Il crollo della pratica religiosa
L'ultimo studio sulla pratica religiosa riguarda lo scorso anno, il 2022, pressoché libero dalle restrizioni del lockdown. I dati, raccolti e pubblicati da Franco Garelli sono stati commentati anche dal teologo Armando Matteo:
«Il dato (2022) della frequenza settimanale a un rito religioso comunitario è il più basso che si riscontra nella storia recente del nostro Paese. Negli ultimi 20 anni (dal 2001 al 2022), il numero dei “praticanti regolari” si è quasi dimezzato (passando dal 36% al 19%), mentre i “mai praticanti” sono di fatto raddoppiati (dal 16% al 31%). In questo arco di tempo, il trend al ribasso è stato perlopiù progressivo, di anno in anno, a eccezione di un picco all’ingiù che si è registrato nell’ultimo periodo, che è coinciso con l’esplosione del Covid-19».
A destare preoccupazione, in una tale accelerazione nella disaffezione alla pratica religiosa, è il fatto che il processo vede coinvolta in particolare la fascia più giovane della popolazione italiana. Rileva Garelli che «i praticanti assidui tra gli adolescenti sono passati dal 37% del 2001 al 20% del 2019 e al 12% del 2022; mentre, tra i 18-19 anni, la pratica regolare che coinvolgeva nel 2001 il 23% dei soggetti, è scesa all’11% dei casi nel 2019 e all’8% nel 2022».
Se A. Matteo invita a ripartire dal successo della GMG, Il faro di Roma trova un briciolo di speranza nel fatto che perlomeno l'Italia resiste (con Polonia e Portogallo) al completo distacco della fede.