Papa Francesco e la politica italiana


Il viaggio in Romania è stato occasione anche per parlare della politica in generale e della politica italiana in particolare. 

Sul volo al ritorno dal suo viaggio in Romania, il Pontefice risponde alle domande dei giornalisti: "Pregate perché l'Europa torni a essere il sogno dei padri fondatori". Sulle voci di udienza negata a Salvini: "L'udienza va chiesta e nessuno del governo ha fatto richiesta, a parte il premier Conte: un uomo intelligente". E confessa: "Non capisco la politica italiana".

Il successo di Salvini era stato inoltre letto come sconfitta della linea politica della Chiesa italiana e del Papa. Sul suo mancato incontro col Papa ribatte in tv (neanche un'ora dopo): «Lo chiederò sicuramente, senza dirlo pubblicamente».
Ieri non avrà fatto fare salti gioia al vicepremier leghista - ribadisce La Stampa - neanche il forte mea culpa del Papa sulla questione dei rom. Incontrandoli a Blaj, nel suo ultimo giorno di visita in Romania, chiede «perdono» per le «discriminazioni, le segregazioni e i maltrattamenti» subiti dalle comunità nomadi nel corso della storia. A nome della Chiesa domanda scusa perché «anche i cattolici non sono estranei a tanto male» compiuto. Francesco confessa che questo è «un peso che porto nel cuore». E dice senza mezzi termini che «non siamo fino in fondo cristiani, e nemmeno umani, se non sappiamo vedere la persona prima delle sue azioni, dei nostri giudizi e pregiudizi».
Socci non perde occasione per attaccare il Papa accusandolo di non aver condannato il comunismo. In effetti non usa quella parola, ma un più generico "regime dittatoriale ateo". E lo fa beatificando sette vescovi martiri caduti sotto i soprusi del sistema comunista che in Romania è stato particolarmente duro.

Ecco alcune dichiarazioni e riflessioni:

Santità, nella campagna elettorale per le recenti elezioni europee alcuni leader sovranisti, a cominciare dal vicepremier Matteo Salvini in Italia, hanno esibito simboli religiosi nei comizi: bacio del Rosario, affidamenti al cuore immacolato di Maria eccetera. Che impressione le ha fatto? Ed è vero che lei non vuole incontrare Salvini?
«Io non ho sentito che nessuno del governo, eccetto il premier, abbia chiesto udienza, nessuno. Per una udienza si deve parlare alla Segreteria di Stato. Il premier Conte l’ha chiesta ed è stata fatta come indica il protocollo. Una bella udienza, un’ora o più forse, un uomo intelligente, un professore. I vicepremier non li ho ricevuti, altri ministri neppure. Ho ricevuto il Presidente della Repubblica… Leggendo i giornali, non sono entrato in queste notizie, come ha fatto propaganda un partito o l’altro… E poi mi confesso ignorante, non capisco la politica italiana, è vero che devo studiare… Dire un’opinione sulla campagna elettorale di uno dei partiti non sarebbe molto prudente. Io prego perché gli italiani si uniscano e siano leali. Io sono italiano perché sono figlio di emigranti italiani, tutti i miei fratelli hanno la cittadinanza, io non ho voluto perché il vescovo deve essere della patria. C’è nella politica di tanti Paesi la malattia della corruzione, dappertutto. Ma domani non dite, “il Papa ha detto che la politica italiana è corrotta”, no, è una malattia universale. Dobbiamo aiutare i politici a essere onesti, a non fare campagna con bandiere disoneste, la calunnia, la diffamazione, gli scandali o, come accade tante volte, seminando odio e paura: questo è terribile. Un politico mai, mai deve seminare odio e paura, soltanto speranza. Giusta, esigente, ma speranza: perché deve condurre il Paese lì». 
 Lei ha parlato di fraternità ma in Europa cresce il numero di quelli che preferiscono camminare da soli. Perché è così e cosa deve fare l’Europa per cambiare?
«Tutti siamo responsabili della Unione europea, tutti. La rotazione del presidente è simbolo della responsabilità che ognuno dei Paesi ha dell’Europa. Se l’Europa non guarda bene le sfide future, appassirà. A Strasburgo dissi che sta finendo di essere la mamma Europa e sta diventando la nonna Europa. Si è invecchiata, ha perso l’impulso a lavorare assieme. Qualcuno forse si domanderà: non sarà la fine di un sogno durato settanta anni? L’Europa ha bisogno di riprendere se stessa, superare le divisioni. Stiamo vedendo delle frontiere, e questo non fa bene. È vero che ognuno dei Paesi ha la sua cultura e deve custodirla, ma con la mistica del poliedro: si rispettano le culture di tutti, ma tutti uniti. Che l’Europa non si lasci vincere dal pessimismo o dalle ideologie, perché l’Europa è attaccata non con cannoni o bombe ma da ideologie che non sono europee, vengono da fuori. Pensiamo all’Europa divisa e belligerante del ’14, del ’33, del ’39… Impariamo da questo, impariamo dalla storia, non cadiamo nello stesso buco».

