Sessualità e gender (l'identità sessuale tra Bibbia e società, parte III)
La sessualità
La Bibbia ha una visione integrale e positiva della sessualità:
essa è creata da Dio che l’ha pensata come una dimensione fondamentale della
nostra vita, una delle spinte più potenti che ci muovono e smuovono verso gli
altri[1]. Non si può tuttavia
negare che, nel passato, la Chiesa abbia dato alla sessualità un significato
riduttivo (al solo rapporto sessuale genitale) e negativo, spesso addirittura
sessuofobico.
Il
sesso, prima di essere un atto (“fare sesso”), è ciò che distingue ogni persona
in maschio o femmina. Tale distinzione non riguarda solo gli organi sessuali (o
apparato genitale), ma ogni cellula del corpo umano[2],
così come il modo stesso di agire, pensare, amare ha connotazioni
sessuali. Possiamo dunque parlare di
sesso cellulare, ormonale, gonadico, anatomico, fisiologico, psicologico ed
etico. Più che “avere” il sesso maschile o femminile si dovrebbe dire che
“siamo” sessuati dalla cima dei capelli alla punta dei piedi[3].
La sessualità coinvolge l’intera umanità: istinti, emozioni, sentimenti, ragione
e volontà. Una persona sessualmente matura è una persona che, attraverso
amicizie, incontri, confronti, ha una buona conoscenza di sé e degli altri ed è
capace di rapportarvisi con equilibrio e oblatività, cioè ricevendo e donando
amore.
L’obiezione
classica a tutto questo discorso è che la sessualità sia fondamentalmente un
fatto di istinti, di bisogni, addirittura di chimica: richiede solo la
soddisfazione del bisogno come avviene per la fame o la sete. Tuttavia
Lo specifico della vita umana è vivere oltre i bisogni
primari. Soddisfare i bisogni primari è necessario, ma non è sufficiente. L’uomo
vive del più che necessario, di quello che sembra inutile, ma che in realtà è
più che utile. Sono le carezze gratuite, gli sguardi accoglienti, le parole
riconoscenti che ci fanno realmente vivere. Il resto serve solo per la
sopravvivenza[4] (p.102).
Si
dimentica inoltre che l’essere umano non è schiavo dei sui istinti come ogni
altro animale: ha la capacità di indirizzare, moderare, inculturare i suoi
bisogni a seconda delle scelte che fa e del contesto sociale in cui vive.
Infine: la sessualità non è un istinto come gli altri i quali scatenano una
attrazione fra una persona (soggetto) e una cosa (oggetto) come il cibo o la
bevanda…
L’istinto sessuale
scatena una attrazione interpersonale, mette cioè in relazione un soggetto con
un altro soggetto. (…) Inoltre l’attrattiva sessuale include normalmente la
caratteristica della reciprocità (l’uomo sente attrattiva per la donna e
viceversa, mentre non si è mai visto che il cibo senta attrattiva per la
persona che lo mangia…)[5].
Sui gender. Uomo, donna o GLBTQ?
Parlando
di sessualità come di differenziazione umana in maschile e femminile non si può
prescindere da un fatto importante: quello che, fino a pochi decenni fa,
sembrava un dato inequivocabile della natura umana è venuto ad essere messo in
discussione dalle “teorie gender”. Fino a pochi
decenni fa era infatti semplice distinguere l’umanità in maschile o femminile:
era sufficiente prendere in considerazione gli attributi sessuali per stabilire
a quale sesso si appartenesse. Il rischio tuttavia era quello di giustificare come
“naturale” (cioè stabilito dalla natura) il fatto che a tale differenziazione
corrispondesse anche un primato dei maschi e una discriminazione delle donne
(le quali, ad esempio, fino a pochi decenni fa non potevano votare). A partire
dagli anni ’70 nasce nel mondo anglosassone un movimento di pensiero che
complica notevolmente le cose con l’intento di distruggere ogni
discriminazione: per individuare l’identità sessuale non si deve considerare
solo il sesso (le differenze fisiche e biologiche[6] che sono date dalla “natura” e sono
fisse, stabili, indiscutibili), ma
anche:
-
il “genere sessuale” o “gender” che prende in considerazione le differenze psicologiche e
culturali dell’identità sessuale (ovvero come si percepisce la persona stessa,
in accordo o meno con il proprio sesso biologico, libera dalle influenze
culturali che stabiliscono come debbano comportarsi gli uomini e come le donne).
-
l’orientamento sessuale (ovvero l’attrazione sessuale verso il proprio o l’altrui sesso o
per entrambi) e il comportamento sessuale (cioè il modo con cui esprimo il mio
orientamento).
Il gender è un concetto dinamico e soggettivo. Ne
consegue che l’essere un maschio o una femmina eterosessuale, cosa che prima si
riteneva naturale e dunque l’unica lecita, è solo una delle tante possibilità.
Posso sentirmi donna in un corpo maschile o altre possibili varianti che
faranno di me un maschio o una femmina o un transessuale attratto da uomini o
da donne o da animali o da oggetti… Tutto lecito, a patto di non far del male a
nessuno. Da qui la sigla (già inadeguata ad esprimere ogni identità) dei GLBTQ
(Gay Lesbiche Bisessuali Transessuali e Queer[7]).
