Sulla Solennità del Corpus Domini
Laura De Luca – Città del Vaticano
1263. Un sacerdote boemo in pellegrinaggio verso Roma si ferma a dire Messa a Bolsena. Mentre spezza l’ostia viene colto dal dubbio sulla presenza reale di Cristo in quel dischetto di farina. Improvvisamente, dall’ostia escono alcune gocce di sangue che macchiano il corporale di lino e alcune pietre dell’altare. Già nel 1215, nel IV Concilio Laterano, la transustanziazione era diventata dogma della fede. Ma dopo il miracolo del corporale, papa Urbano IV decide di estendere a tutta la Chiesa la Solennità del Corpus Domini, con la bolla Transiturus del 1264, collocando la festa il giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste.
Tutto parte, si potrebbe dire, dal cuore di Cristo, che nell’Ultima Cena, alla vigilia della sua passione, ha ringraziato e lodato Dio e, così facendo, con la potenza del suo amore, ha trasformato il senso della morte alla quale andava incontro. Il fatto che il Sacramento dell’altare abbia assunto il nome “Eucaristia” – “rendimento di grazie” – esprime proprio questo: che il mutamento della sostanza del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo è frutto del dono che Cristo ha fatto di se stesso, dono di un Amore più forte della morte, Amore divino che lo ha fatto risuscitare dai morti. Ecco perché l’Eucaristia è cibo di vita eterna, Pane della vita.
Così papa Benedetto XVI nella Messa del Corpus Domini del 23 giugno 2011: nel secondo decennio del secolo che è iniziato con l’eclatante atto terroristico contro le Torri Gemelle e con una miriade di guerre dimenticate, la presenza reale del corpo e del sangue diventa conferma paradossale di un amore più forte della morte, di un amore che vince il peccato, ogni peccato. Ma nel disegno di Dio questa storia inizia prima della storia, inizia con l’uomo stesso…
L'odierna solennità del "Corpus Domini" invita a meditare sul singolare cammino che è l'itinerarium salvificum di Cristo attraverso la storia, una storia scritta sin dalle origini, in modo contestuale, da Dio e dall'uomo. Attraverso le vicende umane, la mano divina traccia la storia della salvezza.
E' un cammino che inizia nell'Eden, quando, a seguito del peccato del primo uomo, Adamo, Dio interviene per orientare la storia verso la venuta del "secondo" Adamo. Nel Libro della Genesi è presente il primitivo annunzio del Messia e da allora, lungo il susseguirsi delle generazioni, come viene narrato nelle pagine dell'Antico Testamento, si snoda il cammino degli uomini verso Cristo.
Quando poi, nella pienezza dei tempi, il Figlio di Dio incarnato versa sulla croce il sangue per la nostra salvezza e risuscita dai morti, la storia entra, per così dire, in una dimensione nuova e definitiva: si realizza allora la nuova ed eterna alleanza, di cui Cristo crocifisso e risorto è principio e compimento. Sul Calvario il cammino dell'umanità, secondo i disegni divini, conosce la sua svolta decisiva: Cristo si pone a capo del nuovo Popolo per guidarlo verso la meta definitiva. L'Eucaristia, sacramento della morte e della risurrezione del Signore, costituisce il cuore di questo itinerarium spirituale escatologico.
Cosi si esprimeva Giovanni Paolo II nella Solennità del Corpus Domini del 1998, 11 giugno. Meno due anni al Duemila. Già si parla di globalizzazione e l’eucaristia, il dono per eccellenza, è già promessa dall’inizio della storia umana e include tutti i popoli, tutte le genti, tutti i tempi. Una globalizzazione dell’amore. Questo respiro universale della Solennità odierna permea però anche le parole di Giovanni XXIII già alla vigilia del Concilio, nel Corpus Domini del 21 giugno 1962…
O Gesù, cibo soprasostanziale delle anime, a te accorre questo popolo immenso. Esso si volge a penetrare la sua umana e cristiana vocazione di nuovo slancio, di interiore virtù, con prontezza al sacrificio, di cui Tu desti saggio inimitabile verbo et exemplo, con la parola e con l'esempio.
Fratello nostro primogenito, Tu hai preceduto, o Cristo Gesù, i passi di ciascun uomo, Tu hai perdonate le colpe di ciascuno; tutti e ciascuno tu sollevi a più nobile, più convinta, più operosa testimonianza di vita.
— O Gesù, panis vere, unico e solo cibo sostanzioso delle anime, raccogli tutti i popoli attorno alla mensa tua: essa è divina realtà sulla terra, è pegno di favori celesti, è sicurezza di giuste intese tra le genti, e di pacifiche competizioni per il vero progresso della civiltà.
— Nutrìti da Te e di Te, o Gesù, gli uomini saranno forti nella fede, gioiosi nella speranza, operosi nelle molteplici applicazioni della carità.
La carità. Se con il dono del suo corpo e del suo sangue Dio ci ha amati fino a cancellare i nostri peccati, questo amore si estende anche in orizzontale, tra tutti gli uomini. Il sesto decennio del XX secolo sembra particolarmente recettivo all’ideale della pace e dell’amore universali, soprattutto tra le giovani generazioni. 1969, l’anno di Woodstock, delle contestazioni, della conquista della Luna che per un attimo fa sentire tutti gli uomini fratelli nel nome della scienza… Corpus Domini del 5 giugno: ecco come parla un papa in quegli anni effervescenti e difficili:
Comunione con Cristo, dunque, l’Eucaristia, come sacramento e come sacrificio: ma anche comunione tra di noi fratelli, con la comunità, con la Chiesa: ed è ancora la Rivelazione a dircelo, con le parole di Paolo: «Dal momento che vi è un solo pane, noi, che siamo molti, formiamo un solo corpo; poiché noi tutti partecipiamo di questo unico pane» (1 Cor. 10, m). Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha messo profondamente in luce questa realtà, quando ha chiamato l’Eucaristia «convito di comunione fraterna» (Gaudium et spes, 38); quando ha detto che i cristiani, «cibandosi del corpo di Cristo nella santa Comunione, mostrano concretamente l’unità del Popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento è adeguatamente espressa e mirabilmente effettuata».