I linguaggi dell’amore
La
sessualità si esprime e ci fa esprimere: parlo agli altri con il mio corpo, con
il volto, con le scelte che faccio. Un linguaggio potente e insieme ambiguo,
che posso utilizzare per avvicinare, ma anche per illudere o ottenere ipocritamente
una cosa diversa da quella che esprimo.
Chapman, autore di un fortunato libro
dal titolo “I cinque linguaggi dell’amore”[1]
(1995) è convinto che l’amore abbia diversi idiomi e dialetti: se non impariamo
a comprendere la lingua dell’altro, finiamo per non capire cosa voglia dirci e
facilmente lo interpretiamo in maniera errata. Per questo possiamo “oggettivamente” essere
amati (dai genitori, dagli amici, da un ragazzo/a), ma non sentire o non
comprendere questo amore come amore. Possiamo, nel corso della nostra vita,
apprendere nuove lingue per imparare cos’è importante per la
persona che vogliamo amare, ma dobbiamo
impegnarci ed esercitarci. Saremo comunque portati ad usare il nostro
linguaggio principale.
Chapman immagina che dentro ognuno di
noi ci sia un “serbatoio emozionale”. Quando ci
sentiamo amati il serbatoio si riempie e noi proviamo felicità mentre quando
viviamo una “carenza d’amore” il serbatoio si svuota e noi proviamo vuoto e
dolore. Si cerca allora l’amore nelle sedi sbagliate e nei modi sbagliati, ci
si sente usati e non amati, tutto sembra buio, insensato.
I linguaggi da lui evidenziati sono
cinque: ciascuno di noi, a suo dire, ha acquisito, per indole e storia
personale, uno di questi in maniera preponderante.
1- PAROLE DI RASSICURAZIONE o di incoraggiamento
“Un complimento
– scrive Mark Twain - mi fa vivere due mesi”, e questo vale
in maniera ancora maggiore per coloro che si sentono amati soprattutto
attraverso l’ascolto di parole
costruttive. La persona che deve comunicare con chi ha questo linguaggio
come “canale” prioritario deve esprimere con sincerità il suo apprezzamento: i
complimenti verbali sono potenti mezzi per comunicare amore. Uno dei bisogni umani più profondi è quello di sapersi apprezzati: fare
complimenti all’altro non è adulazione, ma un modo per fargli capire quanto lo
stimiamo. Occorre imparare a usare parole gentili e umili come quelle che papa
Francesco ha più volte raccomandato (“permesso, scusa e grazie”). E’ inoltre
più importante il tono di voce che si usa, delle stesse parole che usiamo. “Una
risposta gentile allontana l’ira”: rispondere al male ricevuto con altro (o
maggiore) male, aumenta solo la guerra e il male reciproco. Ognuno vede meglio gli aspetti negativi dell’altro e così sembra in
disaccordo su quasi tutto. La chiave del cambiamento consiste nell’esprimere
verbalmente il proprio apprezzamento per ciò che ci piace dell’altro e nello
stesso tempo cessare le critiche e i rimproveri. Allo stesso modo occorre
imparare ad esprimere i nostri sentimenti, ciò che ci ferisce per aiutare
l’altro a comprenderci, non per rivalsa o spirito critico; occorre imparare ad
esprimere i nostri desideri non come pretese, ma come domande o indicazioni; occorre
imparare a perdonare, a chiedere scusa senza rivangare continuamente gli errori
del passato e i torti subiti: nessuno di noi è perfetto e nessuno compie sempre
la cosa giusta o migliore.
2-
MOMENTI SPECIALI
Altri hanno bisogno di trascorrere “bei momenti” più
che ricevere dei complimenti. Desiderano che l’altro dedichi loro del tempo:
parlare insieme in salotto, fare una passeggiata, andare a mangiare fuori,
girare per negozi, visitare una mostra… Con momenti speciali si intende la disponibilità a offrire la piena
attenzione: stare insieme, non tanto per fare o
produrre qualcosa, ma per prendersi cura del legame che ci unisce. Quando
dono all’altro il mio tempo, gli dono una parte della mia vita.
3- RICEVERE DONI
In tutte le
culture i doni sono importanti e carichi di simboli. Fin dai primi anni di vita i bambini
offrono doni ai genitori, quindi questo canale è connaturato alla persona in
modo quasi più istintivo del linguaggio.
