Hargot, la “cattocompatibile”
La
recente pubblicazione di un saggio dal titolo “Una gioventù sessualmente liberata (o quasi)” (Sonzogno, 2017) ha
fatto molto discutere ed è, a mio avviso, un ottimo strumento per far dialogare
i due ideali contrapposti, quello cattolico e quello "laico". La sua autrice, Thérèse Hargot, è una giovane
sessuologa belga, nata nel 1984 (si definisce, a ragione, “nipotina del
settantotto”), laureata in filosofia con un master in scienze sociali alla
Sorbona. Sposata e madre di tre figli, lavora a Parigi come terapeuta ed
educatrice in alcune scuole Superiori. Nel libro presenta riflessioni che contraddicono
apertamente le comuni certezze di oggi e l’hanno portata ad essere definita una
femminista “cattocompatibile”.
Ciò che la muove è il bisogno di riflettere
pacatamente, senza pregiudizi, uscendo dal contrasto sterile tra posizioni pro
o contro. Si domanda: la liberazione sessuale del sessantotto ci ha resi
veramente più liberi? “Il facile accesso al porno, l’ansia della performance,
l’ossessione dell’orientamento sessuale… Che libertà è questa che impone di
scegliere l’identità, gli amori, le pratiche come mero prodotto di consumo?”.
Il
libro della Hargot inizia con una provocazione dei suoi alunni: “Eh, prof!
Bisogna pur provare la merce in vendita”. Quando si è giovani occorre
divertirsi, provare, esercitarsi. “Così il giorno in cui si trova quella buona
uno ci sa fare”. E’ così? E’ solo questione di “pratica”? E come mai il
discorso, nonostante decenni di ideologia egualitaria, continua a valere soprattutto
per i maschi? Non è ancora in voga il proverbio “sessista” che dice che una
chiave che apre tutte le serrature è una buona chiave mentre una serratura che
si fa aprire da tutte le chiavi è una cattiva serratura?
La
sessualità dei nostri adolescenti – prosegue l’Hargot - è fortemente segnata
dalla pornografia a loro facilmente accessibile, tramite internet, già in
tenera età. Basta avere uno smartphone o
un fratello più grande o un amico che voglia mostrargli il “mondo degli adulti”,
ed ecco che a 8 o 9 anni i nostri angelici pargoletti imparano a nascondere
questa loro scoperta che li ripugna e allo stesso tempo li eccita e li attrae.
Che c’è di male? Il male è quello di infliggere al bambino un modello deviato
dell’amore e spingerlo a sperimentare presto quelle prestazioni. La sua mente
riproduce quelle immagini e spesso si ritrova sommerso da esse, incapace di
dimenticarle.
Ancora la Hargot nota come le domande degli attuali adolescenti denotano
un bisogno di norme e doveri morali: “Bisogna?”, “Si deve?”, “E’ normale?”, “E’
bene o male?”. Certo è cambiato il contenuto delle domande (al “bisogna essere
sposati per avere rapporti sessuali” si è sostituito il “bisogna avere rapporti
sessuali prima di sposarsi?”), ma rimane lo stesso bisogno di norme che
rassicurino di essere normali, sani, corrispondenti alle attese della società,
accettati dai coetanei. Abbiamo bisogno di conferme, di comprendere la nostra
identità, di sentirci amabili e desiderabili: per ottenere tutto questo
possiamo arrivare ad elemosinare attenzioni, affetto, stima. Si arriva a svendere
la propria dignità, mostrandosi disponibili a soddisfare i bisogni del
compagno, nascondendo le proprie paure esibendo una falsa sicurezza,
millantando successi e conquiste. D’altra parte se la ricerca del piacere è
l’unico fine della sessualità, il corpo si riduce ad essere solo uno strumento
di godimento e la pornografia diviene il manuale di istruzioni più idoneo per
ottenere il piacere più intenso. Poco importa che ne scaturiscano ansie da
prestazione e si riduca il partner ad un oggetto di godimento anziché un
soggetto da amare. Se il rapporto sessuale è
finalizzato al solo piacere, allora è logico viverlo senza impegni, sballandosi
in una discoteca dove, attraverso un gioco di sguardi e seduzioni, capire chi
ci sta e consumare in pochi minuti quel desiderio. Se è consenziente (ma che
consapevolezza può avere una ragazzina che ha fatto uso di droghe e di
alcool?), può essere ancora più eccitante farlo in gruppo, o in maniera
violenta, come la pornografia insegna. Del resto non appartiene all’immaginario
maschile il sadismo messo in scena nei video pornografici e non alletta milioni
di donne la storia sado-maso (per quanto soft e con venature
“romantiche”) di un affascinante miliardario
raccontata con straordinario successo nella trilogia della scrittrice
inglese E. L. James?