La nuova beata Nuccia Tolomeo
E' stata beatificata ieri, 3 ottobre 2021, insieme ad un'altra laica, Mariantonia Samà, che ha in comune con lei la provenienza (la provincia di Catanzaro), la sofferenza e la laicità.
GAETANA (Nuccia) TOLOMEO (Catanzaro, 19 aprile 1936 – 24
gennaio 1997) ha vissuto per 60 anni una vita semplice, ordinaria,
costretta a una forzata immobilità per una paralisi progressiva e deformante di
cui era affetta fin dalla nascita. È stata sempre su una poltroncina o a letto
in tutto dipendente dagli altri, ma a chi l’andava a trovare regalava sempre un
sorriso e parole di speranza, avendo trovato nella fede il motivo per vivere
con gioia anche la sua sofferenza. Viveva con entusiasmo la sua appartenenza al
Rinnovamento nello Spirito e il
suo apostolato di preghiera e di sofferenza offerta per tutti, in particolare
per i sofferenti e i peccatori. Pregava tanto, soprattutto col rosario che
teneva permanentemente legato alla sua mano, con l’adorazione eucaristica, con
la via crucis e la lettura della parola di Dio. Negli ultimi tre anni ha collaborato
con Federico Quaglini, allora conduttore di Radio Maria, nella trasmissione Il fratello e nella
rubrica Beati gli ultimi. I messaggi, che lei scriveva e poi leggeva il
sabato notte a Radio Maria, sono ancora oggi un vero tesoro di spiritualità e
di mistica.
Nel messaggio di Pasqua 1995 Nuccia dice di sé:
Nella sua infinita misericordia e sapienza, il Signore ha preparato per
me un corpo debole, per il trionfo della sua potenza d’amore… Grazie alla croce
di Cristo, oggi posso affermare con l’apostolo Paolo “Non sono più io a vivere,
è Cristo che vive e opera in me”. Grazie alla croce, la mia vita,
apparentemente spezzata, sterile, vuota, ha pian piano acquistato significato.
Anche nella malattia, nella sofferenza, una creatura come me ha potuto e può
ancora rendersi utile, offrendo a Dio i meriti della sua croce, in unione a
quella di Cristo ed elevare preghiere di intercessione per la salvezza
dell’umanità. … Uniti a Cristo, è possibile perfino amare la croce e soffrire
con dignità, pronti a consegnarci nelle mani di Colui che, solo, sa trarre dal
dolore la gioia. Si, fratelli, la gioia nasce dal dolore, perché la gioia è
frutto della sofferenza, per cui gioia e dolore sono facce della stessa moneta:
la vita. Allora, coraggio, uniamoci tutti a Cristo e partecipiamo alla sua
sofferenza, mediante l’offerta di noi stessi. Ricordiamo che, se partecipiamo
alla sua morte, un dì saremo anche partecipi della sua gloria, perché non c’è
resurrezione senza morte. Nuccia.
Per Nuccia Tolomeo la causa iniziò nel 2009 dall’arcivescovo Ciliberti e conclusa sempre da Bertolone. Il miracolo che l’ha portata alla beatificazione riguarda Ida Carella, di Crotone, protagonista di una gravidanza extrauterina il cui esito sarebbe stato infausto, secondo la scienza medica e che, nonostante i molteplici inviti ad abortire, pur consapevole dei rischi, la signora decise di portare avanti la gravidanza. L’iniziativa di invocare la Tolomeo fu presa dal cappellano dell’Ospedale al quale si unì la signora, altre mamme ricoverate e il marito.
L’11 febbraio 2014 il ginecologo, nel praticare l’ecografia, notò che la gravidanza stava seguendo "inspiegabilmente" un percorso regolare che giunse a compimento il 5 agosto 2014: nacque un bambino sano. Il 6 aprile 2019 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto sulle virtù eroiche e, il 29 settembre 2020, il decreto relativo al miracolo.
Il giorno fissato per la memoria liturgica per la Tolomeo è il 19 aprile, giorno della nascita, mentre per Mariantonia Samà è il 27 maggio, giorno della morte. Per entrambe le figure l’allora arcivescovo Bertolone ha scritto due lettere pastorali all’arcidiocesi.
Dall'omelia del card. Semeraro, prefetto della Congregazione dei Santi:
la sua fu una vita colma di sofferenza, ma fu pure una vita ricolmata e ricolma d’amore. Segnata come fu sin dai primi anni di vita da una paralisi progressiva e deformante, per amore di Cristo ella trasformò la sua disabilità in apostolato per la redenzione dell’uomo. Ripetendo: Ti ringrazio Gesù di avermi crocifissa per amore, divenne ella stessa un esempio di gratitudine per la vita ricevuta. «Sono Nuccia – diceva – una debole creatura in cui si degna operare ogni giorno la Potenza di Dio». In effetti la sua vita terrena fu ricca non di eventi e opere grandiose, ma di grazia e di adesione totale al volere di Dio nella semplicità quotidiana. Due mesi prima di morire lanciò ai giovani di Sassari questo messaggio: «Ho 60 anni, tutti trascorsi su un letto; il mio corpo è contorto, in tutto devo dipendere dagli altri, ma il mio spirito è rimasto giovane. Il segreto della mia giovinezza e della mia gioia di vivere è Gesù. Alleluia».
«Conveniva che Dio rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza». Quello che Dio ha fatto nel capo lo ha fatto anche nelle membra di Lui. È questa la storia della santità: di queste due beate, ma non di loro soltanto.
Quella della santità, infatti, è la storia della forza di Dio nella debolezza umana. Così è stato per la Vergine Maria: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente» (Lc 1,49); così per tutti. La santità è, come insegna Papa Francesco, proprio l’incontro della debolezza umana con la forza della grazia (cf. Gaudete et exsultate, n. 34).
Vedi anche: http://www.nucciatolomeo.it/