Sul capo scout che sposa un uomo e sul parroco che lo invita a dimettersi
Dare una risposta non è semplice, ma credo che sia corretto il comportamento del parroco che ha ricordato come il ruolo educativo sia vissuto nella e per la Chiesa. Se si è apertamente in contrasto con essa non ci sono i presupposti per servirla: si può dissentire e essere perplessi per qualche sua posizione, ma non si può utilizzare il proprio ruolo per opporvisi apertamente.
Questo è il commento, ben più autorevole del mio, apparso su Famiglia Cristiana:
A Staranzano, Gorizia, celebrata l’unione civile tra il consigliere comunale Luca Bortolotto e Marco Di Just, 33 anni, capo scout del gruppo Agesci parrocchiale. Il parroco, don Francesco Fragiacomo, interviene in modo netto: «Un conto è l’orientamento sessuale, altro è ostentare, andare a convivere, contro il magistero della Chiesa. In più qui c’è il ruolo di educatore, che è molto complicato». E lo invita a dimettersi. Il vescovo di Gorizia non è ancora intervenuto ufficialmente. La posizione dell'Agesci nazionale...
«Adesso passo io per quello cattivo ma ho tentato in tutti i modi, da mesi, di arrivare a una mediazione. Sono amareggiato, ho solo ribadito la posizione della Chiesa e mi stupisco delle polemiche». Don Francesco Fragiacomo è il parroco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Staranzano, centro di settemila abitanti in provincia di Gorizia. Sabato scorso, in Comune, è stata celebrata l’unione civile tra il consigliere comunale Luca Bortolotto e Marco Di Just, 33 anni, uno dei capi scout del gruppo Agesci parrocchiale. A officiare il rito, racconta Il Piccolo, il sindaco Riccardo Marchesan. Oltre agli amici, al gruppo scout e a varie associazioni locali, era presente anche don Eugenio Biasiol, storico assistente scout che è intervenuto prima della cerimonia «come amico della coppia e come prete». «Celebriamo una festa di due persone che si vogliono bene», ha detto Marchesan, «che oggi vedono costituita la loro unione. Il nostro paese da anni attendeva una normativa chiara per un riconoscimento anche sul piano giuridico, i diritti e i doveri di ogni coppia, volersi bene nel rispetto e nel reciproco sostegno».
Don Francesco ha affidato al bollettino parrocchiale e a un post su Facebook il suo commento: «Nella Chiesa», ha scritto, «tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna. Siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù: quella fondata nell’amore tra un uomo e una donna uniti nel sacramento del matrimonio».
Toni molto pacati. Al telefono, il parroco spiega tutta la vicenda: «Marco Di Just è capo gruppo e capo clan Agesci da diverso tempo, guida un gruppo di venticinque adolescenti che vanno dai 16 ai 18 anni. Convive con il suo compagno da nove anni e a febbraio scorso ha fatto outing», racconta, «già quattro anni fa ho segnalato la vicenda al vescovo di Gorizia, mons. Carlo Maria Redaelli, anche per sapere se questo ragazzo poteva contare su un accompagnamento spirituale visto il ruolo delicato di educatore che riveste. Nessuno mi ha risposto. Il messaggio educativo che passa ai ragazzi è quello che unirsi con un uomo è normale. Come educatore è un bravo capo, dal punto di vista della fede tutto il gruppo scout ha molte carenze perché, di fatto, non c’è un vero percorso di fede. Lo so perché c’è anche mio nipote che ne fa parte».Vedi anche:
A Don Francesco non va giù il clamore con cui è stata organizzata la cerimonia: «Tra gli organizzatori», dice, «c’era anche don Eugenio. Dopo il rito, sono andati nel parco del paese e si sono baciati davanti a tutti. Forse un po’ di sobrietà non avrebbe guastato. Ripeto: un conto, come Chiesa, è essere accoglienti, un’altro è rendere normale ed esaltare qualcosa che è al di fuori del magistero della Chiesa. Il vescovo mi ha detto di non creare tensioni e non alimentare polemiche, forse è preoccupato dell’opinione pubblica. Secondo me, la questione si poteva risolvere quattro mesi fa chiamando i vertici regionali dell’Agesci e l’assistente diocesano e confrontarsi serenamente. Io non mi diverto a sollevare la questione, non ne ho mai parlato in pubblico ma ho solo scritto una riflessione sul bollettino parrocchiale».
Don Francesco spiega che lui accompagna spiritualmente molti omosessuali: «Li seguo, li confesso, li consiglio come deve fare un buon pastore. Un conto è l’orientamento sessuale, un’altra cosa è ostentare, andare a convivere, fare tutto pubblicamente contro il magistero della Chiesa. In questo caso, c’è il ruolo di educatore che è molto complicato».
La vicenda, si capisce, è solo agli inizi. Il vescovo di Gorizia non è ancora intervenuto ufficialmente e per ora non ha intenzione di farlo. «Sulle unioni civili», spiega il responsabile dell’ufficio stampa della Curia Mauro Ungaro, «la posizione della Chiesa è chiarissima: siamo contrari. Su questo caso in particolare non siamo intervenuti perché riguarda un educatore dell’Agesci e deve essere l’Agesci a intervenire in prima battuta, anche previa verifica interna. Come diocesi non abbiamo voluto alimentare polemiche che rischiano di essere irrispettose nei confronti delle persone coinvolte. Credo che molto presto ci sarà un confronto tra mons. Redaelli e i vertici nazionali dell’Agesci tramite l’assistente diocesano degli scout».
Silenzio anche da parte degli scout di Staranzano mentre l’Agesci nazionale ha diramato una nota nella quale «ribadisce la propria fiducia nella comunità capi del Gruppo di Staranzano, in provincia di Gorizia». L’Associazione, si legge, «sottolinea che il discernimento e la decisione in merito alle questioni educative sono in capo alla comunità educante che, sostenuta dalla Chiesa locale, confrontandosi con il Vescovo, saprà valutare ciò che deve essere fatto per il bene dei ragazzi che sono loro affidati avendo come riferimento il Patto Associativo e il Magistero della Chiesa, nel rispetto di tutte le persone coinvolte».
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