La paternità (di san Giuseppe, e la nostra) secondo don Fabio Rosini
Ho appena finito di leggere l'ultimo libro di don Fabio Rosini: "San Giuseppe. Accogliere, custodire e nutrire" (San Paolo, 2021) e l'ho trovato molto interessante. Più che un saggio sul padre putativo di Gesù è una riflessione spirituale sulla paternità. Ecco qualche sottolineatura:
Maschile e femminile
"Il mondo di Giuseppe parte dall'interiore (i suoi dubbi, i suoi sogni e le sue intuizioni) e tende all'esteriore, all'oggettività, all'azione". In Maria, al contrario, "i racconti tendono a concludersi nella vita interiore...nei suoi pensieri, nel suo cuore, sicché la dinamica è dall'esteriore all'interiore, dall'oggettivo al soggettivo. (...) Ecco il maschile e il femminile che si vanno manifestando nella loro dinamiche" (p.14).
Custodire la vita
"Questa è l'essenza della paternità...collaborare con Dio perché Lui operi in qualcun altro" (che ti è affidato), "aiutare costui o costei a mostrare la sua bellezza, le sua capacità, la sua grazia. E' un'arte sublime. Nel ruolo materno c'è un naturale legame relazionale ed una inalienabile supremazia affettiva, frutto della visceralità biologica originale, che è una grave responsabilità ed ha la sua nobile preziosità. L'equilibrio di questa relazione non è facile per niente: il tema del distacco è la strada amara ma urgente del compimento della maternità". (p.17)
Padri verginali
"...abbiamo disperata urgenza di padri verginali - come Dio Padre - gente che non si appropri degli altri, ma sappia coltivarne la bellezza, che sappia consegnare la vita senza rivendicarne la proprietà, che tenga le proprie manacce lontane dalla delicata anima dei giovani, eppure regalando tutto quel che hanno da dare, da insegnare, e che, prima ancora, si preparino ad avere qualcosa da offrire. Figure che correggano con amore e con sapienza, incoraggiando, valorizzando, mai disprezzando. Qualcuno che abbia trovato l'equilibrio fra due estremi psicologici: stare addosso, in modo asfissiante, oppure distanziarsi tanto da diventare irrilevanti. Invece bisogna stare un passo indietro pur restando al fiaco, presenti, affidabili, disponibili". Come Giuseppe. (p.18)
Giuseppe, uomo "giusto"
Il v.19 di Matteo ci dice che Giuseppe era un uomo giusto e non vuole accusarla pubblicamente, pensa di ripudiarla in segreto. Ma essere giusto, nella Bibbia, significa fare la volontà di Dio espressa dalla legge. Inoltre quel "e" messo in grassetto, può essere tradotta anche come "ma": Giuseppe è giusto, ma è anche legato affettivamente a Maria. Come fare? Lui pensa ad una soluzione, ma in sogno trova - dall'Angelo - altre indicazioni.
Esita a seguire la legge: probabilmente perché crede a Maria. Il sogno parla di una vita interiore visitata dallo Spirito: "Dio parla al loro cuore, in dimensione intima, personale, privata. Perché sono uomini di Dio" (p.30). E Giuseppe non è solo un uomo di Dio, ma - come gli ricorda l'Angelo - è "figlio di Davide" e, come ricorda Matteo con la lunga genealogia che apre il suo Vangelo, essere figlio di Davide significa avere una missione: quella di essere nella linea del Messia promesso.
"Non temere" gli dice l'Angelo. Di cosa? Di prendere con te Maria? No. Secondo l'autore, cambiando la punteggiatura (non presente nel testo originale) si cambia il senso: teme di prendere con se Maria proprio perché quel che è generato in lei è opera dello Spirito Santo. Ha paura del progetto che Dio ha su di lui. Di essere coinvolto in qualcosa di talmente grande, da non esserne all'altezza, di cui non ha controllo, che è fuori dall'ordinario.
L'insicurezza di oggi
"Quella di oggi è una generazione di padri che hanno paura di essere tali, che scappano dalla loro dignità. E' una generazione di maschi timidi e vergognosi, con un'ansia da insufficienza che li tiranneggia, per poi risolversi in una aggressività di reazione goffa e malata.
Questa è una generazione di giovani che si intontiscono, che si intorpidiscono, che fuggono. E io devo gridare che sono belli. Che sono importanti. Che non devono aver paura del loro cuore. Che non devono temere di vivere la propria vita, perchè chi li ha chiamati alla vita è Dio che vuole loro un oceano di bene" (p.37).
L'Angelo lo invita a riconoscere la sua grandezza: "Figlio di Davide, entra nella tua grandezza! Sei molto più importante di quanto pensi!" (p.37).
"Chi non accoglie il regno di Dio come (si accoglie) un bambino, non entrerà in esso". Altro caso di virgole mal poste? Non potrebbe significare accogliere il regno così come si accoglie un bambino? Senza paura?
