L'omelia del card. Zuppi al funerale di Sassoli


Erano compagni di liceo, David Sassoli e il cardinale di Bologna, Matteo Zuppi. Di Sassoli si è detto molto: il suo passato da scout, la sua fede, la sua idealità politica onesta, gentile, rispettosa, ma anche decisa e aperta. Vale la pena leggere l'omelia che il cardinale ha fatto celebrando il funerale di Stato questa mattina nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Santi alla presenza delle maggiori cariche politiche italiane ed europee. 
Alla fine dell'omelia, il cardinale Zuppi ha citato una poesia di David Maria Turoldo che Sassoli - da cui prende il nome - conosceva a memoria: “Dio della vita, sei tu che nasci, che continui a nascere in ogni vita. Voce per chi muore ora: perché non muore, non muore nessuno: niente e nessuno: niente e nessuno muore perché Tu sei. Tu sei e tutto vive, è il Tutto in te che vive: anche la morte!”. "Gesù - ha concluso - ti abbracci nella sua grande misericordia. Buona strada. Riposa in pace e il tuo sorriso ci ricordi sempre a cercare la felicità e a costruire la speranza, Fratelli Tutti".

Una sintesi la offrono, fra gli altri, Avvenire e Vaticanews

Fratelli e sorelle, oggi come non mai è il vero titolo che ci unisce tutti per accompagnare questo caro fratello nelle mani del Signore, abbiamo ascoltato tante parole in questi giorni, in questo saluto inaspettato, segnato dall’evidente ingiustizia che strappa un uomo nel pieno del suo vigore e attività.
Oggi ci troviamo con commozione in questo luogo antico, straordinariamente bello, davanti all’orizzonte della vita, al suo limite, dove il cielo e la terra si toccano. E questo punto è sempre l’amore. La Parola di Dio raccoglie tutte le nostre parole, in fondo tutte limitate: non le cancella, anzi, le fa sue, le illumina, le spiega anche a noi stessi, riempiendole di senso e di eternità perché la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto di Dio, l’Alfa e l’Omega, sono lettere di amore.

Gesù ascolta le nostre parole, le fa sue anche oggi, come ascoltò quelle di due discepoli nella prima domenica, feriti e tristi per un amico che non c’è più, per le speranze che sembravano svanire. Oggi proprio come su quella povera mensa di Emmaus così su questo altare riconosciamo Gesù, amico degli uomini e luce di speranza, nello spezzare del pane, Lui che diviene nutrimento di solo amore, panis angelicus, pane di vita eterna. E di amore abbiamo bisogno tanto, in realtà sempre e tutti.

Facciamo fatica a comprendere la fine, con la sua inaccettabile definitività. John Donne scrisse che “Ogni morte di uomo mi diminuisce perché io faccio parte dell’umanità”, perché “nessun uomo è intero in se stesso”. Ricordiamocelo sempre, per tutti, specie per quelli di cui nessuno si ricorda da vivi. E ricordiamoci sempre il contrario, che se uno salva un uomo – un uomo – salva il mondo intero. Ci stringiamo ad Alessandra, che con David ha camminato mano nella mano dai banchi di scuola, a Livia e Giulio, ai suoi fratelli e sorelle e ai tanti che lo consideravano “uno di noi”, quasi istintivamente, per quell’aria priva di supponenza, di alterità, empatica, insomma un po’ per tutti un compagno di classe! Quello che tutti avremmo desiderato e che ci avrebbe sicuramente aiutato. David ci aiuta a guardare il cielo – a volte così grande da spaventare, che mette le vertigini – lui che lo ha cercato sempre, da cristiano in ricerca eppure convinto, che ha respirato la fede e l’impegno cattolico democratico e civile a casa, con i tanti amici del papà e poi suoi, credenti impetuosi e appassionati come Giorgio La Pira o Mazzolari, come David Maria Turoldo, del quale porta il nome.

