La paternità necessaria
Due recenti articoli usciti in occasione della Solennità di San Giuseppe mettono in evidenza l'importanza della figura paterna che l'ideologia gender ritiene superflua o sostituibile. Un articolo è dell'UCCR, l'altro è un'intervista al sociologo Marco Magatti per Vita e Pensiero online.
L'UCCR scrive:
Il padre non è sostituibile o superfluo, cosa dicono gli studi
Quale altro momento per parlarne se non nel giorno della festa del papà.
In una società che onora il padre con una festa ma poi lo ritiene sostanzialmente inutile per il resto dell’anno, o sostituibile senza alcun problema con una mamma single o due mamme, un certo filone di studi può risultare fastidioso o addirittura eretico.
Nonostante molti bambini crescano solo con bravissime mamme, le quali magari hanno subito il divorzio oppure lo hanno richiesto costrette da un marito violento, è accertato che la presenza positiva di entrambe le figure genitoriali, maschile e femminile, consente una crescita più armoniosa dei figli.
Ecco una piccola panoramica degli studi che lo dimostrano.
Le aree in cui i papà sono più determinanti della mamma.
Quelle cronologicamente più recenti sono le ricerche di Linda Nielsen, docente di Psicologia presso la Wake Forest University.
La psicologa americana si è particolarmente concentrata sul ruolo tra padre e figlia e, dopo aver revisionato decine di studi in merito, ha concluso: «Le indagini più recenti dimostrano che i padri influenzano la vita delle loro giovani figlie in modi intriganti e occasionalmente sorprendenti».
Una delle aree in cui il padre risulta determinante (o più determinante della madre) per le figlie è il suo rendimento accademico e, di conseguenza, il suo successo professionale ed il futuro benessere finanziario.
La letteratura scientifica raccolta da Linda Nielsen mostra infatti che le figlie, i cui padri sono stati attivamente impegnati durante l’infanzia nel promuovere i loro studi ed incoraggiare la fiducia in loro stesse, hanno maggiori probabilità di laurearsi al college ed accedere a lavori più remunerativi.
I padri sono anche determinanti in una seconda area, cioè nella qualità della relazione romantica delle figlie con i loro partner.
«Ciò che sorprende non è che i padri abbiano un tale impatto sulle relazioni delle loro figlie con gli uomini», ha spiegato Nielsen, «ma che generalmente abbiano un impatto maggiore rispetto alle madri».
Anche qui i risultati della ricerca sono chiari: «Una ragazza che ha una relazione positiva, solidale e comunicativa con suo padre ha meno probabilità di rimanere incinta in età adolescenziale e maggiori probabilità di avere relazioni con uomini emotivamente appaganti».
Durante il periodo scolastico queste figlie hanno anche maggiori probabilità, rispetto alle coetanee cresciute senza papà o con un padre emotivamente assente, «di assumere decisioni sagge e prudenti in merito al sesso ed agli appuntamenti, con la conseguenza che presentano generalmente matrimoni più soddisfacenti e più duraturi».
La condizione perché ciò avvenga, dunque, è la presenza fisica ed emotivamente positiva di un papà in famiglia.
Un altro gruppo di ricerche suggerisce un altro modo in cui i papà risultano indispensabili.
Si tratta della capacità di modellare la salute mentale e le relazioni sociali delle loro figlie in età adulta: «Gli studiosi hanno trovato un legame intrigante tra il modo in cui le figlie affrontano lo stress da adulte ed il tipo di relazioni che hanno avuto con i loro padri durante l’infanzia», ha spiegato la psicologa statunitense.
Le donne universitarie cresciute senza papà o che non avevano buoni rapporti con lui, ad esempio, presentavano livelli di cortisolo inferiori al normale, dunque eccessivamente sensibili allo stress.
Non a caso queste persone, rispetto a quelle che avevano avuto relazioni migliori con i loro padri, «tendevano a descrivere le loro relazioni con gli uomini in termini stressanti di rifiuto, imprevedibilità o coercizione».
Importanza del papà, altri studi.
Dalla letteratura scientifica emergono però tanti studi rivolti anche alle relazioni padri-figli in generale.
«Il coinvolgimento di una figura paterna ha impatti unici, ma comunque provati, su entrambi i sessi», si legge sul Children’s Bureau. «Avere una figura sia materna che paterna aiuta il bambino ad ottenere uno sviluppo più equilibrato e completo, maschio o femmina che sia».
Lo stesso Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti ricorda che gli studi mostrano costantemente che madri e padri hanno stili di gioco e comunicazione diversi, che entrambi svolgono ruoli unici ma vitali nello sviluppo del bambino.
Ci sono innumerevoli prove scientifiche dei molti modi in cui i bambini che non hanno una figura paterna regolarmente presente nella loro vita hanno peggiori conseguenze di coloro che beneficiano del papà dall’infanzia all’età adulta.