Papa Francesco, gli strani silenzi sul comunismo: l'accusa di Antonio Socci

Incurante dell' ennesima, cocente, sconfitta elettorale (o forse proprio per questo), con rabbiosa ostinazione, papa Bergoglio prosegue la sua campagna elettorale, come leader politico della sinistra mondiale. Infatti continua a ripetere le sue invettive in perfetta sintonia con tale parte politica. I siti di tutti i giornali ieri titolavano: «Il Papa in Romania: "Non cedere alle seduzioni di una cultura dell' odio"».
Espressione volutamente vaga, tipica di chi lancia il sasso nascondendo la mano, però sapendo che - trattandosi di una parola d' ordine della sinistra - verrà poi interpretata come accusa contro chi si oppone a un' emigrazione di massa e incontrollata (contro i Salvini, i Trump eccetera). Ecco infatti cos' ha detto: c' è «un senso dilagante di paura che, spesso fomentato ad arte, porta ad atteggiamenti di chiusura e di odio. Abbiamo bisogno di aiutarci a non cedere alle seduzioni di una "cultura dell' odio"». In realtà la frittata è facilmente rovesciata da chi è fatto bersaglio di tali accuse, perché in queste settimane si è visto tracimare odio ideologico soprattutto negli ambienti clericali.
Inoltre - storicamente - l' odio è sempre stato il connotato tipico della sinistra. E qui c' è un problema di luogo e di tempo. Bergoglio ieri ha fatto una gaffe andando a pontificare sull' odio (ovvero contro chi si oppone all' emigrazione di massa), laddove per decenni ha imperversato l' odio vero: il crudele e sanguinario odio del regime comunista. Eppure è lo stesso viaggio in Romania che avrebbe dovuto far riflettere Bergoglio perché lo pone di fronte agli orrori di quell' ideologia dell' odio. Basti dire che, oggi a Blaj, il papa assisterà alla beatificazione di sette vescovi greco-cattolici martirizzati dal comunismo «in odio alla fede» tra 1950 e 1970. Ma Bergoglio non si sofferma mai sui macelli del comunismo, che è stato il più colossale, sanguinario e satanico tentativo di sradicamento del cristianesimo dalle anime dei popoli tramite la macellazione dei cristiani. Anzi, di fronte all' orrore planetario che questa ideologia dell' odio ha prodotto per tutto il Novecento (e che perdura tuttora) Bergoglio è arrivato ad affermare che la «cultura dell' odio» contro cui si scaglia lui, sarebbe quasi più pericolosa del comunismo: «Una cultura individualista che, forse non più ideologica come ai tempi della persecuzione ateista, è tuttavia più suadente e non meno materialista».
SCIENZIATI DELLA TORTURA
Parole pronunciate in un Paese, la Romania, che fin dal 1945, quando l' Urss ha imposto il comunismo a questo Paese, ha visto scatenarsi il terrore rosso con il suo terribile Gulag. «Secondo i dati forniti dall' Istituto di Investigazione dei Crimini del Comunismo in Romania» ha spiegato Violeta Popescu «durante il regime comunista, nel Paese esistevano 44 carceri e 72 campi di lavoro forzato in cui sono passati oltre 3 milioni di romeni, 800.000 dei quali sono morti» (nota bene: la Romania non arriva a 20 milioni di abitanti).
Il regime comunista della Romania ha portato un suo speciale contributo alla storia degli orrori rossi elaborando forme di tortura e di distruzione della personalità umana che nemmeno nel Gulag sovietico si erano sperimentate. E il peggio assoluto è stato inflitto ai cristiani per ottenere il loro annientamento totale. Alle torture classiche sono stati aggiunti nuovi particolari supplizi destinati a ridurre in poltiglia non solo i corpi delle vittime, ma anche le loro anime. Nel famigerato carcere di Pitesti, ad esempio, i detenuti «erano obbligati a ingurgitare un' intera gamella di escrementi e quando vomitavano gli veniva ricacciato il vomito in gola», scrive Virgil Ierunca in «Pitesti, laboratoire concentrationnaire».
Il quale riferisce anche i particolari supplizi a cui erano sottoposti i giovani cristiani che non volevano rinnegare la loro fede: tutte le mattine venivano «battezzati» con l' immersione della loro testa «in una tinozza piena d' urina e di materia fecale» e «perché il suppliziato non annegasse di tanto in tanto gli si tirava fuori la testa e lo si lasciava respirare un attimo prima di reimmergerlo in quella mistura».