Credente sereno ma senza evitare i dubbi e gli interrogativi difficili, fiducioso nell’amore di Dio, radice del suo impegno, condiviso sempre con qualcuno, come deve essere, perché il cristiano come ogni uomo non è un’isola, ma ha sempre una comunità con cui vivere il comandamento dell’amatevi gli uni gli altri: gli scout, il gruppo della Rosa Bianca con Paolo Giuntella, Sophie e Hans Scholl, i leader della Weiss Rose erano per lui le stelle del mattino dell’Europa, uccisi dai nazisti per la loro libertà, tanto che quando fu eletto Presidente onorò come un debito verso di loro ponendo un’enorme rosa bianca su sfondo europeo nel Parlamento perché “la nostra storia è scritta – diceva – nel loro desiderio di libertà”.

Con tanti ha condiviso il suo I Care – penso ad esempio alla Chiesa di Roma del febbraio ‘74 e di don Luigi Di Liegro – sempre unendo fede personale e impegno nella storia, iniziando dagli ultimi, dalle vittime che “hanno gli occhi tutti uguali”, pieno di rispetto e di garbo come nel suo carattere. Era un giornalista di qualità e il suo volto sereno ha accompagnato  nel Tg nazionale porgendo le notizie con rispetto e credibilità. C’è chi dice che il cristiano è un signore proprio perché cristiano, anche se nullatenente, perché ha un tesoro di amore che lo rende tale. Diceva un Padre della Chiesa: “Un povero che rende ricchi gli altri”.

Il Vangelo ci parla di Beatitudine. Attenzione, non è diversa dalla felicità umana, anzi è proprio felicità piena, quella che tutti cerchiamo. La beatitudine del Vangelo non è una sofferta ricompensa ultima per qualche sacrificio ma, anzi, libertà dalle infinite caricature pornografiche di una felicità del benessere individuale. Non c’è gioia da soli! La gioia del Vangelo unisce, non divide dagli altri, e noi cerchiamo non una gioia d’accatto, ma vera e duratura.

E debbo dire che vedendo quanto amore si è stretto in questi giorni intorno a David e alla sua famiglia capisco con maggiore chiarezza che la gioia viene da quello che si dona agli altri e che poi, ma solo dopo averla donata, si riceve, sempre, perché la gioia è nell’essere e non nell’avere, nel pensarsi per e non nel cercare il proprio interesse o di qualcuno. Felici sono i poveri in spirito, chi non sa tutto da solo, chi anzi sa che non è ricco e non fa finta di esserlo tanto da non chiedere scusa o aiuto, chi impara e cerca. Beati sono gli afflitti: non chi cerca la sofferenza, ma chi non scappa dalle difficoltà, le affronta per amore e per amore piange per l’amato. Beati sono i miti, chi non cerca nell’altro la pagliuzza ma il dono che è, chi non risponde al male con il male, chi in modo amabile cerca di fare agli altri quello che vuole sia fatto a lui.

Di David credo che tutti portiamo nel cuore il suo sorriso, che è il primo modo per accogliere e rispettare l’altro, senza compiacimento, semplicemente, quasi timido. Qualcuno ha detto che non ha mai visto nessuno arrabbiato con David!  Beati sono quelli che hanno fame e sete della giustizia, che non possono stare bene se qualcuno accanto a lui soffre, che non cambiano canale o fanno finta di non vedere o pensano che non li riguarda se c’è una persona in pericolo in mezzo al mare o al freddo sull’uscio di casa. Hanno fame della giustizia perché non si abituano all’ingiustizia e sanno che non si trova felicità se non si crea giustizia, ricordano che la giustizia di Dio è avere cura dei fratelli più piccoli di Gesù e che la sofferenza dell’altro è la mia.