Secondo le ricerche, qui raccolte, le vittime di quella che negli USA è definita la Fatherlessness Generation (la generazione senza padri) riscontrano, in generale:
– peggiori risultati educativi;
– maggiori probabilità di essere coinvolti nella delinquenza;
– peggiori abitudini sessuali e gravidanze adolescenziali;
– maggiore povertà;
– maggior abuso di sostanze stupefacenti e alcool;
– una peggior salute fisica ed emotiva.
Mamma e papà sono ruoli unici, complementari.
Almeno oggi, non limitiamoci a ricordare solo l’importanza della figura paterna (oltre quella materna), ma soprattutto il suo essere indispensabile ed insostituibile.
IL PADRE DI CUI ABBIAMO BISOGNO
Da tempo il padre è stato esautorato. Nella società post edipica, il nome del padre sembra essere stato cancellato per lasciare spazio all’immaginario di un mondo piatto, senza asimmetrie cioè senza autorità.
Il padre allora si sbiadisce per diventare mimeticamente l’eterno ragazzino. La sindrome di Peter Pan colpisce tanti maschi che sembrano incapaci di assumersi le responsabilità che comporta l’età adulta. Un passaggio che si compie solo nel momento in cui si riconosce di essere inscritti nel legame originario tra le generazioni, tra chi è venuto prima e chi deve arrivare poi.
Oppure, all’estremo opposto, la reazione alla cancellazione porta al padre violento. Che nasconde la tragedia della sua fragilità e della sua debolezza distruggendo tutto ciò che lo circonda, a cominciare da ciò che ama più di ogni cosa, la sua stessa famiglia.
In una società che si è vantata di essere senza padri né maestri questi due approdi, entrambi problematici, non sono sorprendenti.
È in questa cornice culturale che ci ritroviamo ad affrontare tempi tenebrosi. Prima il covid. Anche se sembra che ce ne stiamo dimenticando, solo due anni fa, in questi mesi primaverili, eravamo in lockdown, terrorizzati da un virus che non conoscevamo. E che ha scombussolato le nostre vite per molti mesi.
E adesso – quasi che la pandemia non bastasse – proprio quando, grazie al vaccino, cominciavamo a domare quella minaccia, ecco la guerra che esplode nel cuore dell’Europa. Proprio qui, a qualche migliaio di chilometri da noi. Concreta, realissima, crudele. Un nuovo shock che proietta lunghe ombre sul futuro che ci attende.
Di che tipo di padre ha bisogno questo tempo?
Non mi sento in grado di rispondere. A questa domanda tanto difficile, la risposta dobbiamo cercarla tutti insieme. Nei prossimi mesi, nei prossimi anni.
Ciò che mi sento di dire è che mai come oggi abbiamo bisogno del padre che non abbiamo ancora avuto.
Prima di tutto qualcuno che sia sì un padre, ma capace dì rinunciare a essere anche un padrone. Un padre, cioè, che non ha la sua legge da imporre. Che non pretende l’obbedienza. Che non vuole dominare l’altro. Ma che è capace di ammettere gli errori suoi personali e della generazione a cui appartiene.
Un padre, cioè, capace di essere una porta, che inquadra la realtà, che dà una forma alla vita, ma che non dimentica che il suo destino è quello di essere attraversata. Perché ogni esperienza e ogni conoscenza sono provvisorie e parziali: è, infatti, proprio attraverso il limite della propria vicenda che è possibile far trasparire un’apertura verso qualche cosa che ancora non c’è, che non si conosce, che non si possiede.
Un padre che resiste, che si oppone al male e alla violenza dilagante del mondo. Alla guerra, alla mafia, alla corruzione, al malcostume. A tutto ciò che ci atterrisce. Un padre, cioè, fedele alla propria storia, alla propria matrice, pagando di persona quando è necessario. Senza falsi eroismi ma anche senza false ipocrisie.
Un padre che è capace di piangere di fronte al male che c’è nel mondo e rispetto a cui ci sentiamo tutti impotenti. Ma che sa, al tempo stesso, che l’ultima parola è sempre dell’amore. Che non è la retorica stucchevole del volersi bene, ma la capacità di prendersi cura, che è poi concentrazione, intelligenza, conoscenza, affezione. Che non sopporta l’incuria e la superficialità, e che è capace di inseguire nel silenzio un risultato che forse non arriverà.
Riesco a intravvederlo qui il segreto di una nuova paternità. Il padre come testimonianza concreta di una responsabilità che non ha fondamento. Proprio lui che non è nemmeno certo del legame biologico. Ma questo, come sapeva Giuseppe, non cambia nulla, anzi. Il padre, contrariamente a come lo abbiamo troppo spesso rappresentato, è l’anello debole – e proprio per questo fortissimo – che fonda la sua forza nella sua fragilità costitutiva.
L’unica legge che il padre di oggi può rappresentare – di fronte al dilagare di tanta violenza generata dai maschi – è quella di uno sguardo capace di rendere possibile la vita.