Omelia per la XX domenica del tempo ordinario (Gesù e la cananea)
Letture
È quasi imbarazzante l’atteggiamento che Gesù mostra nei
confronti di questa donna cananea che prima ignora nella sua richiesta di aiuto
e poi definisce “cagnolina”, facendo suo lo stesso atteggiamento degli ebrei
nei confronti degli stranieri in genere e dei cananei in particolare: silenzio
sdegnato, distanza, rifiuto e disprezzo.
Tre sono le ipotesi che cercano di risolvere questo
imbarazzo:
1- Che Gesù stia facendo una sorta di gioco delle parti, portando agli estremi l’intolleranza degli ebrei (farisei) con chi stava poco prima polemizzando per la loro ipocrisia. Ebbene gli ebrei del suo tempo erano particolarmente nazionalisti e razzisti, in particolare verso i cananei (pagani politeisti) che abitano a nord di Israele e che sono i nemici storici degli ebrei. Saranno gli stessi discepoli di Gesù a pregarlo di ascoltare questa donna perché imbarazzati dalla chiusura che Gesù sta mostrandogli.
2- Che anche Gesù, in quanto uomo, abbia avuto bisogno di “crescere” nella consapevolezza del suo ruolo e della sua missione e che questa crescita dipende sempre dalle circostanze, dagli incontri concreti. La cananea sarebbe così una involontaria maestra del Maestro.
3- Che Gesù stia stimolando, con forza, la fede di questa donna che si rivolge a lui solo perché ha sentito dire che quest’uomo che sta passando è una sorta di santone ebreo che compie prodigi. Questa donna che ha una figlia gravemente ammalata è mossa solo dalla disperazione, non dalla fede, da una sorta di superstizione più che da un discepolato.
“Signore pietà” di me, per
mia figlia ammalata: la cananea grida la sua richiesta di aiuto e non si arrende
di fronte al silenzio sdegnoso di Gesù. Questo silenzio ricorda le volte che la
nostra preghiera sembra non essere ascoltata, non avere risposta: Gesù ci
invita ad essere insistenti, caparbi. A metterci in cammino con Lui e a non
limitarci di chiedere aiuto. A non scoraggiarci, ma a continuare ad avere fede.
È qui che la cananea mostra
di avere fede: non solo non si scoraggia, non si offende, non demorde. Si
prostra davanti a lui, riconoscendolo come uomo di Dio. Viene chiamata “cagna”
e lei accetta anche questa offesa e con umiltà rilancia chiedendo solo delle
briciole, riconosce di non essere figlia, di non meritare il cibo destinato ai
figli. Gli basta poco.
Diceva san Filippo Neri: “nelle
tentazioni vince chi scappa, nella fede vince chi resta”.
E Gesù loda la sua fede e l’esaudisce
guarendo la figlia.