Personaggi: Simone Cristicchi, cantante e, ora, anche scrittore (credente)
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Simone Cristicchi (Roma, 5 febbraio1977) è un cantautore, attore teatrale e scrittore. È stato il vincitore del Festival di Sanremo 2007 con il brano Ti regalerò una rosa. Dal 2017 è il direttore del Teatro Stabile d'Abruzzo. Questa è la sintesi della sua vita secondo wikipedia. L'interesse per questo cantautore non è solo dovuto alla sua musica (che apprezzo), ma alla sua sensibilità religiosa che lo ha portato ad una sorta di conversione che ha raccontato nel libro da poco pubblicato "Abbi cura di me" (San Paolo edizioni, 224 p, 18 euro) così presentato dall'editore:
Cristicchi rimane un uomo inquieto, in ricerca. Il suo approdo presso la Fraternità di Romena e altre realtà spirituali lo fa riflettere anche sulla questione più intima, e riannoda il suo percorso spirituale di cui la canzone presentata a Sanremo 2019 (che dà il titolo a questo libro) offre una sintesi formidabile. Questo libro racconta, emoziona, dibatte, provoca, e invita i lettori e i fan dell'autore di "Ti regalerò una rosa" a non dare nulla per scontato e a continuare a camminare: poiché «la vita è fragile» e siamo «in equilibrio sulla parola "insieme"». Un cammino umano e spirituale alla ricerca dell'essenziale da condividere nel terribile e meraviglioso quotidiano della vita.
Aleteia gli ha dedicato diversi articoli. Questo è il più recente:
Quei giorni alla fraternità di Romena: così Simone Cristicchi ha riscoperto la fede
Il cantautore nel suo ultimo libro parla dell’incontro con Don Luigi Verdi. “Come lui, io ho sempre pensato che la fede debba esprimersi attraverso gesti e opere concrete”
C’è un luogo nella vita di Simone Cristicchi che ha saputo fargli riscoprire quel desiderio di spiritualità che per anni è rimasto socchiuso. Stiamo parlando della fraternità di Romena, in Toscana. Sarà da lì che ripartiranno le domande su Dio e sulla propria fede che segneranno la vita e la carriera del cantautore.
Simone partecipa a uno degli incontri che periodicamente vengono organizzati da quella realtà, un porto di terra ancorato alla bellezza nuda di una pieve romanica, nel verde del Casentino, a un’ora di macchina da Firenze.
I dubbi di Simone
È il settembre del 2016, il cantautore accoglie la proposta di getto, anche se si lascia però accompagnare da qualche diffidenza: teme di trovarsi in una realtà cattolica formattata sui modelli che lo hanno reso scettico in passato di fronte alla dottrina cattolica, cioè, dice Orlandi, basati sulla pretesa di risolvere e chiudere con i dogmi della fede ogni partita con il mistero di vivere.
“L’abbraccio vigoroso e sincero delle persone”
Il timore si dissolve sin dal primo approccio. Romena si presenta subito come un luogo aperto, frequentato da un’umanità larga, da persone che vengono dai percorsi di vita e di fede più diversi, che non hanno bisogno di convergere, ma solo di camminare e sperare insieme. È anche un luogo che, attraverso le ferite di molti suoi viandanti, esprime, paradossalmente, la forza della vita, che sta nell’ammissione della sua fragilità.
«Di Romena – dice Simone – mi è piaciuto subito tutto: l’abbraccio vigoroso e sincero delle persone, la bellezza commovente del luogo, l’autenticità di ogni contatto umano, la libertà che ho respirato. È stato il primo posto nel quale ho sentito concretamente quell’armonia tra spirito e materia che stavo cercando».
Don Gigi
La fraternità, si legge in “Abbi cura di me”, è nata nel 1991 per riprendere l’antica missione della pieve e diventare un punto di sosta per i viandanti di questo tempo, le cui navi sono spesso acciaccate per la fatica di vivere in un mondo accelerato. Come gli antichi pellegrini, passando di là, trovavano un luogo dove fermarsi, rifocillarsi e ripartire, così oggi Romena offre uno spazio dove ciascuno possa appoggiare le proprie fatiche, respirare e ritrovarsi per continuare il cammino nella vita.
“La concretezza della sua missione”
Simone conosce un prete che segna per sempre il suo percorso spirituale: Don Luigi Verdi. Gigi come lo chiamano lì, esprime appieno lo stile della realtà che ha fondato nel 1991 e che continua a guidare: è una persona dall’approccio immediato, senza fronzoli, ma profonda, sensibile, acuta.
«Gigi – prosegue il cantautore – mi ha subito, positivamente, sconvolto. Ero abituato a preti più istituzionali, lui invece si è presentato in questo modo dirompente, fresco, entusiasta. Finalmente, mi sono detto, un religioso che non si sente un Padreterno, ma che si mette davanti al mistero con umiltà. E ho subito ammirato anche la concretezza della sua missione: Gigi dona tutto sé stesso perché tante persone ferite dalla vita trovino respiro e speranza. Io ho sempre pensato che la fede debba esprimersi in questo modo: attraverso gesti e opere concrete».
