Cronaca nera ecclesiale: Patriciello sul prete trafficante, sulla sparatoria durante la prima Comunione. E un accenno al cardinale novax ricoverato
Si sa che la cronaca nera è quella che attira di più l'attenzione. Soprattutto se riguarda e/o coinvolge la Chiesa. Don Patriciello, prete-giornalista della "terra dei fuochi" commenta alcuni recenti fatti molto gravi. A questi aggiungo la notizia, che non sapevo, - giunta direttamente da papa Francesco - del cardinale Burke, no-vax, ricoverato per covid e attaccato ad un respiratore.
Il primo articolo di Patriciello che propongo (pubblicato da Avvenire) riguarda il caso del prete di Prato arrestato per spaccio di droga:
Riflettere sul caso di Prato. Non chiudere gli occhi sui problemi dei sacerdoti
Non è, e non deve essere, un superuomo, il prete, ma nemmeno una persona che si trascina dietro problemi esistenziali mai risolti. Deve essere semplicemente un uomo innamorato di Gesù, che trova la sua gioia nel servire i fratelli. Nella Chiesa cattolica di rito latino il prete deve rinunciare ad avere una sposa e dei figli con cui camminare insieme.
A qualcuno questa rinuncia appare disumana, e potrebbe esserlo, qualora fosse imposta e subita. Viceversa, si trasforma in libertà, se accolta come un dono. Nel campo della fede, però, le illusioni, con le conseguenti, amare, delusioni, sono all’ordine del giorno. Occorre un serio discernimento, da parte della Chiesa locale, per valutare le motivazioni profonde dei postulanti. Negli anni passati, la fame, le guerre, le famiglie numerose, sovente, spingevano un ragazzo a intraprendere la strada del seminario. Oggi non è più così. Le famiglie numerose sono solo un ricordo dei tempi andati, per far fronte alla povertà ci sono altre strade da imboccare, eppure accade di leggere certe notizie su alcuni preti che lasciano interdetti.
Ultima in ordine di tempo, a Prato. Don Francesco Spagnesi, viene messo agli arresti domiciliari per importazione e spaccio di droga. Sconcertante. Avvilente. Perché mai don Francesco scelse la via del sacerdozio? Era cosciente dei suoi limiti e dei suoi problemi o sono arrivati dopo? Fu fatto un buon discernimento prima della consacrazione? Fu seguito negli anni del suo ministero? Non oso immaginare lo stato d’animo dei fedeli, quelli saldamente ancorati alla fede, e, soprattutto, quelli che poco o niente frequentano le nostre assemblee. Inutile – e dannoso – fingere di non capire, una notizia del genere svilisce e adombra il lavoro serio di decine di confratelli.
Il bene, si sa, non fa rumore a differenza del baccano che ti combina il male. La diocesi di Prato, in una nota, tra l’altro, ha scritto che «nessuno avrebbe mai potuto immaginare che avesse problemi di tossicodipendenza». A tal punto che avrebbe usato le offerte – sacre! – per i poveri per fa fronte ai pagamenti. Ed è su questo aspetto che vorrei, con carità pari alla parresia, riflettere. I preti diocesani vivono da soli. Chi ha la fortuna di avere ancora i genitori può contare sul loro aiuto; chi, al contrario, ha già detto loro addio, deve organizzarsi la vita e non sempre è facile.
Ai nostri vescovi le difficoltà cui far fronte non mancano. Le esigenze del popolo aumentano, i preti diminuiscono; nel clero diocesano i vecchi superano di gran lunga i giovani, le forze vengono meno mentre si moltiplicano gli ambiti in cui occorre essere presenti.
Si aggiunga il complesso contesto odierno in cui si esercita la propria missione. No, vi assicuro, non è facile, oggi, essere prete, ma è incredibilmente bello e interessante. A certe condizioni, però, sulle quali non può soprassedere né il diretto interessato né la Chiesa locale. Prima condizione: chi bussa alla porta del seminario deve essere una persona profondamente onesta, fragile magari, ma onesta. Una persona amante della verità, che mai ricorrerebbe alla menzogna. Umile, cioè capace di chiedere aiuto nel momento del bisogno. Una persona cosciente di essere stata 'mandata'. La diocesi – non sempre, purtroppo, accade – deve essere in grado di esaminare attentamente il postulante, prepararlo, formarlo, ma anche deve avere il coraggio, nel momento in cui si accorge che la strada è un’altra, di invitarlo a desistere.
Occorre resistere alla tentazione delle facili vocazioni per 'bisogno di clero'. Ci sono chiese senza pastori? Con le lacrime agli occhi e la preghiera sulle labbra, si cerchino altre soluzioni. Chiudere gli occhi sui problemi non risolti di un aspirante prete oggi, vuol dire spalancarli sgomenti domani sugli scandali che provoca. Scandali il cui prezzo sarà pagato non solo dal diretto interessato e dal clero locale ma dalla Chiesa tutta. Il dramma immenso dei preti pedofili ha pesato e continuerà a pesare sulle persone coinvolte e sulla Chiesa più di quanto possiamo immaginare.
Mi sia consentito, però, di porre a me stesso e ai miei confratelli sparsi per l’Italia una domanda: com'è possibile che un prete, a capo di una comunità di fedeli, sia precipitato nell’abisso della tossicodipendenza e dello spaccio e non ce ne siamo accorti? Possiamo dire, attingendo alla più aspra e caritatevole parresia, che forse – e dico forse – lo abbiamo lasciato solo?
