Questa sera torna la festa di Halloween a far dimenticare ai nostri bambini la festa di tutti i Santi e il ricordo affettuoso (e non "tenebroso") dei nostri defunti. Ne parla in video il giovane prof. di religione Emmanuele Magli e su Il foglietto della Domenicadon Giuseppe Lacerenza, ssp. In fondo trovi anche un racconto di Andrea Camilleri sulle tradizioni siciliane per la notte dei defunti.
SPIRITO PIENO O ZUCCA VUOTA?
Ogni anno la Chiesa celebra la solennità di
Tutti i Santi, per ricordare che la nostra vita terrena è orientata alla vita eterna in cielo, e
che già ora viviamo in comunione con chi,
avendo vissuto una fede autentica, ora contempla Dio nella beatitudine celeste. I santi sono modelli da seguire per vivere da figli di Dio,
con Cristo che ci indica la direzione per riconoscere la volontà di Dio nella nostra vita. La solennità di Tutti i Santi è quindi una festa di speranza in cui il cielo e la terra si incontrano per
ricordarci che il nostro fine è la santità: è una ricorrenza importante che riempie i cuori e lo
spirito dell’amore di Dio.
Per tale motivo, non si spiega perché, negli ultimi anni, anche nei nostri paesi europei,
si è diffusa la festa di Halloween. Tutti ricordiamo le pellicole
cinematografiche
americane in cui i
bambini girano mascherati per le case pronunciando la
famosa frase «Dolcetto o scherzetto». Già questa tradizione mostra
quanto la solennità
sia stata svuotata
del suo vero significato, riducendola a
una carnevalata, in
cui alla memoria
dei santi si sostituisce l’evocazione di
streghe, zombi, e la
minaccia di scherzetti più o meno innocui. Un’usanza inutile
che però nasconde qualcosa di estremamente pericoloso: il satanismo.
Se noi diamo poco valore a questa ricorrenza, privandola del suo significato spirituale,
non fanno altrettanto coloro che praticano i riti satanici, e proprio in questa notte celebrano messe nere, profanano i cimiteri utilizzando le ossa dei defunti per i loro riti e compiono tante altre azioni persino criminali, danneggiando l’animo umano e privandolo della
sua dignità filiale con Dio.
Perciò a noi la decisione: desideriamo vivere in pienezza la nostra comunione con i
santi e con tutti i nostri fratelli e sorelle, oppure vogliamo permettere che regni il potere
del male e il vuoto interiore? Spirito pieno o
zucca vuota?
PRIMA CHE ARRIVASSE HALLOWEEN...
da Racconti quotidiani di ANDREA CAMILLERI – tratto da “Qua e là per l’Italia” – Alma Edizione, Firenze, 2008.
Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio.
Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo. I giocattoli erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi. Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre.
I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, carcagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere e con la tromba in bocca o una coloratissima ballerina in un passo di danza. A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». Domanda che non facemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scomparso l’anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante triciclo.
Insomma il 2 di novembre ricambiavamo la visita che i morti ci avevano fatto il giorno avanti: non era un rito, ma un’affettuosa consuetudine. Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l’albero di Natale e lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, materialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci aveva preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un microscopio fantascientifico. E così diventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire.