Dopo quella prima visita Simone torna a Romena. Torna spesso. Non gli era mai successo di potersi sentire così bene in uno spazio legato a un cammino religioso. Nelle persone che frequentano la Fraternità, Simone sente la sua stessa sete di ricerca, in chi la guida una grande disponibilità all’ascolto. Don Luigi sostiene che le risposte immobilizzano e che solo le domande possono far crescere e camminare. E Simone viene qui proprio per questo. Per abitare le proprie domande.
Il richiamo della luce
Spesso si sofferma in silenzio dentro la pieve. Indugia su quella arenaria grezza e nuda, che invita a spogliarsi di sé, a essere semplicemente ciò che si è, e capisce che la scintilla di Romena è proprio lì dentro, consiste nell’invito a rimettere al centro della vita ciò che conta.
Simone consegna alla pieve la sua rabbia soffocata, la invita a mescolarsi con quell’aria antica che sembra capace di sopportare tutto, addirittura di nutrirsi di quelle ferite: la perdita del padre da giovanissimo, la malattia della madre, qualche anno fa.
E mentre indugia con lo sguardo sui chiaroscuri che disegnano quello spazio, si rende conto che anche l’ombra più nera non resiste al richiamo della luce.
SIMONE CRISTICCHI: «SONO UN CREDENTE FUORI CATALOGO»
Una vita segnata dalla perdita del padre e il rischio di chiudersi in se stesso. Poi la rinascita grazie all’ arte e alla spiritualità. «Il mio sogno? Chiedere al Papa cos’ è per lui la felicità».
L'appuntamento è al “Belvedere dei sognatori”, a picco sul lago di Albano, tra il verde dei Castelli romani. Panchina defilata e libro aperto in grembo, Simone Cristicchi la scelta di stare lontano dal centro l’ ha assunta come condizione esistenziale e artistica: vive in campagna, tra Ariccia e Genzano, con la moglie Sara e i due figli, Stella di 7 anni e Tommaso di 11. Negli ultimi tre anni ha composto solo due canzoni perché a folle entusiaste per la hit di turno preferisce l’ incontro con un pubblico che lo aspetta paziente, sapendo che lui c’ è solo quando ha «qualcosa da dire». O come accade in giro per l’ Italia, nei parlatori di qualche convento, dove lo invitano le monache che amano i suoi testi. «Questo è stato il concerto più estremo», dice mostrando una foto dell’ 11 settembre scorso, lui con la chitarra e le carmelitane di Piacenza che lo ascoltano al di là della grata.
GUIDATO DALL’ ISPIRAZIONE
«A un certo punto del mio percorso», racconta, «ho sentito l’ esigenza di togliere invece che aggiungere. Di concentrarmi su poche parole». Queste parole mai banali, associate a una ricerca di senso e a emozioni antiche, con lo sguardo puntato verso gli “invisibili” della società, sono l’ esito di un percorso che è iniziato 42 anni fa, è proseguito con un bambino problematico che disegnava freneticamente, è passato per un adolescente arrabbiato che scopre la musica ed è infine giunto all’ adulto che mi ritrovo davanti, un uomo in ricerca, guidato dal filo rosso dell’ ispirazione. «Quando incontro qualcosa che mi risuona dentro, decido di seguirla». Simone mette giù pensieri, scrive aforismi, prende appunti e poi elabora. Abbi cura di me, la canzone presentata all’ ultimo Sanremo, «è nata così». Il “metodo Cristicchi” è fatto dunque di ispirazione a occhi aperti ma anche di studio e di chilometri. Approfondire, cercare documenti, fare interviste sui temi che lo hanno appassionato è vitale per rispondere a curiosità, da cui nascono poi produzioni diverse: dal viaggio nella chiusura dei manicomi e dall’ amicizia con la poetessa Alda Merini, ad esempio, viene fuori Ti regalerò una rosa, la canzone che nel 2007 gli fa vincere Sanremo. Lo stesso accadrà per i racconti del nonno Rinaldo e poi, alla sua morte, dalle interviste ai reduci di guerra, che danno vita alla pièce teatrale Li romani in Russia; o per la scoperta degli oggetti abbandonati dagli esuli giuliano-dalmati in un locale sul porto di Trieste, da cui nasce un testo sulle foibe, Magazzino 18.
LE DOMANDE DELLA VITA
Il lavoro sulle parole è ben presente nei suoi ultimi testi teatrali: «Dopo aver parlato del “dolore”, in Manuale di volo per l’ uomo, la seconda parola che ho voluto approfondire è felicità». Ha intervistato bambini, carabinieri, buddhisti e preti, monache e scienziati, un’ umanità variegata. «Il mio sogno sarebbe chiedere a papa Francesco cos’ è per lui la felicità». Il documentario sulla felicità, destinato alle scuole, è ormai pronto. E anche il testo teatrale, che debutterà il 28 novembre al Teatro stabile d’ Abruzzo, all’ Aquila, del quale Cristicchi è direttore artistico dal 2017. «Come tutti i miei lavori si chiude con un monologo. Analizzo l’ etimologia di sette parole − fra cui attenzione, umiltà, curiosità − che secondo me sono i mattoncini per costruire la base della felicità». L’ idea gli è venuta quando ha conosciuto le monache di Campello sul Clitunno, eremite che vivono in estrema povertà sulle colline umbre, in un monastero medievale dove Cristicchi ha trascorso diversi periodi di silenzio. «Quando bussai la prima volta mi venne ad aprire questa suorina, Monica, mi sorrise ed ebbi la sensazione di trovarmi di fronte a una persona felice. Ho pensato a quel sorriso e alle monache poi incontrate in giro per l’ Italia, come forma di felicità estrema. E ho capito di aver sbagliato in passato a giudicare questa scelta come fuga, come atto di vigliaccheria. È esattamente l’ opposto: un amore universale per se stessi e per gli altri».