Senza esitazioni
Giuseppe fa subito, appena alzato, quanto indicatogli dall'Angelo. "Molte volte la tentazione entra in quello spazio lasciato prima di entrare in azione: se hai capito quel che Dio ti sta dicendo, muoviti; non è questione di fretta ma di luce: se è arrivata la luce, cammina nella luce, perchè lasciare la porta aperta alla confusione? (...) Quanta bellezza della nostra esistenza abbiamo sprecato per aver tergiversato?" (p.40). Giuseppe appena capisce quel che deve fare, lo fa.
Il contrario di risoluto è dissoluto: "ci si muove verso il bene, altrimenti si ristagna nel non-bene" (p.43).
Accogliere
Giuseppe è chiamato a fare due cose: una globale (prendere con sè Maria) e una specifica (dare il nome al figlio). Maria è chiamata a dare alla luce un figlio. Ciò che Giuseppe non deve fare è avere un rapporto intimo con Maria ("senza che lui la conoscesse").
"Prendere con sè" (para/lambano) in maniera intima, personale è "il" verbo di Giuseppe, quello più usato per la sua persona. Andrebbe tradotto con "accogliere": "Un padre che ti accoglie, che ti prende, ti difende. Uno che si occupa di te. Uno che ci tiene a te. Ne ha avuto bisogno anche Gesù Cristo" (p.46). Una madre sola non basta. C'è bisogno anche di un padre. E se non c'è, manca. Basta chiederlo ad un orfano.
"Certo, se non hai mai mangiato il pesce fresco, quello surgelato ti sembra buono, ma non sai che ti perdi" (p.47).
"Accogliere è la logica essenziale della fede, e non solo: l'opera di Dio si accoglie, la salvezza si accoglie, la vita stessa si accoglie, e così i fatti, le persone, la storia, le singole situazioni. Si accolgono. Oppure si rifiutano. E' uno dei fulcri fondamentali dell'esistenza: accoglienza o rifiuto" (p. 48).
"Noi non siamo stati educati ad accogliere, ma a pianificare. E a nostra volta, siamo stati inconsapevolmente pianificati, lanciati verso obbiettivi obbligati; diventare questo o quello, e concepire la vita come una serie di target da raggiungere, sotto tutti i punti di vista" (p.49).
Formare o educare?
Una cosa è formare ed altro è educare: formare vuole dire "operazione atta a dare forma".
"Se io devo "formare" qualcuno vuol dire che lo devo cambiare, visto che la forma che gli voglio imporre esiste prima di lui o di lei" secondo un modello" tipo "devi fare il bravo bambino", "comportati come una persona normale".
"La pubblicità non presenta gli oggetti desiderabili, ma usa il testimonial, quindi presenta gli oggetti desiderati dalle persone desiderabili" (cfr. R. Girard). "Il desiderio, forza grandiosa della vita, viene infettato dalla logica del modello. Allora tutte le ragazze si sentono imperfette, e tutti gli uomini e le donne si piacciono poco, e ci si sente sempre un pò malfatti, deludenti".
"Educare non è imporre una forma, ma "tirar fuori ciò che sta dentro". Mentre la formazione tende a cambiare colui che è formato, l'educazione fa l'esatto opposto: valorizza colui che è educato, per far emergere quel che è latente". Così l'Angelo dice a Giuseppe la sua nobiltà, la sua preziosità. Così fa con Maria: "Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te".
L'arte di dare un nome ( o di riconoscere)
C'è necessità del riconoscimento paterno: la madre è sempre certa, il padre no. La vita nasce (o nasceva?) dall'incontro fra una donna e un uomo (riscontrabile anche nel DNA del bambino).
"Per la sopravvivenza basta che tua madre ti metta la mondo, ma per l'identità comunque dovrai anche capire se tuo padre ti ha riconosciuto o no".
"Vivere per essere riconosciuti. Diventare sguatteri dell'opinione altrui, cercando così di riempire un vuoto di identità che spesso non sappiamo di avere".
Abbiamo bisogno di conferme, di riscontro sociale. Uscire dalla confusione, dall'anonimato. Avere qualcuno che ci dice chi siamo.
"Chiamare le cose per nome" in italiano significa avere il senso della verità delle cose stesse. "Pensiamo ai nomignoli infantili o agli appellativi canzonatori o alle definizioni infamanti per focalizzare quanto il nome condizioni l'esistenza. Il bullismo passa spesso per questo".
"Questa generazione ha bisogno del padre che dica: "Tu sei importante, la tua vita è preziosa". Ossia che dicano la pura e semplice verità.
Così Giuseppe lo chiamerà Gesù, che vuol dire che salverà gli uomini.
"Si cresce dalla fiducia paterna. Se mio padre mi dice: "non ce la farai mai", io passerò tutta la vita con quella condanna; ma se mio padre mi dà fiducia e mi dice: "Ce la puoi fare", io ce la farò... Servono padri che diano fiducia.
Giuseppe non farà altro che custodire quel nome, proclamandolo silenziosamente" (p.79).
L'arte di custodire
I Magi ed Erode (in parallelo alla nascita di Mosè) indicano il bisogno di difendere la vita, di custodire, di essere come le mura di una casa.
