SUL RAPPORTO SESSUALE
Dalla
capacità di unire e coinvolgere profondamente
due esseri umani e dal potere che ne deriva di generare una nuova vita,
l’atto sessuale è da sempre visto dalla Chiesa come un atto talmente importante
da poter essere lecitamente vissuto solo da una coppia eterosessuale sposata
sacramentalmente. Solo in questa condizione il dono totale di sé, espresso
nell’atto sessuale, risulta coerente e puro. Nelle altre condizioni esso è contraddetto
da una indisponibilità (almeno implicita, perché due amanti con estrema
facilità si promettono eterno e totale amore) a donarsi la vita per sempre.
Ripeto:
l’ideale è grande[1]
ma il fatto che la pienezza di significato del rapporto sessuale si viva solo
all’interno del matrimonio svaluta e rende peccaminoso ogni rapporto vissuto al
di fuori del matrimonio? C’è una gerarchia di gravità del peccato: gli atti
compiuti vanno valutati in base a quanto essi si avvicinano (e, di conseguenza,
si allontanano) dall’ideale proposto. La mia personale impressione è che la Chiesa
abbia dato al rapporto sessuale un valore eccessivo, confondendo quello che è
il mezzo più potente di comunione, di amore e di fecondità col fine (appunto
l’unione e la procreazione). Forse il fatto che la maggior parte dei moralisti
siano presbiteri che hanno fatto voto di continenza ha maggiormente idealizzato
il rapporto sessuale a cui essi hanno rinunciato. Scrive un noto moralista:
I moralisti si sono
collocati quasi sempre nella perfezione per giudicare il comportamento
sessuale; hanno valutato la condotta sessuale non a partire dal minimo (come è
successo per altri aspetti della vita morale), ma a partire dal massimo, senza
ammettere la legge del progresso
perfettivo della virtù e della legge della situazione diversa
dell’individuo. Inconsciamente, si è stabilita una morale sessuale per i
“superpuri”; una morale sessuale che è stata applicata a tutti senza
distinzioni di nessun tipo (…). Non si può pensare a una certa sfumatura di avversione
inconscia alla sessualità per il fatto di non poter mettere in atto certi
comportamenti sessuali?[2]
Una
cosa è il rischio di banalizzare e adulterare uno strumento potente, altra il
relegarlo al solo ambito matrimoniale e ritenere peccaminoso ogni atto vissuto
al di fuori. Se si indica un ideale si può ritenere negativo tutto ciò che non
raggiunge in pieno tale ideale?
Non intendo con ciò giustificare in toto i rapporti
pre-matrimoniali come fanno coloro che li considerano il modo per conoscersi e per
armonizzarsi in vista di una unione definitiva veramente consapevole e stabile.
Si deve
“provare” per valutare? In realtà, ci dicono molti sessuologi, l’armonia
sessuale è un cammino, non è frutto di tecniche ma di amore, rispetto,
attenzione all’altro, dialogo aperto e sincero. Non dimentichiamo inoltre che l’intensità
emotiva e il piacere che in genere accompagna il rapporto sessuale conduce
facilmente l’individuo ad essere trascinato dalla pulsione e passione erotica, arrivando
ad oscurare l’intelligenza e la coscienza, e impedire un sincero discernimento
sul rapporto di coppia.
La cultura sessuale occidentale, libera dalla
morale cristiana tradizionale, è schiava di un’altra morale: quella del
godimento, della ricerca del piacere personale. “L’atto sessuale è allora una
masturbazione, a volte reciproca…con un po’ di fortuna”[3].
La prima volta
Nel film di
Paolo Genovese, Perfetti sconosciuti (2016),
vengono mostrate le ipocrisie e infedeltà di un gruppo di coppie. C’è un unico
momento positivo: Sofia, la figlia quasi diciassettenne di una delle coppie
protagoniste, è di fronte alla scelta della prima volta. Indecisa se restare
fuori con il suo ragazzo o no, telefona al padre per un consiglio. E il padre,
fra mille difficoltà, alla fine trova le parole giuste: “Io non ti so dire cosa
fare, ma ricorda che è un passaggio importante della vita e che quando lo ricorderai
dovrai poter sorridere…”.
Se la verginità era
considerata un valore e una dote da offrire al proprio sposo, oggi è sentita
come un fardello da cui liberarsi il prima possibile per sentirsi normali e poter
essere ben considerati dai propri amici. Così l’età della prima volta si
abbassa sempre più (oggi è tra i 14 e i 17 anni, ma l’età media continua a
scendere) e una vita sessualmente attiva sembra essere solo un gioco per
trovare serenità e piacere. Si dirà: l’importante è che siano consenzienti, che
lo vogliano entrambi. Ma siamo sicuri del consenso di una minorenne che teme di
apparire – agli occhi del ragazzo – immatura nel negarsi? E’ veramente libera
di fronte a ricatti affettivi del tipo: “se mi vuoi veramente bene come puoi dir
di no?”. Per essere veramente capace di acconsentire ad un atto sessuale
occorre che prima ci si conosca e ci si rispetti comprendendo cosa veramente si
vuole. Non si può dunque pretendere che un adolescente sia capace ad esprimere
un chiaro e libero consenso: la sua libertà deve maturare, così come deve
chiarirsi la sua identità.
[1] “L'unione
dell'uomo e della donna nel matrimonio è una maniera di imitare, nella carne,
la generosità e la fecondità del Creatore” (CCC 2335)
[2] M. Vidal
op.cit, p.216
[3] T. Hargot, op.cit.