Ancora su Enzo Bianchi e la sua cacciata dal Monastero da lui fondato
Continua a far discutere il mondo cattolico (e non solo, vista la popolarità di cui Enzo Bianchi gode) la "cacciata" del Fondatore dal suo Monastero. Non si conoscono i particolari, ma continua ad emergere una situazione (poco chiara) di difficile passaggio di potere. Mancanza di umiltà? Enzo Bianchi mostra la sua povera umanità non riuscendo a rinunciare alla gestione della "sua" creatura?
Lui ha rotto il silenzio e si difende attaccando con un comunicato:
«Se abbiamo fatto qualcosa che contrasta la comunione, ci venga detto», scrive in una nota il fondatore. «Io, fra’ Enzo Bianchi, il fondatore, suor Antonella Casiraghi, già sorella responsabile generale, fra’ Lino Breda, segretario della comunità, e fra’ Goffredo Boselli, responsabile della liturgia, siamo stati invitati a lasciare temporaneamente la comunità e ad andare a vivere altrove». Aggiunge che «invano, a chi ci ha consegnato il decreto, abbiamo chiesto che ci fosse permesso di conoscere le prove delle nostre mancanze e di poterci difendere da false accuse».Ancora: «In questi due ultimi anni, durante i quali volutamente sono stato più assente che presente in comunità, soprattutto vivendo nel mio eremo, ho sofferto di non poter più dare il mio legittimo contributo come fondatore. In quanto fondatore, oltre tre anni fa ho dato liberamente le dimissioni da priore, ma comprendo che la mia presenza possa essere stata un problema. Mai però ho contestato con parole e fatti l’autorità del legittimo priore, Luciano Manicardi, un mio collaboratore stretto per più di vent’anni, quale maestro dei novizi e vicepriore della comunità, che ha condiviso con me in piena comunione decisioni e responsabilità».
Riporto ulteriori riflessioni emerse in questi giorni tralasciando i commenti velenosi e ben poco cristiani dei "nemici" di Enzo Bianchi, rintracciabili nelle file dei cristiani conservatori che lo accusano, da anni, di eresia.
Il Fatto Quotidiano si è dimostrato particolarmente interessato alla questione. Su un articolo del 30 maggio (Enzo Bianchi, ascesa e caduta di un monaco famoso: dalla boutade del primo cardinale laico al suo amico Papa che lo caccia da Bose) Grana scrive:
Immediato è stato il dibattito mediatico che si è scatenato tra i fan e i critici di Bianchi. Dallo storico Alberto Melloni che dalle colonne di Repubblica ha ricordato che “nella prassi della Santa Sede si caccia da una casa religiosa chi si è macchiato di delitti turpi sostenuti da accuse e prove che oggi nessuno può o vuole più coprire. Enzo Bianchi viene punito con l’esilio da Bose senza alcuna accusa infamante”. Di parere decisamente opposto la storica Cristina Siccardi che ha definito il fondatore della Comunità di Bose “uno dei personaggi che ha contribuito a fare un gran male alla Chiesa, producendo tanta e tanta confusione nel clero e tra i fedeli”. Dal Vaticano finora non è stato diramato nessun comunicato ufficiale sulla questione. Solo L’Osservatore Romano ha pubblicato la notizia della defenestrazione di Bianchi limitandosi a riportare la nota diffusa da Bose. Ma è evidente che la Santa Sede non potrà restare ancora a lungo in silenzio. E non pochi scommettono che la prima mossa sarà del Papa.
In un'altro articolo, sempre del 30 maggio ( Enzo Bianchi cacciato da Bose, il teologo Ruggieri: “Curia ha voluto normalizzare un’esperienza che non rientrava nei ranghi”), Corlazzoli riporta le opinioni del teologo Giuseppe Ruggeri:
“Hanno ucciso il padre mediante interposta persona. Capisco il disagio, conosco molto bene padre Enzo: è una personalità debordante, è il fondatore, il padre della comunità; pretendere che rientrasse in un ruolo da vecchio nonno è impossibile. Enzo è il fondatore, quella è una sua creatura. E’ impossibile pensare Bose senza Bianchi”. Ruggieri come ha fatto Alberto Melloni su Repubblica ricorda altri due casi analoghi: quello di Dario Viganò e del capo della gendarmeria vaticana Domenico Giani.“Papa Francesco – spiega il teologo – ha ceduto in quelle situazioni. Ora che questo sia un caso simile tutto lo fa pensare”. Ruggieri esclude la possibilità che Bianchi possa creare una nuova realtà: “Una comunità contestatrice di chi e di chi che cosa? Un altro figlio contro il figlio che ha generato?”. Di tutt’altro parere Raniero La Valle, giornalista esperto del Concilio Vaticano II: “Non c’è alcuna intenzione punitiva o di repressione nei confronti di Bose. Papa Francesco ha sempre apprezzato il cammino intrapreso dalla comunità piemontese. Se si è resa necessaria una decisione come quella che ci ha addolorato evidentemente non è per porre fine o stroncare questo carisma ma per difenderlo, preservarlo e farlo crescere”.
Avvenire mette in campo un amico di Enzo Bianchi, padre Bartolomeo Sorge, che lo invita ad accettare questa croce:
«A questo punto Enzo Bianchi deve accettare con amore la sofferenza della prova. La ribellione e la resistenza sarebbero un errore fatale perché in questi casi si accetta la croce anche senza capirne le ragioni». E ha aggiunto: «Quando la Chiesa interviene, si bacia la mano della Chiesa che è la nostra madre e non ha nessun interesse di massacrare un figlio. Poi si vedranno i frutti, le botte prese sono l’autenticazione dell’opera di Dio. Ecco perché a Bianchi consiglio di fare le valigie subito e di andare dove lo mandano, e di farlo con gioia».
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