LA PAURA DI MORIRE DENTRO
Campello è la tappa di un percorso di ricerca spirituale che parte dal monte Labro, dove Simone va a incontrare la storia di un uomo di metà ’ 800, Davide Lazzaretti, che, con la Società delle famiglie cristiane, voleva creare un modello universale di convivenza. «Era un illuminato, parlava di quello che oggi si definisce primato della coscienza. Finì scomunicato». L’ incontro con Lazzaretti lo spinge a incontrare altri uomini e donne che parlano a una sensibilità come la sua, che ricerca spazi di silenzio profondo. Simone è di casa alla Fraternità di Romena, da don Luigi Verdi, che ha curato l’ introduzione al suo libro autobiografico in uscita, scritto con Massimo Orlandi,Abbi cura di me (San Paolo); presso i Ricostruttori di padre Guidalberto Bormolini e al monastero ortodosso di Dečani, in Kosovo. Il Simone che agli inizi della carriera canta «prete fai di tutto per tenere in piedi la bugia più grande della storia» porta la ferita della perdita del padre, morto quando lui aveva 11 anni. È un ragazzino difficile, si chiude in un silenzio ostile e inventa un mondo alternativo, fatto di storie colorate che disegna forsennatamente: «Inventavo un mondo da ridere perché dentro stavo morendo», dice Cristicchi. «Ho camminato in bilico sulla follia, ho rischiato l’ autismo. L’ arte mi ha salvato. E a 40 anni ho capito che quel dolore mi ha permesso di vedere il mondo con antenne speciali».
LA CHIAMATA DEL TEATRO
Quel bambino diventa adulto sul palco di un festival di musica. «Lì incontro il mondo, con un testo che parla di follia ma anche di me, perché siamo noi i matti quando non veniamo compresi». Un’ esperienza che vive fino in fondo, ma dalla quale prende poi le distanze: «Dopo aver viaggiato tanto nel mondo della musica ho capito che quell’ ottovolante che ti porta alle stelle e poi ti sprofonda negli abissi non fa per me. È un meccanismo che può essere emotivamente molto pericoloso. Non dimentico la musica, ma nel teatro ho trovato una stabilità che mi permette di prendere il tempo che voglio, per poi proporre a un pubblico selezionato il frutto del mio percorso». Insomma, conclude Simone, «se proprio dovessi definirmi direi che sono fuori catalogo». Ci salutiamo e lui, da buon papà, si affretta per recuperare la figlia Stella a scuola. Dal maglione spunta un laccetto con il crocifisso di Romena, in borsa il libro Liberare la terra del teologo brasiliano Leonard Boff.
E' attivo sui social su twitter, facebook e con un suo sito-blog. Vedi anche l'intervista per Soul del 2017:
Un gioco-quiz che ha sempre funzionato a catechismo (sia per i bambini della comunione che per quelli della cresima) è questo alfabeto del Natale che propongo (da Qumran ) in diverse versioni e con l'aggiunta di altri elementi. 1) L’alfabeto del Natale Una specie di Passaparola. Bello se vi procurate una ruota con le lettere come nel quiz! Un punto ad ogni risposta esatta. Inizia chi è in svantaggio. La squadra che sbaglia o non sa rispondere passa il gioco all’altra. A: cosa fecero i Magi alla vista di Gesù? adorarono B: in quale città nasce Gesù? Betlemme C: Cosa decreta Cesare Augusto? ...
Spirito del Signore, dono del Risorto agli apostoli del cenacolo, gonfia di passione la vita dei tuoi presbiteri. Riempi di amicizie discrete la loro solitudine. Rendili innamorati della terra, e capaci di misericordia per tutte le sue debolezze. Confortali con la gratitudine della gente e con l’olio della comunione fraterna. Ristora la loro stanchezza, perché non trovino appoggio più dolce per il loro riposo se non sulla spalla del Maestro. Liberali dalla paura di non farcela più. Dai loro occhi partano inviti a sovrumane trasparenze. Dal loro cuore si sprigioni audacia mista a tenerezza. Dalle loro mani grondi il crisma su tutto ciò che accarezzano. Fa’ risplendere di gioia i loro corpi. Rivestili di abiti nuziali. E cingili con cinture di luce. Perché, per essi e per tutti, lo sposo non tarderà. *** Preghiera per il parroco – anonimo Signore, Ti ringraziamo di averci dato un uomo, no...
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