Il tentativo (fallito o rimandato?) dell'Unione Europea di cancellare il Natale
Non è riuscito il tentativo della Commissione Europea per la comunicazione inclusiva di bandire parole "faziose" come Natale, Maria e Giovanni, ma anche Miss o Mrs. Dopo le polemiche espresse da molte forze politiche (e sociali), la Commissione ha subito ritirato il documento per "maggiori riflessioni" sul tema. Lo ha annunciato la commissaria per l'uguaglianza Helena Dalli: "Stiamo esaminando queste preoccupazioni al fine di affrontarle in una versione aggiornata". Pericolo scongiurato o solo rimandato?
Alcuni minimizzano il fatto: non si voleva cancellare il Natale, ma solo invitare ad usare un linguaggio più inclusivo. Ma è così? Risponde Tempi:
le linee guida della Commissione non volevano imporre con forza di legge un nuovo linguaggio a tutti europei, né cancellare una tradizione, semmai recepivano in modo grottesco e preoccupante lo spirito del tempo che già si è fatto largo in occidente.
Sulla vicenda si è espresso il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, spiegando che la tendenza purtroppo è quella di omologare tutto, non sapendo rispettare le giuste differenze, alla fine si rischia di distruggere la persona.
Credo che sia giusta la preoccupazione di cancellare tutte le discriminazioni. E’ un cammino di cui abbiamo acquisito sempre più consapevolezza e che naturalmente deve tradursi anche sul terreno pratico. Però, a mio parere, questa non è certamente la strada per raggiungere questo scopo. Perché alla fine si rischia di distruggere, annientare la persona, in due direzioni principali. La prima, quella della differenziazione che caratterizza il nostro mondo, la tendenza purtroppo è quella di omologare tutto, non sapendo rispettare invece anche le giuste differenze, che naturalmente non devono diventare contrapposizione o fonte di discriminazione, ma devono integrarsi proprio per costruire una umanità piena e integrale. La seconda: la dimenticanza di ciò che è una realtà. E chi va contro la realtà si mette in serio pericolo. E poi c’è la cancellazione di quelle che sono le radici, soprattutto per quanto riguarda le feste cristiane, la dimensione cristiana anche della nostra Europa. Certo, noi sappiamo che l’Europa deve la sua esistenza e la sua identità a tanti apporti, ma certamente non si può dimenticare che uno degli apporti principali, se non il principale, è stato proprio il cristianesimo. Quindi, distruggere la differenza e distruggere le radici vuol dire proprio distruggere la persona.
A forza di voler includere si finisce per escludere. È l’effetto paradossale di quella che sta diventando una vera ossessione delle istituzioni europee per l’uso di un linguaggio che non faccia sentire nessuno discriminato. Intenzioni ottime, risultati discutibili. Si consiglia infatti l’uso per i documenti ufficiali di un frasario apparentemente neutro, ma si finisce col tagliare fuori chi si identifica in valori e parole giudicati "escludenti".