Indagini su Medjugorje
Cristiano Baldissera in “Dentro Medjugorje” racconta i retroscena del suo primo pellegrinaggio nel paese bosniaco, tra sacro e profano
Sull’autenticità o meno delle apparizioni di Medjugorje, ha lavorato di recente la Commissione Teologica internazionale presieduta dal cardinale Camillo Ruini il cui dossier è stato consegnato a papa Francesco. In quel dossier sono classificate come soprannaturali le prime sette apparizioni della Madonna, avvenute nell’estate del 1981.
Sulle altre non c’è stato un pronunciamento definitivo, ma la Commissione ha sollevato dubbi su come si sono sviluppate nel tempo e sull’atteggiamento dei veggenti almeno fino al 2014, anno in cui il dossier è stato trasferito alla Congregazione per la Dottrina della Fede.
La donna ex atea e il seminarista
Cristiano raggiunge il paesino bosniaco nel 2011 con un viaggio organizzato che fa tappa in diverse città italiane, aggregando di voluta in volta pellegrini. Sul suo bus fa da guida (spirituale) Anna, un’ex donna atea, che ha scoperto il sapore della conversione dopo la sua prima volta a Medjugorje.
Durante il viaggio conosce Maurizio, con il quale condivide la stanza in albergo. Maurizio è un ex seminarista che da tempo si recava nel paesino bosniaco. «Egli aveva assistito a diversi eventi soprannaturali – racconta Cristiano – come lampi e bagliori nel cielo sereno, e anche guarigioni miracolose. Mi raccontò che un giovane in sedia a rotelle si era sollevato sulle proprie gambe, come tirato su da una forza invisibile, davanti ai suoi occhi durante la recita del rosario presso la chiesa di San Giacomo. La ragione per cui si era recato a Medjugorje in quest’occasione era il bisogno di ricaricarsi, a livello energetico e spirituale».
Sacro e profano: le cene
L’autore di “Dentro Medjugorje” annota come il profano si insinui nel sacro anche in una “gita spirituale” di così alto profilo interiore. Ricorda come i consigli sul digiuno, dati dalla guida Anna, si infrangevano in hotel al momento della cena. Nè tanto meno si pensava a pregare.
«Tavoli comuni – si legge nel libro – dove eravamo seduti a gruppi di sei, furono riempiti di cibo. Pastasciutta, zuppa, affettati, altre carni arrosto, verdure cotte, patate e insalata in quantità più che abbondante. Seguendo l’iniziativa degli altri iniziai a mangiare senza aspettare alcun invito o alcuna preghiera collettiva».
Le gocce miracolose
Prima di salire sulla collina delle apparizioni, nella prima giornata di pellegrinaggio il suo gruppo raggiunge la monumentale statua del Cristo in croce «dalla cui coscia, a cominciare dall’anno 2000, sono iniziate a scendere le gocce miracolose».
Ogni pellegrino «aveva pochi secondi a disposizione per ungere il maggior numero possibile di fazzoletti. Anche sulle altre zone della statua la gente era accalcata per toccarla, strofinarla con fazzoletti e altri oggetti, baciarla. Ma, sebbene i fedeli continuassero a sfregare la zona, non vi era alcuna goccia con la quale poter imbevere le pezzuole, e non ne avrei mai viste per tutto il mio soggiorno (…). Qualcuno anzi disse che era parecchio tempo che non ne uscivano più, ma la devozione popolare sarebbe continuata nonostante ciò».
L’intercessione di Padre Slavko
Altro luogo toccante è il piccolo cimitero dove era stato sepolto padre Slavko, uno dei parroci che seguì da vicino la storia delle apparizioni di Maria. «Ci dissero che potevamo rivolgere anche a lui le nostre preghiere e le nostre richieste di grazia perché dal suo posto in paradiso aveva una straordinaria capacità di intercessione presso la Madonna, dimostrata da vari miracoli avvenuti proprio di fronte a quella tomba».
Confessioni tra la folla
Dal cimitero poi il gruppo fa tappa alla vicina chiesa di Medjugorje, il cui piazzale è affollato da decine di padri che confessano in ogni luogo, anche nello stesso piazzale. La confessione è una delle “condizioni” che la Vergine ha chiesto ai veggenti prima della scalata alla collina di Podbrdo.
«Tutt’intorno alla chiesa infatti c’erano decine di preti e frati intenti a confessare un po’ ovunque. A pochi metri da ogni sacerdote partiva una fila di persone in attesa. Le confessioni avvenivano dappertutto: su panchine di legno, sedie e sgabelli in mezzo alla piazzetta, sulle gradinate, oppure in mezzo al parco, anche seduti sull’erba. Le confessioni perciò avvenivano in mezzo alla gente che passeggiava, fotografava, mangiava, fumava, di fronte a bambini che giocavano e a cani che curiosavano qua e là».
