiettivo principale è quello di offrire un’opportunità per leggere le Scritture come sorgente viva di fede e di speranza per l’oggi dei nostri giovani. Per questo motivo ogni scheda si conclude con tre brevi suggerimenti per allargare il cerchio, per leggere il mondo odierno con le categorie universali del Vangelo.