Beati sono i misericordiosi, chi giudica ma sempre per amore, chi cerca il bene nascosto, che pensa che c’è sempre speranza, chi sceglie di consolare piuttosto che fare soffrire. Beati sono i puri di cuore, quelli che vedono senza malizia, non perché ingenui ma perché vedono bene, in profondità, liberi dai calcoli, dalle convenienze, disinteressati perché hanno un interesse più grande, quelli che non hanno pregiudizi quando si affronta una discussione, che non hanno paura di capire la posizione dell’altro, anche se distante da lui, che non gridano ma ascoltano sapendo che sempre c’è qualcosa da imparare.

Beati sono gli operatori di pace, gli artigiani, cioè coloro che non rinunciano a “fare la pace” iniziando dai piccoli e possibili gesti di cura, sporcando le mani con la vita, con le contraddizioni del prossimo, con la fatica a stringere quella del nemico che se lo fai si trasformerà in fratello. Beati sono i perseguitati per causa della giustizia, non quella che divide con freddezza la torta in parti uguali anche se chi deve mangiarla non è uguale, come con rigore, svelava un giusto come don Milani, perché per amare tutti si inizia dai tanti (quanti!) Gianni, e quanti ce ne sono, che non hanno possibilità.

Domandiamoci cosa dobbiamo dare agli altri perché essi siano felici, perché la mia è la loro. È proprio vero, come qualcuno ha detto con saggezza, che dobbiamo vedere la vita sempre con gli occhi degli altri. Per questo ringraziamo il Signore per David. È stato beato anche nell’afflizione, durante la sua malattia che ha accolto con dignità, senza farla pesare, spendendosi fino alla fine, invitando tutti a guardare lontano, vivendo con la forza dei suoi ideali e dell’amore che tanto lo ha circondato e accompagnato.

Ecco, la beatitudine piena che oggi David vive e con la sua vita ci ricorda e ci consegna. David era un uomo di parte, e anche un uomo di tutti, perché la sua parte era quella della persona. Per questo per lui la politica era, doveva essere per il bene comune e la democrazia sempre inclusiva, umanitaria e umanista. Ecco perché voleva l’Europa unita e con i valori fondativi, che ha servito perché le sue Istituzioni funzionassero, che ha amato perché figlio della generazione che aveva visto la guerra e gli orrori del genocidio e della violenza pagana nazista e fascista, dei tanti nazionalismi, lui figlio della resistenza e dei suoi valori, quelli su cui è fondata la nostra Repubblica e che ha ispirato i padri fondatori dell’Europa. È da quella immane sofferenza – quella per cui volle che recentemente la Presidente andasse a Fossoli, uno dei tanti luoghi di sofferenza della barbarie della guerra – che nasceva il suo impegno. Non ideologie, ma ideali; non calcoli, ma una visione perché anche l’Europa non può vivere per se stessa, perché il cristianesimo non è un’idea, ma una persona, Gesù, che passa attraverso le persone e nella storia.

Faccio mie le parole del suo ultimo saluto per Natale scorso, già molto malato, oggi che è il suo Natale alla vita del cielo. “Abbiamo visto nuovi muri, i muri eretti contro persone, e abbiamo il dovere delle Istituzioni di difendere i più deboli. Il periodo del Natale è il periodo della nascita della speranza e la speranza siamo noi quando non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo muri ai nostri confini, quando combattiamo contro tutte le ingiustizie. Quei muri, anche, che sono diventati confini tra morale e immorale, tra umanità e disumanità”. Grazie, uomo di speranza per tutti.

David Maria Turoldo scrisse una poesia che David conosceva a memoria: “Dio della vita, sei tu che nasci, che continui a nascere in ogni vita. Voce per chi muore ora: perché non muore, non muore nessuno: niente e nessuno: niente e nessuno muore perché Tu sei. Tu sei e tutto vive, è il Tutto in te che vive: anche la morte!”. Gesù ti abbracci nella sua grande misericordia. Buona strada. Riposa in pace e il tuo sorriso ci ricordi sempre di cercare la felicità e costruire la speranza, Fratelli Tutti. Amen.

Roma, basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri
14/01/2022

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