Ancora sulla comunione ai divorziati (e sulla validità di Amoris laetitia)
Secondo Magister
il cardinale prospetta di suo – esplicitamente – un solo caso di eventuale accesso alla comunione da parte di un cattolico passato a una nuova unione e con il primo coniuge ancora in vita. Ed è il caso in cui il primo matrimonio, pur celebrato in chiesa, sia da considerarsi invalido per l'assenza di fede o di altri requisiti essenziali nel momento della celebrazione, ma tale invalidità “non può essere provata canonicamenteˮ.Commenta Tornielli:
Non solo l'autore del blog “Settimo Cieloˮ riconosce che il cardinale considera questo caso come accettabile ma sembra che lo consideri accettabile anche lui stesso. E afferma persino che questa tesi era già stata proposta da Joseph Ratzinger.Buttiglione, e con lui Muller, rispondono "amichevolmente" alle critiche mosse al Papa con i dubia e le accuse di eresia. Scrive Muller:
Siamo testimoni di un paradossale capovolgimento dei fronti. I teologi che si vantano di essere liberal-progressisti, che precedentemente, per esempio in occasione della enciclica Humanae Vitae, hanno messo in questione radicalmente il Magistero del Papa, adesso elevano qualunque sua frase, che sia di loro gusto, quasi al rango di un dogma. Altri teologi, che si sentono in dovere di aderire rigorosamente al Magistero, adesso fanno l’esame ad un documento del Magistero secondo le regole del metodo accademico, come se fosse la tesi di un loro studente.E prosegue:
L'elemento formale del peccato è l'allontanamento da Dio e dalla sua santa volontà, esistono però diversi livelli di gravità a secondo del tipo di peccato. I peccati dello spirito possono essere più gravi dei peccati della carne. L'orgoglio spirituale e la avarizia introducono nella vita religiosa e morale un disordine più profondo che non l’impurità derivante dalla debolezza umana. L'apostasia dalla fede, la negazione della divinità di Cristo pesano più che non il furto e l'adulterio; l'adulterio poi fra sposati pesa di più di quello con non sposati e l'adulterio dei fedeli, che conoscono la volontà di Dio, pesa più di quello degli infedeli (cfr. Tommaso d'Aquino, S. th. I-II q.73; II-II q.73 a.3; III q.80 a. 5). Inoltre per la imputabilità della colpa nel giudizio di Dio bisogna considerare i fattori soggettivi come la piena coscienza e il deliberato consenso nella grave mancanza contro i comandamenti di Dio che ha come conseguenza la perdita della grazia santificante e della capacità della fede di diventare efficace nella carità (cfr. Tommaso d’Aquino S.th. II-II, q.10 a.3 ad 3).
Questo però non significa che adesso Amoris laetitia art. 302 sostenga, in contrasto con Veritatis splendor 81, che, a causa di circostanze attenuanti, un atto oggettivamente cattivo possa diventare soggettivamente buono (è il dubiumn.4 dei cardinali). L’azione in sé stessa cattiva (il rapporto sessuale con un partner che non è il legittimo sposo) non diventa soggettivamente buona a causa delle circostanze. Nella valutazione della colpa, però, possono esservi delle attenuanti e le circostanze ed elementi accessori di una convivenza irregolare simile al matrimonio possono essere presentati anche davanti a Dio nel loro valore etico nella valutazione complessiva del giudizio (per esempio la cura per i figli avuti in comune che è un dovere che deriva dal diritto naturale).
Le situazioni esistenziali sono molto differenti e complesse e l’influsso di ideologie nemiche del matrimonio è spesso prepotente. Il singolo cristiano può ritrovarsi senza sua colpa nella dura crisi dell’essere abbandonato e del non riuscire a trovare nessuna altra via d’uscita che l’affidarsi a una persona di buon cuore e il risultato sono delle relazioni simil-matrimoniali. C’è bisogno di una particolare capacità di discernimento spirituale nel foro interno da parte del confessore per trovare un percorso di conversione e di re-orientamento verso Cristo che sia giusto per la persona, andando al di là di un facile adattamento allo spirito relativistico del tempo o di una fredda applicazione dei precetti dogmatici e delle disposizioni canoniche, alla luce della verità del Vangelo e con l’aiuto della grazia antecedente.Commenta ancora Tornielli:
Non si tratta qui di cadere nella «casuistica», ciò nella esatta definizione e catalogazione di casi e circostanze nei quali potrebbe esservi l'ammissione ai sacramenti, da fissare in specifici manuali, adatti per sollevare la grande e faticosa responsabilità del discernimento a cui sono chiamati, insieme ai penitenti, i loro confessori. Né si tratta di rivendicare la comunione come un diritto, la partecipazione all'eucaristia come qualcosa di dovuto, a prescindere da un cammino di penitenza e di presa di coscienza del proprio stato.
Nessun relativismo, nessuna faciloneria. Ma neanche quella «fredda applicazione dei precetti dogmatici» (sic!) che tanto appassiona chi fa gli esami di dottrina persino al Papa finendo con l'essere incapace di distinguere e di discernere: le storie, le vite delle persone non sono tutte uguali e difficilmente rientrano con facilità matematica nelle note dei manuali di morale.E conclude:
Non è infine escluso che “Amoris Laetitiaˮ possa essersi trasformata, almeno per alcuni, nell'occasione per dar sfogo a sentimenti da lungo tempo accumulati contro il Concilio Ecumenico Vaticano II e contro i Papi del Concilio, tutti quanti. Il pretesto però, è stato scelto male, come dimostra ciò che è avvenuto in questi giorni con le “correctionesˮ a cui sono stati costretti i correttori. Troppi si sono auto-attribuiti l'autorità di sant'Atanasio. Troppi vogliono trascinare i presunti “ereticiˮ davanti al loro auto-costituito tribunale arrivando ad accusare di eresia persino il Papa. In troppi provocano continua confusione nei loro circoli mediatici autoreferenziali per poi dire che oggi nella Chiesa «c'è confusione».