LA PARABOLA DEL SEMINATORE E GLI OSTACOLI ALL’AMORE
(Mc 4,3-8;14-20; Mt 13,4-9;18-23 Lc 8,5-8; 11-15) Da "Il Vangelo dell'amore" di Stefano Liberti
Può sembrare una forzatura voler ricondurre al tema
dell’amore anche la nota parabola del seminatore. Il seme non è la Parola che
va accolta perché porti frutto nella nostra vita? Certo, ma la Parola non è
innanzitutto l’Amore che Dio ha per noi e che va accolto perché porti frutto
nella nostra vita? Anche Papa Francesco accenna a tale similitudine:
Questa parabola (…) ci ricorda che
noi siamo il terreno dove il Signore getta instancabilmente il seme della sua
Parola e del suo amore. Con quali disposizioni lo accogliamo? E possiamo porci
la domanda: com’è il nostro cuore? A quale terreno assomiglia: a una strada, a
una pietraia, a un roveto? Dipende da noi diventare terreno buono senza spine
né sassi, ma dissodato e coltivato con cura, affinché possa portare buoni
frutti per noi e per i nostri fratelli[1].
Gesù è un seminatore “ottimista”, che getta semi
ovunque senza stare a fare troppi calcoli: non teme di perdere il seme in
terreni inospitali. Dona con generosità a tutti il seme dell’amore di Dio; ci
ama senza calcolare la nostra capacità di accogliere tale amore e di
corrispondervi. Ma quali sono gli ostacoli che non ci permettono di
accoglierlo?
L’essere come una strada indica la superficialità e
la durezza di cuore, l’essere come un luogo battuto dalla gente, fatto di ovvietà,
votato alla chiacchiera, con il cuore indurito dall'abitudine e dalla
distrazione. É difficile che l’amore di Dio trovi spazio di accoglienza
in questa situazione: è facile per il nemico farci dimenticare di essere stati
amati, di aver ricevuto parole d’amore capaci di scaldare il nostro cuore:
…satana è il ladro della Parola. É abile nel farcela
dimenticare, inducendoci a pensare che non è per noi, togliendoci la fiducia
che possiamo mai viverla, e mettendoci davanti i nostri bisogni, i nostri
limiti e le nostre preoccupazioni[2].
L’essere come un campo pieno di pietre indica l’ascolto
entusiasta, ma superficiale. Il seme non riesce ad entrare nelle profondità del
cuore bloccato dalle paure. Si è capaci di improvvise “conversioni”, ma che
durano poco. É necessario togliere prima le pietre ovvero le paure e le durezze
che mi bloccano: solo allora sarò in grado di accogliere e far crescere il
seme, evitando che esso germini subito, ma, ritrovandosi senza radici, si
secchi altrettanto velocemente.
L’essere un campo pieno di spine indica una vita
dove si è lasciato crescere di tutto, dove le preoccupazioni, i desideri, la
ricerca della ricchezza, del piacere e del lusso, soffocano la parola e
l’amore, spingono a cercare l’altro/a come oggetto di piacere “usa e getta”, in
un consumismo di emozioni.
In conclusione: sono molti i rischi e le difficoltà che
incorriamo amando, a tal punto che molti preferiscono non rischiare e godersi l’amore
fin che dura. Ma così esso non potrà aver futuro. Al contrario, anche se
incontriamo fallimenti, durezze, incomprensioni, ansie…, quando l’amore
attecchisce esso produce frutto in maniera esorbitante, tanto da garantirci un
futuro prospero. La condizione è non fare troppi calcoli preventivi e amare
così come fa il seminatore con il seme: spargendolo ovunque con coraggio, con
larghezza, senza paura.
[1] "E ci farà
bene non dimenticare - ha concluso il Papa - che anche noi siamo seminatori. Dio semina semi buoni, e anche qui
possiamo porci la domanda: che tipo di seme esce dal nostro cuore e dalla
nostra bocca? Le nostre parole possono fare tanto bene e anche tanto male;
possono guarire e possono ferire; possono incoraggiare e possono deprimere.
Ricordatevi: quello che conta non è ciò che entra, ma quello che esce dalla
bocca e dal cuore". Angelus del 13 luglio 2014
[2] S. Fausti, Ricorda
e racconta il Vangelo, p.141