Popolari e non populisti: il sogno di un nuovo partito cattolico?
in primis il discorso di ieri del Papa al Corpo Diplomatico, nel quale parla del pericolo del populismo e di una temibile parentela tra il 1919 e il 2019 e
l'analisi di Spadaro che propone 7 parole per tornare ad essere popolari: paura, ordine, migrazioni, popolo, democrazia, lavoro e partecipazione. Al riguardo vedi anche il commento di Giulietti pubblicato sempre su Avvenire:
Segnalo anche le parole di Bassetti, presidente della CEI, che l'11 dicembre proponeva velatamente il ritorno di un partito cattolico che superi la deleteria divisione tra "cattolici della morale" e "cattolici del sociale", impegnandosi per il bene comune.Essere popolari significa, e padre Spadaro lo esplicita in modo esemplare, comprendere i bisogni degli ultimi, ascoltare, condividere, 'riconnettersi' con i più distanti da noi, trovare le alleanze e le mediazioni che rendano possibile l’avvicinamento e il raggiungimento degli obiettivi di pace, giustizia e sicurezza sociale che danno sostanza e 'popolarità' alla politica.Il populismo, al contrario, in molte delle sue varianti, del passato e del presente, si trasforma, nella pratica quotidiana, nell’utilizzare il consenso del popolo a sostegno delle oligarchie e della conservazione dei rapporti di forza e degli equilibri economici e sociali esistenti. Il capo della Casa Bianca Trump e il suo ideologo Bannon ne sono un esempio eclatante e, non a caso, hanno scelto l’Italia come una delle piattaforme ideali per tentare di penetrare in Europa.La parola 'popolo', per fare un esempio, è stata ed è utilizzata per abbattere la riforma sanitaria voluta dall’allora presidente Obama e sgradita alle assicurazioni private statunitensi, per riproporre i muri dell’odio e del razzismo, per scaricare il disagio sociale dell’elettore americano verso i nuovi 'vagabondi' : gli immigrati, i diversi, le donne che difendono la loro dignità, la libertà di informazione. Il 'populismo' usa il popolo per conservare gli assetti esistenti, in primo luogo quelli economico e sociali. Le diverse versioni offerte da Trump, Putin, Erdogan e dai loro imitatori occidentali, soprattutto in Ungheria e in Italia, confermano questa tendenza e in particolare la ferocia riservata agli 'ultimi degli ultimi': i migranti, utilizzati dai ministri della paura per conquistare consensi nelle fortezze nazionali. Invece di modificare la distribuzione delle ricchezze e avviare la ridistribuzione delle risorse, in sede internazionale e nazionale, si usano le armi dei nuovi strumenti di comunicazione per aizzare le paure, (esemplare in questo senso l’analisi di padre Spadaro), e costruire il consenso sull’ansia e sulla moderna caccia alle streghe e agli untori, che hanno assunto il volto dei migranti, degli emarginati, degli 'scarti umani' per citare Bauman e papa Francesco.
Al centro c'è ancora la questione dei migranti: lo dimostra l'appello fatto nell'angelus di domenica rivolto ai leader europei perchè affrontino la questione dei 49 che vagano da giorni nel mare in cerca di accoglienza e le parole del discorso di ieri che intrecciano populismo e accoglienza:
il Pontefice ha riaffermato «il primato della giustizia e del diritto» e la necessità della «difesa dei più deboli», tra i quali al primo posto ci sono proprio i rifugiati e i migranti. «Desidero richiamare l’attenzione dei Governi — ha detto — affinché si presti aiuto a quanti sono dovuti emigrare a causa del flagello della povertà, di ogni genere di violenza e di persecuzione, come pure delle catastrofi naturali e degli sconvolgimenti climatici, e affinché si facilitino le misure che permettono la loro integrazione sociale nei Paesi di accoglienza». Da qui l’esortazione alla comunità internazionale affinché «si adoperi perché le persone non siano costrette ad abbandonare la propria famiglia e nazione, o possano farvi ritorno in sicurezza e nel pieno rispetto della loro dignità e dei loro diritti umani». (da L'Osservatore Romano).
In un discorso di nove pagine, tra le numerose questioni che affronta, il Papa rievoca il «periodo tra le due guerre mondiali», quando «le propensioni populistiche e nazionalistiche prevalsero sull’azione della Società delle Nazioni». Francesco è preoccupato perché «il riapparire di tali pulsioni sta indebolendo il sistema multilaterale, con l’esito di una generale mancanza di fiducia, di una crisi di credibilità della politica internazionale», e di una «progressiva marginalizzazione dei membri più vulnerabili della famiglia delle nazioni». Il Pontefice è in apprensione per il «riemergere delle tendenze a far prevalere e a perseguire i singoli interessi nazionali senza ricorrere a quegli strumenti che il diritto internazionale prevede per risolvere le controversie e assicurare il rispetto della giustizia». (da Vatican Insider)Sempre sull'accoglienza vedi il commento di Melloni ("Migranti, a chi parla il Vaticano") e di Paglia ("L'inferno è lasciare 49 persone al freddo nel Mediterraneo"): “Per paura di perdere voti e potere si fa come Erode con Gesù bambino” - afferma Paglia riprendendo le parole di papa Francesco all'Angelus:
Erode e gli scribi di Gerusalemme hanno un cuore duro, che si ostina e rifiuta la visita di quel Bambino. È una possibilità: chiudersi alla luce. Essi rappresentano quanti, anche ai nostri giorni, hanno paura della venuta di Gesù e chiudono il cuore ai fratelli e alle sorelle che hanno bisogno di aiuto. Erode ha paura di perdere il potere e non pensa al vero bene della gente, ma al proprio tornaconto personale.Vedi anche l'articolo di Città Nuova: "Il posto dei cattolici"