In questo modo tutti possono sentirsi accolti nelle
loro peculiari caratteristiche e non discriminati. Per far questo occorre,
secondo i promotori delle teorie gender, riconoscere a pari livello qualsivoglia
forma di unione si intenda stabilire (compresa anche quella poligamica o
incestuosa?) e garantire a tutti il diritto (!) ad avere figli, o naturali, o
“artificiali” (in provetta o con l’utero di un’altra donna preso in affitto) o
per adozione. Per arrivare a tale tolleranza e libertà bisogna agire nei
bambini fin dalla tenera età e contrastare la consuetudine di indicare loro
quali comportamenti sono più adatti per le femmine (ad esempio: giocare con le
bambole, avere i capelli lunghi…) e quali per i maschi (giocare a pallone o con
i soldatini, avere i capelli corti, non piangere…). Bisogna insegnare subito
che è normale avere genitori omosessuali (evitiamo dunque di parlare di mamma e
papà, tuttalpiù di “genitore 1” e di “genitore 2”), così come averli
eterosessuali; è giusto giocare, vestirsi e comportarsi come meglio si crede;
scegliere se ci sente più maschi o più femmine, se attratti dai maschi o dalle
femmine, uscire da ogni categoria mostrandosi allo stesso tempo (e magari
variando nel tempo) un po’ maschio e un po’ femmina[8].
L’ideologia gender è talmente avanzata nei paesi
occidentali (forse troppo poco in quelli arabi o africani) da spingere i
governi a formulare leggi che prevedono anche l’arresto per chi si azzardi a
pensarla diversamente: l’omofobia va’ condannata! Dunque condanniamo al carcere
(o almeno a pagare multe salate) i cristiani che ancora si azzardano ad affermare
che l’ordine naturale è costituito da maschi e femmine eterosessuali e che solo
tra loro si possa parlare di una particolare unione che chiamiamo matrimonio. Guai
ad affermare che l’omosessualità è una devianza rispetto l’ordine naturale e
che una cosa è rispettare la dignità di ogni persona altra è giustificare ogni
suo comportamento. Posso infatti riconoscere in me particolari inclinazioni o
tendenze sessuali, ma non è detto che siano tutte lecite, tutte buone, tutte da
tutelare legislativamente da parte dello Stato. Le mie inclinazioni verso degli
oggetti (feticismo) o degli animali (zoofilia), verso il sadismo o il
masochismo (a condizione, ovviamente, che sia consensuale) devono essere
ugualmente tutelate? Non è possibile vivere la propria inclinazione senza
pretendere di avere gli stessi diritti di una coppia eterosessuale? Non stiamo
forse discriminando gli islamici che desiderano formare coppie poligamiche, o
altre unioni che possono richiedere ampliamenti rispetto alla famiglia
mononucleare? Stiamo discriminando dei fratelli che si amano e vorrebbero che
il loro incesto sia legalizzato e tutelato? Stiamo arrivando a tutelare tutte
queste unioni in nome della tolleranza?
Pari dignità non significa essere uguali così come
essere diversi non significa essere migliori o peggiori. Negare le differenze e
le reciproche complementarietà non è in fondo la vera discriminazione del
nostro tempo?
[1] “La sessualità è la grande forza che ci spinge ad aprirci e a uscire da
noi stessi; è come una forza centrifuga formidabile che ci spinge verso
l’esterno”. (M.Vidal, Manuale di
etica teologica 2, Cittadella 1996, p.63).
[2] Se analizziamo al microscopio una qualunque cellula
del corpo umano (pelle, ossa, capelli…), si può facilmente arrivare a stabilire
se essa è di tipo femminile o maschile; questo in ragione dell’individuazione
di un cromosoma Y (maschile) o della sua totale assenza (femminile).
[3] “La sessualità
non è qualcosa che l’essere umano possiede accanto a molte altre cose, bensì è
una modalità fondamentale del suo essere persona e del suo realizzarsi come
essere umano”. W. Kasper, Il
matrimonio cristiano, p.113.
[4] R. Cheaib, Oltre
la morte di Dio, San Paolo 2017, p.102.
[5] G. Avanti, Sessualità;
un dono per amare, Paoline 1987, p.17
[6] Che sono allo stesso tempo genetiche (ogni nostra
cellula è distinta in maschile, xy o femminile xx), somatiche e celebrali,
essendo anche il nostro modo di pensare, di ragionare, di amare differente.
[7] Il Queer,
letteralmente “strano, stravagante”, fuori dai canoni, indica una persona che
non vuole essere incanalata in una particolare categoria sessuale. Un esempio
tratto dal mondo dello spettacolo: il Festival della canzone europea ha
premiato nel maggio 2014 l’austriaco Tom Neuwirth, in arte Conchita Wurst,
apparso per l’occasione nelle “vesti” di donna barbuta, di travestito con la
barba. L’ambiguità e l’indeterminazione del genere sessuale diviene lo
strumento per superare ogni identità naturalmente costituita.
[8] Vedi anche il mito dell’androgino, trionfante nelle sfilate di moda, che
ha caratteristiche fisiche allo stesso tempo maschili e femminili.