II domenica di Avvento, anno C (omelie)
La prima domenica di
Avvento ci ha invitato ad alzarci, a guardare in alto (in attesa di colui
che presto ci libererà), ad evitare ogni appesantimento del cuore (per
"dissipazioni, ubriachezze ed affanni"), a "vegliare pregando in
ogni momento"...
In questa seconda
domenica troviamo l’invito del profeta Baruc alla gioia e alla speranza
rivolto ai deportati a Babilonia.
Baruc è il profeta delle
lamentazioni liturgiche, scrivano (segretario) di Geremia. In realtà il libro (scritto
tra il 500 e il 300 a.C.) è solo attribuito a lui per avere più autorità.
Il libro è strutturato
secondo un preciso itinerario che parte dalla consapevolezza del proprio peccato
(che ha condotto alla catastrofe dell’esilio) per poi elogiare la Sapienza (ed
esortare Israele a vivere secondo la sapienza rivelata da Dio nella sua Legge)
e profetizzare il ritorno a Gerusalemme con un oracolo di salvezza in cui Dio
promette agli esuli la liberazione.
Nel brano proposto siamo
alla conclusione del libro che offre alcuni dei temi di questa domenica:
-
L’invito alla GIOIA (ripreso
anche nella 2° L) perché Dio interviene;
-
Il RITORNO inteso come
CONVERSIONE, ovvero come un tornare alla propria
origine, cambiando strada per incontrare lui che sta venendo.
Baruc parla di un
ritorno operato da Dio che rinnova TUTTI (“mostrerà il tuo splendore – parla di
Gerusalemme personificandola – a ogni creatura sotto il cielo) PER SEMPRE.
Dona VESTI NUOVE (“rivestiti
di gloria e di giustizia”) e un NOME NUOVO, cioè una nuova identità (“sarai
chiamata “PACE di giustizia” e “GLORIA di pietà”).
***
Nel Vangelo Luca presenta
Giovanni Battista partendo dalle coordinate storiche e geografiche. Come in una
zoomata parte da 7 personaggi storici (= pienezza dei tempi) individuando il
potere politico di Roma e quello religioso di Gerusalemme e mostrando come Dio
agisca scegliendo non i luoghi più importanti né le persone importanti.
Luca ci mostra come
agisce Dio:
- lo fa "storicamente",
entrando nella nostra storia, concretamente e non in maniera astratta, come
nelle favole (che iniziano tutte con "C'era una volta"): questa non è
una favola, ma il racconto di come Dio ci salva;
- lo fa attraverso
chi si rende disponibile, si lascia infiammare e guidare dalla Parola.
L'elenco dei poteri politici e religiosi serve
all'evangelista solo a collocare in maniera precisa gli avvenimenti che sta per
raccontare, ma Dio non sceglie i potenti, né i luoghi di potere (politico: Roma
o religioso: Gerusalemme). Dio sceglie un "outsider": Giovanni,
figlio di Zaccaria, e lo raggiunge nel luogo più isolato: il deserto.
Il deserto è il luogo
dell'incontro col Signore, delle tentazioni, del cammino di liberazione: luogo
in cui siamo obbligati a fare i conti con noi stessi e, nel silenzio e nella
desolazione, ci accorgiamo di Dio. Per questo sono importanti anche esperienze
di deserto nella nostra vita.
Protagonista è la PAROLA
DI DIO “che venne su Giovanni”, scegliendosi uno strumento adeguato (la “VOCE”).
Quando la parola si renderà visibile, la voce scomparirà.
GB realizza la profezia
di Isaia (40, 3-5):
3 Una voce grida: «Nel deserto preparate
la via al Signore,
appianate nella steppa la strada per il
nostro Dio.
4 Ogni valle sia colmata, ogni monte e
colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in pianura.
5 Allora si rivelerà la gloria del Signore
e ogni uomo la vedrà,
poiché la bocca del Signore ha parlato».
Affinché “ogni uomo” veda la salvezza del Signore, Giovanni
propone un "battesimo di conversione per il perdono dei peccati": ci
invita a riconciliarci con Dio e con noi stessi, a lasciarci purificare. Solo
Dio può cambiarci interiormente, offrirci speranza, farci sentire perdonati ed
amati nonostante i nostri limiti: i potenti non possono renderci persone nuove,
migliori, così come può far poco in questo senso l'economia o la scienza, la
medicina o la dieta...
Occorre rimetterci in contatto con Dio, in cammino, nella
giusta direzione: ci siamo allontanati da Lui, abbiamo eretto mura per
difenderci, abbiamo reso il nostro cuore accidentato, appesantito, intorpidito,
stanco e freddo.
"Dio stesso spianerà la strada" (Baruc), ma occorre
il nostro consenso e la nostra collaborazione per:
- RADDRIZZARE I SENTIERI tortuosi: quelli segnati dal nostro
egocentrismo che rischiano di farci perdere la strada, di perdere noi stessi.
Sono VIE INTERIORI, esistenziali spesso impraticabili, con aspettative troppo
alte e non realiste.
- RIEMPIRE I BURRONI: "baratri, disperazioni, abbattimenti, sconforti, delusioni e
tutto il nero che c’è nel nostro cuore" (Rosini). Rischiamo di auto affliggerci per
trovare "pietà" negli altri, di crogiolarci nei nostri pensieri
negativi, di scavarci una fossa con le nostre mani. I nostri stessi
peccati/sbagli non sono la nostra identità: noi siamo altro, possiamo essere
perdonati e rinnovati.
- ABBASSARE I MONTI: "autoillusioni,
presunzioni, superbie, arroganze, immodestie, pretese e
tutto quel che ci fa volare al di sopra di una reale percezione di noi
stessi" (Rosini).
Sono due vie che ci allontanano da Dio, che ci rendono
indifferenti e indisponibili nei suoi confronti: sopravvalutarci o disprezzarci
sono entrambe forme di egocentrismo, in cui perdiamo il contatto con noi
stessi, con la nostra realtà. Occorre l'aiuto di un Altro (e di altri) per
uscirne fuori: da soli possiamo fare ben poco. Lo Spirito può riempire (o
aiutarci a farlo) i nostri burroni e abbassare i monti, ma se non lo vogliamo,
se non glielo permettiamo, se non lo accogliamo e invochiamo, lo Spirito non ci
toglie la libertà, anche quella di farci del male.
L'avvento ci ricorda che Dio irrompe nella nostra storia, ci
vuole liberi dalle schiavitù dell'io, ci rinnova, ci fortifica, ci dona
speranza, ma dobbiamo imparare a dialogare con Lui, fargli spazio perché ci
doni il suo perdono e possa condurci verso una meta grande facendoci rinascere
con Lui e in Lui come creature nuove.