La filosofa Michela Marzano, che ho da poco scoperto anche nella veste di romanziera ("L'amore che mi resta", 2017, Einaudi), viene spesso invitata da La Repubblica a commentare casi di cronaca come quelli, sempre tragicamente ricorrenti, dei femminicidi. Questa la sua riflessione e i commenti di Michele Serra (pro) e di Antonio Gurrado (Il Foglio, contro):
Le amano e poi le ammazzano
Le amano e poi le ammazzano, anche se sono ancora molto giovani, poco più che ventenni, e avrebbero tutto il diritto di conoscere uomini diversi, innamorarsi di nuovo, e vivere altre storie d’amore. È quello che è successo in questi ultimi giorni prima alla ventiduenne Alba Chiara Baroni, poi alla ventunenne Nadia Orlando: entrambe sono state barbaramente assassinate da chi pretendeva di amarle e che invece, non sopportando nemmeno l’idea di perderle, è pian piano passato dall’affetto alla gelosia, dalla gelosia all’ossessione, dall’ossessione alla violenza. Cosa sta accadendo ad alcuni uomini? Quale frattura identitaria li rende così fragili e al tempo stesso così pericolosi? Come possono immaginare che la vita di una ragazza possa appartenere loro, privandole prima della libertà poi della stessa esistenza?
Ancora una volta sono le donne – questa volta veramente giovani – ad essere vittime della violenza maschile. Ma sorge il dubbio che il vero problema siano alcuni uomini a trascinarselo dentro, come se ormai fossero sempre più numerosi coloro che, non essendo capaci di trovare un equilibrio in sé stessi e ritrovandosi del tutto dipendenti dalla presenza e dalle attenzioni delle proprie compagne – anche quando si tratta di ragazze che hanno, ovviamente, tutto il diritto di sbagliarsi, di cambiare idea, di smetterla di amare quei primi uomini, di cercare altrove – preferiscono uccidere piuttosto che accettare la frustrazione della perdita. È come se la propria felicità e il proprio equilibrio dipendessero completamente da queste donne-bambine che li fanno sentire importanti e che, però, non possono poi andarsene via e lasciarli da soli a fare i conti con quel vuoto che si spalanca. Perché poi è sempre così che succede: quando la persona amata se ne va via, ci sente persi, distrutti, soli, frantumati. Si apre il baratro dell’abbandono e si deve imparare ad andare avanti lo stesso, anche se all’inizio è difficile e doloroso e sembra quasi impossibile. Ma questo accade sempre, appunto, e non giustifica mai la violenza omicida. Il vuoto fa parte della condizione umana, e l’unica cosa che si dovrebbe imparare nella vita è che non è certo un’altra persona a poter colmare le nostre mancanze o a evitarci le frustrazioni. Il vuoto che ci portiamo dentro, con un’altra persona, lo possiamo al limite attraversare. Questo, però, può accadere solo se la persona che ci è accanto è libera di essere se stessa, di andarsene via quando lo desidera, e anche di abbandonarci se lo ritiene opportuno. Crescere e maturare significa imparare questa semplice e banale verità: le persone non sono semplici cose di cui disporre come ci pare. È drammatico che tanti uomini oggi non riescano né a capirlo né a farsene una ragione, arrogandosi il diritto di strappare alla vita chi, quella vita, dovrebbe poterla avere ancora tutta davanti. (Michela Marzano)
La fragilità dei giovani maschi sembra il paradigma della fragilità di una società intera
A proposito dei maschi che uccidono la donna amata (?) perché non sanno accettare "la frustrazione della perdita" (vedi quanto scritto ieri da Michela Marzano), viene da domandarsi, per esteso, quali perdite, quali sconfitte, quali limitazioni della felicità, quali decurtazioni delle aspettative è disposto ad accettare, non solamente sul piano sessuale o affettivo, ognuno di questi bambocci assassini; e non solamente loro. In una società tendenzialmente no-limits trovarsi di fronte al limite, per giunta il proprio limite, rende pazzi.
In questo senso la fragilità dei giovani maschi - la loro enorme difficoltà a padroneggiare la sconfitta e il rifiuto, e da lì ripartire più calibrati e più saggi - sembra il paradigma della fragilità di una società intera. Negli Usa l'ossessione (ridicola) del winner e del loser, il vincente e il perdente, come sole parti in commedia, non sembra avere generato benessere mentale: il consumo di psicofarmaci, laggiù, è semplicemente abnorme. Per correre ai ripari bisognerebbe organizzare, oltre a quelli benemeriti di danza, ikebana, cucina e affini, dei corsi di sconfitta. Forse già esistono. Le femmine, comunque, come docenti paiono meglio attrezzate. I millenni le hanno rese più resilienti, più avvezze alla sconfitta e dunque, vedi il paradosso, alla lunga più vincenti dei maschi. (Michele Serra, L'amaca del 3 agosto 2017)
(Alcuni) uomini che odiano le donne. Ennesimo commento intelligente sul femminicidio. Salti mortali per non ripetersi ma anche per non generalizzare
“Le amano e poi le ammazzano”: su Repubblica Michela Marzano fa i salti mortali per non ripetersi – all'ennesima richiesta di commento intelligente sul femminicidio – ma anche per non generalizzare. Evita accuratamente di caricare la croce di singoli assassini sul genere maschile nel complesso, anche se il titolo in prima pagina ammicca alla “gioventù bruciata dai maschi”. Io sono maschio e non brucio nessuno, ragion per cui apprezzo i calibrati distinguo della filosofa: “Cosa sta accadendo ad alcuni uomini? Sorge il dubbio che il problema sono alcuni uomini a trascinarselo dentro”. E poi, pur di non parlare di responsabilità individuale, giù spiegazioni sommarie sulla fragilità del maschio e sul vuoto della condizione umana.
Per misurare quanta ipocrisia possa celarsi in quell'“alcuni”, tentiamo un esperimento. Se diciamo che i giornali fanno commenti superficiali, che i filosofi scrivono corbellerie, che gli immigrati sono delinquenti o che i politici rubano, operiamo una generalizzazione grossolana e indebita, tanto inammissibile quanto il dire che gli uomini sono un pericolo per le donne. Se invece ci rifugiamo nella considerazione che alcuni uomini sono un pericolo per le donne, e diamo una spiegazione un tanto al chilo del perché, allora possiamo andare sul sicuro e dire impunemente: alcuni politici rubano, alcuni immigrati sono delinquenti, alcuni giornali fanno commenti superficiali, alcuni filosofi scrivono corbellerie. (Antonio Gurrado, Il Foglio, 2 agosto 2017)