I seminaristi erano anche obbligati ad assistere a messe nere e cerimonie sacrileghe con corredo di bestemmie per «rieducazione». Il tutto sommato alle note torture fisiche. Un repertorio agghiacciante di esse si trova nel libro «Catene e terrore» di Ioan Ploscaru, vescovo rumeno morto del 1998, a 87 anni. Nel volume c' è il racconto dei quindici anni trascorsi nel lager comunista in condizioni bestiali. Lì - se Bergoglio volesse leggere - si trova descritto il vero odio satanico contro i cristiani e contro l' essere umano. Insieme al commovente eroismo di questi martiri cristiani che mai - neanche nei più atroci supplizi - hanno provato odio per gli aguzzini (si tratta di cristiani veri, quelli della Chiesa di sempre, la Chiesa di Pio XII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI). Un' altra testimonianza impressionante è quella che padre Tertulian Ioan Langa, sacerdote greco-cattolico, lesse in Vaticano il 23 marzo 2004, a 82 anni, di cui sedici trascorsi nell' inferno del lager comunista (l' ha appena ripubblicata Sandro Magister nel suo blog «Settimo cielo»). Sottolineo: nel 2004. Al tempo di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI in Vaticano risuonavano le testimonianze dei martiri cristiani. Al tempo di Bergoglio in Vaticano si riceve il Centro sociale Leoncavallo con altri movimenti di estrema sinistra sudamericani.
COSA PENSERANNO?
Questo è il punto. La visita in Romania, simbolo del martirio cristiano sotto il comunismo, ripropone la domanda sull' attuale vertice vaticano: cosa avrebbero pensato le vittime cristiane del comunismo nel vedere papa Bergoglio accettare, compiaciuto, da Evo Morales, il simbolo della falce e martello con sopra l' immagine di Cristo? E cosa possono pensarne i cristiani cinesi che, avendo resistito per decenni alle persecuzioni e ai lager comunisti, si sono trovati adesso abbandonati dal Vaticano, da quando Bergoglio ha sostanzialmente fatto arrendere la Chiesa al regime di Pechino con il noto e discusso accordo?
A 30 anni esatti dal massacro di Tienanmen nulla è cambiato nell' universo comunista cinese in fatto di diritti umani. Ma il Vescovo di Roma che in passato ha definito i nostri «campi di rifugiati» dei «campi di concentramento» (suscitando la protesta di un' organizzazione ebraica, l' American Jewish Committee), poi non vede i campi di concentramento veri del nostro tempo: quelli cinesi. Il problema infatti non è solo il comunismo del passato, ma anche quello attuale. Ricordiamo che Bergoglio, durante il viaggio a Cuba, si recò a visitare il dittatore comunista Fidel Castro e fu immortalato mentre gli teneva amichevolmente le mani (lui che ha fatto sapere che non vuol dare la mano a Salvini). Cosa avranno pensato i cristiani di Cuba che per decenni hanno dovuto sopportare l' oppressione del regime di Castro? L' ambiguità di Bergoglio verso il comunismo è palese. C' è chi ritiene che sia tipica di una certa chiesa sudamericana.
Nei giorni scorsi - dopo l' episodio del cardinale elettricista nel tombino per riattaccare la luce - il professor Francesco Margiotta Broglio, professore emerito di diritto ecclesiastico e presidente uscente (per la parte italiana) della Commissione per l' attuazione del Concordato, ha rilasciato al Messaggero un' intervista che era assai pungente su Bergoglio: «Ha importato il Sudamerica a Roma, uno stile da Chiesa della liberazione Il Papa somiglia a quelli della Teologia della Liberazione, del resto da quel continente lì arriva». L' episodio del cardinale elettricista, secondo il professore, «fa il paio con l' invito del Papa agli zingari in Vaticano. Con Francesco la Teologia della Liberazione è arrivata anche a liberare i contatori». La sua conclusione, rivolta ai cardinali, è questa: «Volevano un Che Guevara? Ed eccolo».
di Antonio Socci

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