La donna non perdona l'inaffidabilità dell'uomo, il non poter contare su di lui.
Custodire significa sorvegliare, difendere...Ed è il contrario della sciatteria e della distrazione. Significa intuire la preziosità (di chi si custodisce) e percepire il pericolo. Se ci tieni ad una cosa, la sorvegli (e te ne ricordi = lo hai a cuore).
Molti giovani hanno perso il senso della preziosità e quello del pericolo. E le conseguenze tragiche sono note. "Il senso di impotenza e di inutilità, tipico dei giovani che si chiudono dentro paradisi virtuali perchè non si sentono adeguati alla vita".
La parabola della vedova importuna parla della necessità di pregare sempre, senza stancarsi, ovvero senza "perdere le motivazioni, smarrire il desiderio di bene. perdere l'entusiasmo, scoraggiarsi". O meglio: "senza incattivirsi, senza entrare nel male". Cosa che accade se hai smarrito la fede.
L'arte di nutrire
Da Lc 12,42: "Il fidato economo saggio sa dare la misura opportuna di pane "a tempo debito", al momento opportuno. Costui dà a coloro che gli sono affidati la quantità e la qualità di cibo nel momento opportuno in cui deve essere ricevuto da loro. Questa è la vera saggezza".
"E' un pessimo padre chi dà a tutti lo stesso: nella dedizione alla vita delle persone la democrazia e il giustizialismo diventano ingiustizia, perché ognuno ha bisogno di cibo diverso in situazioni diverse e tempi diversi".
Lc 2,42: "I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua".
Il testo parla di regolarità, di abitudini. I bambini le ricercano, ne traggono sicurezza. "Ripetere è necessario, per apprendere, per approfondire. E per guarire. Il bene va ripetuto per diventarne possessori, perché ti entri dentro".
"Se non c'è l'ordinario non c'è neanche lo straordinario".
"Si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti". Ma Gesù non sta lì , non sta in ciò che è conosciuto. Gesù lo ritrovano a Gerusalemme, nel luogo di partenza, nel luogo sacro, nel "battesimo" ricevuto. Lo trovano che sta dialogando, perché la crescita si fa nel porre domande e nel cercare le risposte. Nello scambio.
Ruoli genitoriali
"La madre ha indiscussa giurisdizione sugli affetti. Il padre è sempre difficile da raggiungere su questo punto, perchè la sua competenza è oggettiva, pratica. E' la madre che deve sapere aiutare i figli a conoscere il cuore del padre. E Maria fa proprio questo, mettendo lo sposo prima di sè: "Tuo padre ed io..." e cosa di loro due in questo ordine? Descrive prima i sentimenti e poi gli atti: "Angosciati, ti cercavamo". Padre-Madre e sentimenti-azioni.
Compito della madre è insegnare ai figli a stimare il padre, e far loro conoscere il cuore del padre; compito del padre è mostrare il suo amore per la madre, fare gesti affettuosi con i figli verso la madre. La madre parla bene del padre, e il padre la corteggia, coccola e serve la madre, davanti e insieme ai figli. Il papà organizza sorprese per la mamma e la mamma racconta cose belle del padre e mostra di stimarlo.
"Non sapevate che è necessario per me essere nelle cose del Padre mio?"
L'uomo naturale è il presupposto per l'uomo spirituale.
L'arte di sparire
Qual'è la missione di un padre? Diventare inutile. Qual'è la meta dell'educazione? L'autonomia. Il più grande successo di un padre? Che il figlio stia in piedi da solo e sappia vivere senza bisogno di lui.
Perchè Gesù sparisce? Perchè non c'è più bisogni di incontrare Lui, basta incontrare loro. Basta imbattersi in una Chiesa, una fraternità che abbia vissuto un vero incontro con Cristo risorto per incontrare Lui stesso. Così all'Ascensione. Cristo ascende al cielo benedicendo, atto paterno spesso associato alla consegna dei beni dei padri ai figli. Gesù affida la sua opera ai suoi discepoli. E questi non si sono mostrati perfetti, anzi. Ma la fede che è arrivata a noi è partita da questi poveri uomini, cui il Signore ha dato fiducia.
Costoro impareranno ad entrare in sinergia con lo Spirito Santo e ad assecondarlo, a restare fedeli alla parola ricevuta facendola propria, capendo momento per momento come compiere le opere di Colui che li ha mandati. Inizierà così una sterminata serie di santi e sante, tutti straordinari, tutti diversi, tutti irripetibili e creativi, come è creativo l'amore.
La castità e la verginità di Maria
Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù. (Papa Francesco)
Prima del parto: è fecondata non per opera umana, ma per iniziativa di Dio. Le cose di Dio cominciano da Dio e non da noi. Le cose spirituali non possono essere forzature, debbono assecondare la Grazia. Devi essere certo che è Dio che ti chiama, altrimenti è roba tua, finisce con le tue forze, è piccola quanto te.
Nel parto: le cose di Dio nascono da Dio e si compiono secondo Dio.
Dopo il parto: perchè non si può aggiugere niente al massimo. Le cose di Dio restano di Dio.