Spirito del Signore, dono del Risorto agli apostoli del cenacolo, gonfia di passione la vita dei tuoi presbiteri. Riempi di amicizie discrete la loro solitudine. Rendili innamorati della terra, e capaci di misericordia per tutte le sue debolezze. Confortali con la gratitudine della gente e con l’olio della comunione fraterna. Ristora la loro stanchezza, perché non trovino appoggio più dolce per il loro riposo se non sulla spalla del Maestro. Liberali dalla paura di non farcela più. Dai loro occhi partano inviti a sovrumane trasparenze. Dal loro cuore si sprigioni audacia mista a tenerezza. Dalle loro mani grondi il crisma su tutto ciò che accarezzano. Fa’ risplendere di gioia i loro corpi. Rivestili di abiti nuziali. E cingili con cinture di luce. Perché, per essi e per tutti, lo sposo non tarderà. *** Preghiera per il parroco – anonimo Signore, Ti ringraziamo di averci dato un uomo, non un Angelo come Pastore delle nostre anime. Illuminalo co
FONTE: http://www.atma-o-jibon.org/italiano6/tonino_bello_maria1.htm MARIA Donna dei nostri giorni SAN PAOLO Monsignor Antonio Bello (affettuosamente chiamato don Tonino) è stato vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi dal 4 settembre 1982 fino alla morte avvenuta il 20 aprile 1993. Nato ad Alessano (Lecce) il 18 marzo 1935, ordinato prete 1'8 dicembre 1957, fu educatore in seminario, direttore dell'Ufficio pastorale diocesano di Ugento e parroco a Tricase, sempre nel Leccese. Per alcuni anni ha condiviso la sua abitazione con famiglie di sfrattati: ha preso posizione a favore dei marocchini che abitavano nella città di Ruvo e li ha ospitati in alcuni appartamenti del vescovado. Nella stessa città è sorta una comunità di accoglienza, la Casa, per tossicodipendenti, realizzata con il sacrificio di tutta la diocesi. Non a caso sotto lo stemma episcopale c'è un versetto del Salmo 34: «Gli umili ascoltino e si rallegrino». Ha pubblicato: Sotto la croce de
Ho già raccolto in un precedente post i racconti di Bruno Ferrero (salesiano, 1946) sul Natale. Ora ho trovato altri racconti raccolti nel sito della Parrocchia di Piumazzo (non solo di Bruno Ferrero) e, del nostro autore, nel sito di Qumran e in quello della Parrocchia di Santa Maria del Pozzo (Ardore Marina, Reggio Calabria), di cui riporto le prime storie: LA VISITA Un giorno, in una parrocchia, arrivò un messaggio direttamente dal Paradiso. «Questa sera verrò a farvi visita. Gesù». Il parroco si affrettò ad annunciarlo a tutti e la gente arrivò in massa per vederlo. Tutti si aspettavano da Gesù una bella predica, ma egli si limitò a sorridere al momento delle presentazioni e disse: «Buonasera». Erano tutti disposti a ospitarlo per la notte, soprattutto il parroco, ma egli rifiutò gentilmente l’invito e disse che avrebbe trascorso la notte in chiesa. Cosa che tutti approvarono. Egli se ne andò senza far rumore l’indomani mattina presto, prima che venissero aperte le port
La Bibbia sul podio - Il libro più copiato dagli amanuensi. - Il primo libro (stampato da Gutenberg). - Il libro più letto e tradotto del mondo (la Bibbia è stata tradotta in 2.355 lingue e leggendola ad alta voce ci vogliono circa 70 ore per completarla; leggendo 4 capitoli al giorno, in un anno si può realizzare l'impresa!) - Il libro che ha ispirato il numero maggiore di artisti a realizzare grandi opere d'arte (cfr. pagina dedicata all'arte) ALTRO MATERIALE: schema sulla Bibbia - apri e scarica in formato pdf Storia della salvezza Guida essenziale alla lettura e comprensione della Bibbia Primo Gironi - biblista Il nome " Bibbia " - con cui siamo abituati a chiamare la raccolta dell'Antico e del Nuovo Testamento - è l'adattamento del plurale greco biblia , che significa " i libri ". Infatti, la Bibbia si presenta al lettore come una grande biblioteca, i cui 73 volumi (46 conten
La popolarità di don Tonino Bello non è mai venuta meno, tuttavia la visita del Papa ai suoi luoghi nel 25° dalla sua morte, ha riacceso i riflettori su questo vescovo noto anche per i suoi scritti spirituali. Qui ne raccolgo alcuni presenti on-line. " Il laico è colui che porta la veste battesimale nei cantieri e la tuta di lavoro in chiesa " “ Donaci, Signore, la forza di frantumare tutte le tombe in cui la prepotenza, l’ingiustizia, l’egoismo, il peccato, la solitudine, la malattia, il tradimento, la miseria, l’indifferenza hanno murato gli uomini vivi ”. " Se la fede ci fa essere credenti, e la speranza ci fa essere credibili, è solo la carità che ci fa essere creduti". Cambiare la storia Chi spera cammina, non fugge! Si incarna nella storia! Costruisce il futuro, non lo attende soltanto! Ha la grinta del lottatore, non la rassegnazione di chi disarma! Ha la passione del veggente, non l'aria avvilita di c