XXXII domenica del tempo ordinario: i sadducei e il caso della donna moglie di 7 fratelli.
I
sadducei, gruppo religioso molto attivo ai tempi di Gesù, non credono nella resurrezione dei morti: la
rifiutano pensando che essa consista nella ripetizione della vita già vissuta,
nel suo proseguimento “naturale”. Gesù risponde loro affermando che la
resurrezione ci introdurrà in una realtà divina, diversa dalla presente, ma ad
essa legata: la resurrezione consiste nell’amare. Chi ama è già passato dalla
morte alla vita, perché Dio è amore e il nostro stesso amore ci fa partecipare
alla vita piena ed eterna di Dio. É Lui che ci ha creati con il desiderio di un
amore eterno che possa superare la realtà della morte.
Nella
cultura dei sadducei, la moglie è un oggetto di proprietà del marito,
attraverso cui egli può trasmettere la propria vita alle generazioni future e
così sopravvivere a se stesso. Se questa è la prospettiva allora si capisce il
problema posto dai sadducei: di chi sarà? Non possono dividerla in sette pezzi.
Il problema è reale se uno ragiona nell’ottica dell’avere, mentre la
prospettiva che Gesù pone è un’altra: la sessualità, l’unione tra marito e
moglie non è per trasmettere la vita e per vincere ipoteticamente la morte
almeno nei figli. Spesso crediamo che il corpo, la sessualità, la vita siano
cose che si hanno e si devono consumare, invece è qualcosa che siamo e che ci
mettono in relazione con gli altri.
“Quelli che risorgono non prendono moglie né marito”. Facciamo attenzione: Gesù non dichiara la fine
degli affetti. Quelli che risorgono non si sposano, ma danno e ricevono amore
ancora, finalmente capaci di amare bene, per sempre. Perché amare è la pienezza
dell'uomo e di Dio. Perché ciò che nel mondo è valore non sarà mai distrutto.
Ogni amore vero si aggiungerà agli altri nostri amori, senza gelosie e senza
esclusioni, portando non limiti o rimpianti, ma una impensata capacità di
intensità e di profondità[1].
Nella
Resurrezione non ci sarà il problema di generare, di trasmettere la vita,
perché saremo tutti vivi, quindi non si prende
moglie o marito per generare la vita, ma si vive in eterno quei rapporti vissuti
già ora nell’amore.
“Saranno come angeli”. Gesù adopera l'immagine degli angeli per indicare
l'accesso ad una realtà di faccia a faccia con Dio, non per asserire che gli
uomini diventeranno angeli, creature incorporee e asessuate. No, perché la
risurrezione della carne rimane un tema cruciale della nostra fede, il Risorto
dirà: “non sono uno spirito,
un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho” (Lc 24,36). La
risurrezione non cancella il corpo, non cancella l'umanità, non cancella gli
affetti. Dio non fa morire nulla dell'uomo. Lo trasforma (…).
“Il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe.
Dio non è Dio di morti, ma di vivi”.
In questo «di» ripetuto 5 volte è racchiuso il motivo ultimo della
risurrezione, il segreto dell'eternità. Una sillaba breve come un respiro, ma
che contiene la forza di un legame, indissolubile e reciproco, e che significa:
Dio appartiene a loro, loro appartengono a Dio. Così totale è il legame, che il
Signore fa sì che il nome di quanti ama diventi parte del suo stesso nome. Il
Dio più forte della morte è così umile da ritenere i suoi amici parte
integrante di sé. Legando la sua eternità alla nostra, mostra che ciò che vince
la morte non è la vita, ma l'amore.
Il Dio di Isacco, di Abramo, di Giacobbe, il Dio che è mio e tuo, vive solo se Isacco e Abramo sono vivi, solo se tu e io vivremo. La nostra risurrezione soltanto farà di Dio il Padre per sempre[2].
Il Dio di Isacco, di Abramo, di Giacobbe, il Dio che è mio e tuo, vive solo se Isacco e Abramo sono vivi, solo se tu e io vivremo. La nostra risurrezione soltanto farà di Dio il Padre per sempre[2].
La
morte non distrugge l’individuo, ma lo potenzia: Gesù ne parla utilizzando
l’immagine del chicco di grano che caduto in terra marcisce, per esplodere di nuova
vita. I nostri cari continuano la loro esistenza nella pienezza di Dio, e
l’amore che avevano per noi non viene diminuito ma viene potenziato, perché
continuano ad amarci con lo stesso amore di Dio.
Allora
i nostri cari cosa fanno? La preghiera più nota che ci è stata trasmessa, “l’eterno
riposo”, ci offre un’immagine ben poco appetibile e consolante: riposare per
tutta l’eternità! Che noia! Gesù ci parla piuttosto di una vita che continua,
di un banchetto appetitoso, di un luogo di fraternità e di gioia dove
ritroveremo tutti i nostri cari, i quali sono già ora, e per sempre, accanto a
noi, a fare il tifo per noi.
[1] E. Ronchi, commento
al vangelo della XXXII domenica del tempo ordinario, anno C (2013)
[2] idem
Vedi anche il commento di p.Raniero Cantalamessa: "Il matrimonio non finisce del tutto con la morte, ma viene trasfigurato"
Vedi anche il commento di p.Raniero Cantalamessa: "Il matrimonio non finisce del tutto con la morte, ma viene trasfigurato"