Il secondo articolo, pubblicato da Famiglia Cristiana, commenta il terribile caso della sparatoria in una Chiesa catanese a seguito di un litigio scoppiato per i posti assegnati per la prima Comunione:
«ACIREALE, BAMBINI PERDONATE NOI ADULTI PER QUEL SANGUE SUL SAGRATO»
08/09/2021 Un intervento di don Maurizio Patriciello dopo il drammatico ferimento di un carabiniere fuori servizio che ha tentato di sedare una lite tra due famiglie, a margine di una Prima Comunione: «Perdonateci quando, senza pietà, calpestiamo e insozziamo i vostri diritti, i vostri sentimenti, la vostra innocenza, la vostra dignità. Quando diciamo di amarvi e poi vi mettiamo in croce»
Poveri bambini, derubati da chi dovrebbe volervi solamente bene, anche dei momenti più belli e irripetibili della vostra vita. E’ domenica. Ad Acireale, come in tante altre parrocchie lungo lo stivale, si celebrano le Prime Comunioni dopo la pausa estiva. Un momento importante per tutti, bambini, famiglie, amici; per la parrocchia, soprattutto in questo tempo di pandemia. E’ sempre emozionante quando, vestiti di bianco, con il giglio in mano e la lampada accesa, i bambini avanzano verso l’altare. Il parroco, i catechisti, i giovani della corale, hanno fatto del loro meglio per prepararli all’incontro con Gesù nascosto nel Pane. Si tenta di riprendere il cammino dopo un anno complicato e difficile per tutti. Insieme, occorre camminare insieme, pensare insieme, lavorare insieme.
Famiglia, parrocchia, scuola, società civile per il bene dei bambini. Insieme, per fare in modo che la festa non termini alla fine della Messa, ma continui anche dopo. I bambini si fidano di noi; che grande responsabilità abbiamo nei loro confronti. Noi adulti dovremmo temere e tremare al loro cospetto. Sono così fragili, basta una parola pronunciata con disprezzo, un’ azione cattiva, uno scatto d’ira, un atto di violenza per incidere negativamente sul loro percorso formativo. Se è vero che “la bellezza salverà il mondo” vuol dire che saranno loro, i bambini, a salvarlo, questo nostro stupendo e strano mondo. Perché più bello di un bambino non c’è niente. Dobbiamo mettercela tutta per costruire un mondo a misura di bambini. Non loro dovranno diventare come noi ma noi dobbiamo trovare il coraggio di somigliare a loro. Ce l’ ha detto Gesù.
Nella parrocchia di Santa Maria degli ammalati, ad Acireale, tutto è stato preparato con cura. Genitori, parenti, fedeli hanno occupato i posti precedentemente assegnati. C’è aria di festa. Finalmente. Poi accade qualcosa, il parroco si blocca, smarrito, si guarda attorno, tenta di capire. C’è confusione, si grida, si scappa. Si sente un colpo di pistola. È il panico. Il caos. È successo che tra i parenti di un bambino con genitori separati è scoppiata una rissa per motivi più che futili, sciocchi, stupidi. Una questione di posti da occupare. Viene la rabbia al solo pensarci. Stanno litigando sul sagrato quando un uomo – il nonno - estrae la pistola e spara. Ad essere colpito è un carabiniere fuori servizio, papà di un altro piccolo del gruppo della Prima Comunione, intervenuto per sedare la lite.
Adesso, quest’uomo buono e coraggioso, rischia la paralisi. Ai bambini auguro sempre di crescere come Gesù, «in età, sapienza e grazia». Pare, però, che certe persone, anche anziane, siano cresciute solo in età, che la sapienza e la grazia le abbiano smarrite lungo il cammino. È terribilmente grave che a quasi 70 anni, un nonno impugni la pistola, all’ingresso di una chiesa, durante una celebrazione liturgica, alla presenza di decine di famiglie con tanti bambini, tra cui il proprio nipotino. È terribilmente grave che a quest’uomo non importi nulla del trauma che a questi bambini ha provocato senza pietà . Quanta violenza, evitabile, ottusa, banale, avvelena e rovina la vita della gente. Quanto quintali di pane dobbiamo ancora mangiare per comprendere che non abbiamo nessun diritto di violentare – fisicamente, psicologicamente, spiritualmente – i bambini? Quando impareremo che nei loro confronti abbiamo solo doveri da osservare? Perché questo nonno immaturo, incapace di tacere, di pregare, di gioire non è rimasto a casa? Poveri, cari, sfortunatissimi bambini di Acireale, penso a voi, alle vostre famiglie, al vostro parroco, al bravo e generoso brigadiere gravemente ferito, allo spavento che vi siete presi, alla vostra festa rovinata. Vi rivedo nei volti dei miei bambini che, felici ed emozionati come voi, domenica, anch’essi, hanno ricevuto la Comunione per la prima volta. Com’ erano belli! Come siete belli.
Perdonateci, bambini di Acireale. Perdonateci, bambini di tutto il mondo, quando, senza pietà, calpestiamo e insozziamo i vostri diritti, i vostri sentimenti, la vostra innocenza, la vostra dignità. Perdonateci quando con la bocca diciamo di amarvi e poi vi mettiamo in croce.