Gigi Proietti e la sua fede
Cordoglio nazionale per la morte di un grandissimo uomo di spettacolo che avrebbe compiuto 80 nel giorno della sua scomparsa. Sui social impazzano i suoi video, frasi con citazioni...
Non mancano articoli che evidenziano la sua fede poco ortodossa: da piccolo voleva farsi prete, ha avuto esperienze importanti nella Parrocchia di provenienza (al Tufello), ha interpretato ruoli ecclesiastici di alto profilo, in particolare San Filippo Neri in "Preferisco il Paradiso", ha parlato di Dio, dei papi, della sua fede. Della sua vita privata si sapeva pochissimo: ha una compagna di origine svedese dal 1962, da cui ha avuto due figlie, anch'esse attrici.
Famiglia Cristiana e Aleteia dedicano degli articoli proprio su questo argomento. Vatican news propone un elogio dell'attore più generale, ma soffermandosi sulla sua vita di fede:
Proietti frequentò l'oratorio della parrocchia Santa Maria Assunta al Tufello e per lui fu una esperienza importante. Ammetteva di non aver mai dimenticato don Luigi Carletti, un punto di riferimento per la sua famiglia di origine, che si dedicava alle attività con i giovani, insegnava la condivisione, "a non chiuderti in te stesso". Il giovanissimo Proietti frequentava anche la schola cantorum della parrocchia, voce bianca solista. La fiction Preferisco il Paradiso – in cui vestiva i panni di san Filippo Neri, il santo prete di strada che inventò l'oratorio – segnò per lui un momento importante. Ebbe di dire che lo aveva "riaccostato, almeno a livello di riflessione personale, a qualcosa di sopito: la religiosità, intesa proprio come comunità riunita, in una norma di vita condivisa. Nella nostra società c'è l'esigenza di ritrovare valori essenziali di convivenza e di vita, come il rispetto, che la parrocchia ai miei tempi insegnava bene, assieme alla disciplina personale e all'importanza del rito, che dava senso a molte cose. Oggi - spiegava - abbiamo bisogno di preti con un forte senso della missione. Energie e volontà spese qui, nelle strade e nelle città difficili in cui viviamo, al servizio degli ultimi e di quelli che vengono dimenticati da tutti".
Era incuriosito moltissimo dalle vite dei santi: «Mi intriga conoscere i loro dissidi, le loro vicissitudini che li hanno portati all’onore degli altari», disse in un’intervista alla trasmissione A Sua Immagine nel 2014, «in quest’ultimo periodo sono incuriosito dalla figura di Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti: lo trovo un uomo stimolante sotto vari aspetti». L’avevamo visto su Raiuno con la talare nera di San Filippo Neri, il “santo della gioia” che rappresentò uno dei pilastri della Controriforma in una Roma che ancora si leccava le ferite del Sacco lanzichenecco del 1527: «Bisogna fare una distinzione: san Filippo Neri era chiamato il “santo della gioia” e la gioia in senso religioso è qualcosa di più profondo, ma era anche allegro, così dicono le cronache del tempo», disse il popolare attore, «a me è piaciuto per questo aspetto. Anzi, credo che uno dei motivi per cui hanno pensato a me sta proprio nella mia allegria: non che stia sempre a ridere, però provo a trovare il lato divertente delle cose. San Filippo aveva, poi, un doppio aspetto, assolutamente non dicotomico: la vocazione alla preghiera, alla solitudine e il desiderio di esternare, di stare in mezzo alla gente. Fu un Santo gioiosamente vissuto in carità».
Da teatrante consumato non parlava quasi mai della sua fede. Si definiva «cento volte peccatore» e interpellato sul suo rapporto con Dio, una sola volta si lasciò andare: «A questa domanda potrei rispondere per giorni. È evidente che facendo questi film sono venute fuori un po’ di cose passate e legate alla mia vita: il ricordo è quello dell’oratorio, poi ci sono stati gli allontanamenti, gli scismi come capita ad alcuni. Continuo a pensare che Gesù Cristo sia stata la figura più rivoluzionaria della storia. Diciamo che negli ultimi anni si sono intensificate in me delle domande, penso più spesso al trascendente, sarà l’età che avanza?». Un cuore malandato che l’ha portato alla morte il giorno del suo compleanno, il 2 novembre, giorno in cui la Chiesa ricorda i fedeli defunti: «La data è quella, non ci posso fare nulla», scherzava.
Da bambino Proietti voleva farsi prete: «Durò poco», disse, «facevo il chierichetto nella mia parrocchia al Tufello (periferia nord di Roma, ndr) e sapevo a memoria tutta la messa in latino. Non importava che capissi poco, sentivo il fascino della liturgia, della tonaca. La mia povera mamma ripeteva spesso: “Farà quel che il Signor vorrà!”». Ossia, una carriera lunghissima e ricca di successi nel mondo dello spettacolo anche se i suoi genitori volevano che si laureasse. Come definire Dio? «Credo che evangelicamente lo si possa trovare sempre dalla parte di coloro che sono gli ultimi, poveri, deboli ed indifesi. Ma non proverei mai a definirlo, per carità di Dio», disse ridendo.
Il rapporto tra Gigi Proietti e la fede cristiana è stato anche nel segno di Gesù. «È evidente che facendo questi film sono venute fuori un po’ di cose legate alla mia vita: il ricordo è quello dell’oratorio, poi ci sono stati gli allontanamenti. Continuo a pensare che Gesù sia stata la figura più rivoluzionaria della storia. Diciamo che negli ultimi anni si sono intensificate in me alcune domande. Penso più spesso al trascendente».
Su papa Francesco ebbe parole di grande stima: «Ha conquistato talmente tutti: credenti, laici, atei. Ha un grande carisma, importante capacità di penetrazione nelle coscienze perché usa un linguaggio semplice, ma non facile. Credo, infatti, che la semplicità sia la cosa più complicata che esista. Poi ritengo che la Chiesa avesse bisogno di un pontefice così interessante, che mettesse un punto fermo, in grado di saper guardare a testa alta la realtà, la società che ci circonda».