Non è importante il valore monetario del
dono, ma l’emozione che
può suscitare. Un dono è qualcosa che noi possiamo prendere in mano e dire:
“Chi l’ha scelto ha pensato a me”.
Un dono essenziale è il dono di se stessi legato
alla presenza fisica. Ad
esempio nei momenti di crisi il dono della presenza fisica è quello più
importante: “Mi sei stato/a vicino/a”. Ma è opportuno anche chiedere
esplicitamente tale presenza per far capire al partner quanto ciò sia per noi
importante.
4- GESTI DI SERVIZIO
Se sono fatti in spirito positivo, i servizi
possono essere autentiche espressioni d’amore: cucinare, sparecchiare, lavare i
piatti, innaffiare i vasi, lavare la macchina, ridipingere una stanza…
Per imparare questo linguaggio, dovremmo forse
rivedere e correggere alcune abitudini familiari e alcuni stereotipi sociali
(si segue inconsciamente il modello dei propri genitori). Se ognuno dei due ha
un’idea diversa dei ruoli sociali dell’uomo e della donna, allora ciascuno deve
essere disponibile ad esaminare e, se necessario, cambiare certi modelli per
poter meglio esprimere l’amore. Attenzione però a non diventare zerbini, ma
persone che si mettono al servizio dell’altro per amore: non per timore, non
per sensi di colpa (sentendoci manipolati dall’altra persona), ma per amore: “Ti
amo troppo per consentirti di trattarmi così. Non è giusto né per te, né per
me”.
5- IL CONTATTO FISICO
Nello sviluppo del bambino il contatto
fisico è fondamentale. Il contatto fisico è anche un fortissimo veicolo per
comunicare amore nella coppia. Per le persone che hanno questo linguaggio come
lingua madre l’assenza di contatto è percepita come non essere amati.
Il contatto
fisico non è da identificarsi solo con i rapporti sessuali e i gesti erotici;
anzi le persone che privilegiano questo “canale” percepiscono amore attraverso
tutta la gamma della gestualità: l’abbraccio, il tenersi per mano, una semplice
carezza.
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
E’ importante imparare a parlare
esprimendo i propri sentimenti. Alcuni non sono abituati a farlo e l’altro può
avere la sensazione di non riuscire ad entrare nel suo intimo. Può allora
essere utile scrivere le sensazioni che si provano durante la giornata e poi
condividerle in un momento dedicato a questo scambio.
Per scoprire il linguaggio
d’amore che ci è più familiare, chiediamoci: che cosa mi ferisce di più in
quello che l’altro fa o omette di fare? E ancora: che cosa rimprovero più
spesso all’altro? Probabilmente è ciò che dà meglio a me la sensazione di
essere amato/a. Infine: come esprimo generalmente il mio amore all’altro?
Ma come fare ad amare una persona quando questa ci
ha feriti, delusi, fatto arrabbiare al punto che proviamo per essa sentimenti
di odio più che di amore? Possiamo sempre scegliere! Scegliere se continuare ad
odiare, se rinunciare al suo amore, se offrirgli una nuova opportunità. Non
possiamo tornare indietro, possiamo soltanto cercare di rendere diverso il
futuro: “L’amore non cancella il passato, ma rende diverso il futuro”.
Infine: attenzione all’innamoramento! L’innamoramento è una esperienza emotivamente esaltante, ma
dalla durata limitata (massimo tre anni?). Esiste un momento in cui dalle vette
si cade improvvisamente a valle e la caduta è spesso dolorosa. Ci si illude che
il sentimento sia eterno, che l’altra persona sia quella perfetta per noi, poi
ci si risveglia e le cose appaiono differenti, “reali”. Emergono desideri,
emozioni, pensieri e modelli di comportamento differenti e spesso in contrasto.
Questo può essere il momento di imparare ad amarsi “realmente”, senza l’euforia
dell’innamoramento che ci dà l’impressione di essere arrivati e di non dover
più crescere perché tutto sembra perfetto così com’è. L’innamoramento accade
spontaneamente, amarsi è una scelta. O, detta con altre le parole:
“L’innamoramento è trovarsi per caso, l’amore è tenersi per scelta” (R.
Cheaib).