Ore 18:40. Il sole diventa “strano”
Nel pomeriggio Anna avverte i pellegrini che alle 18:40 avviene l’apparizione quotidiana della Madonna e dopo il suono delle campane ci sarebbe stato silenzio per dieci minuti. «Maurizio mi aveva anche detto che è quello il lasso di tempo in cui avvengono la maggior parte delle guarigioni miracolose e delle manifestazioni soprannaturali».
La visione del sole, evidenzia Cristiano, proprio in quell’ora «in effetti appariva strana. Sembrava coperto da una specie di pellicola, come un filtro che lasciava passare la luce ma allo stesso tempo la colorava di svariate tinte. I colori cambiavano come in una giostra. Era possibile rimanere a fissare il sole senza rimanerne accecati (…)».
Visioni soprannaturali
Poi ci fu un altro fenomeno, riporta l’autore, «in cui il sole sembrava crescere e diminuire, un effetto che risultava più visibile una volta filmato con la fotocamera, come faceva Maurizio, e che appresi qualche giorno dopo essere chiamato fenomeno della pulsazione del sole (…) Non fui turbato da queste visioni, non avevo fretta di giudicarle naturali o soprannaturali». Maurizio invece la pensa diversamente: «Era convinto di aver assistito a prodigi miracolosi frutto della presenza della Vergine».
La collina delle apparizioni
Il giorno seguente è quello del pellegrinaggio sulla collina di Podbrdo, in cima alla quale c’è la statua della Vergine. La salita è impegnativa.
«Non era un sentiero o una mulattiera, era semplicemente un percorso scavato nella terra e nella roccia dai pellegrini nei decenni (…) Quasi tutti stringevano tra le mani o portavano al collo la coroncina del rosario (…). Si faceva un tratto di strada in compagnia di una persona, aiutandosi l’un l’altro, e poi senza accorgersene ci si era separati e ci si ritrovava circondati da persone completamente diverse. Spesso ci si fermava ad assistere un anziano o a riprendere fiato. Non era un trekking ma un’offerta di sé, un sacrificio alla Madonna».
Il “miracolo” degli anziani
Gli atteggiamenti delle persone erano molto diversificati, nota Cristiano: chi piangeva ricordando il dramma che l’aveva portato là, chi rideva colto da apparente spensieratezza, chi saliva fumandosi una sigaretta o mangiando, e come sempre la compresenza tra chi urlava a squarciagola e chi pregava in silenzio.
Durante la salita, spiega l’autore, non assistevo «a segni miracolosi e non ero stato testimone di alcuna guarigione straordinaria ma avevo visto persone anziane, molto anziane, e persone malate e con problemi fisici, che di norma avrebbero incontrato serie difficoltà anche nel salire una rampa di scale, arrampicarsi con calma e tenacia su per quella salita che aveva sfiancato me, ragazzo di ventinove anni sano e allenato».
La lezione di Frate Farfalla
Quel rito collettivo di profonda spiritualità, quella solidarietà nell’aiutarsi, il sorriso in cima alla collina, la voglia di pregare insieme, la riscoperta della fede, vengono spiegate con grande lucidità da una persona incontrata al ritorno dalla collina: Frate Farfalla.
Si tratta di un religioso che si reca spesso a Medjugorje e che lavora in Turchia per il dialogo interreligioso. In un incontro alla Comunità Cenacolo, sempre nel paesino della Bosnia, Frate Farfalla spiega ai pellegrini, tra cui Cristiano: «Le persone si recano a Medjugorje per due principali ragioni: per chiedere una grazia e per curiosità. Lui ammoniva che il miracolo che bisognava cercare era un miracolo interiore, non quello delle guarigioni del corpo, ma quello della guarigione del cuore, dell’anima. Il miracolo di Medjugorje era quello della fede».
La riscoperta della fede
Dall’incontro con Frate Farfalla nasce la riflessione dell’autore sul senso del pellegrinaggio a Medjugorje. «Mentre un gran numero di persone cerca un’esperienza sconvolgente – sostiene Cristiano – un contatto diretto con il sacro, un miracolo improvviso, si trova catapultata in una grande esperienza collettiva, in un’immersione totale e di confronto continuo con temi di carattere spirituale ed esistenziale».
E in questo sta la conversione, «che è appunto rivolta in special modo a chi si ritrova lì quasi per caso, per curiosità o perché sta accompagnando un fedele. Egli si trova stimolato a riflettere sul dolore, sulla malattia e sulla morte, cioè su problemi esistenziali che molto spesso vengono messi da parte durante la propria quotidianità. È infatti la società stessa nella quale viviamo – conclude l’autore – a nascondere certi temi dolorosi e a distrarci con promesse di felicità materiale e di immortalità, o meglio di eterna giovinezza».