L’IDENTITA’ SESSUALE TRA BIBBIA E SOCIETA’ (2)
Decima puntata delle mie riflessioni sulla "vita sessuale tra Chiesa e società"
In principio
La Genesi ci parla di un progetto che Dio ha nei
confronti della sua creatura più amata: l’umanità. Ci parla della libertà che
Dio ha donato agli esseri umani, per amore, perché chi ama rispetta la libertà
degli altri. Nel libro della Genesi si parla della creazione del
mondo e si chiarisce come nel creato non ci sia nulla, di per
sé, di “cattivo”, di “peccaminoso”. Tutto è creato da Dio e tutto è “buono”: le
bestie feroci, i fenomeni naturali possono essere nocivi, ma mai malvagi. La
cattiveria è solo dell’uomo che possiede la libertà e la consapevolezza del
valore morale del suo agire. Lo scopriamo dietro il racconto della creazione dell’uomo (l’adam, ovvero
l’umanità ancora indifferenziata) e di come (o meglio perché) Dio distingue
l’essere umano in maschio (Adamo) e femmina (Eva).
Dio disse: «Facciamo
l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza… E Dio creò l'uomo a
sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li
benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra
e soggiogatela. (Gen 1,26-28)
Fiumi
di inchiostro sono stati versati per commentare questi versetti. Io mi limito a
sottolineare alcuni punti: il fatto che l’uomo (al singolare) è l’unico essere
creato a immagine e somiglianza di Dio, in quanto libero, capace di vivere in
comunione, di tendere alla perfezione… L’essere umano è creato maschio e femmina
(al plurale): due generi distinti chiamati alla fecondità e all’unità; due metà
che hanno bisogno l’uno dell’altra. Anche la
sessualità è dunque voluta e creata da Dio: è positiva, “molto buona” e legata
all’essere ad immagine di Dio.
Il
secondo racconto della creazione aggiunge altri particolari:
E il Signore Dio
disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli
corrisponda». (…) Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, (…) ma non trovò
un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore
sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne
al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all'uomo,
una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: «Questa volta è osso
dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall'uomo è
stata tolta». Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua
moglie, e i due saranno un'unica carne. Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e
sua moglie, e non provavano vergogna. (Gen 2,18-25)
“Non è bene che l’uomo sia solo”: non è
stato creato per la solitudine, ma per la comunione, per l’amore. Per questo lo
crea maschio e femmina, due generi che trovano pienezza e complementarietà solo
unendosi. Reciprocamente l’uomo è per donna e la donna per l’uomo “l’aiuto che gli corrisponde”,
letteralmente “che gli sta di fronte”, grazie al quale io prendo coscienza di
me stesso. Un aiuto che suppone uguaglianza: gli animali possono fare compagnia
all’uomo, ma non possono entrare in comunione con lui. Perché si posa avere un
rapporto interpersonale, l’uomo necessita di un altro simile a sé, che gli
corrisponda e lo completi: solo la donna è della stessa natura e dignità
dell’uomo.
La donna non è una replica dell'uomo; viene direttamente dal gesto creatore di
Dio. L'immagine della costola non
esprime affatto inferiorità o subordinazione, ma, al contrario, che uomo e
donna sono della stessa sostanza e sono complementari e che hanno anche questa
reciprocità. E il fatto che - sempre nella parabola - Dio plasmi la donna
mentre l'uomo dorme, sottolinea proprio che lei non è in alcun modo una
creatura dell'uomo, ma di Dio. Suggerisce anche un'altra cosa: per trovare la
donna - e possiamo dire per trovare l'amore nella donna -, l'uomo prima deve
sognarla e poi la trova[1].
La
costitutiva incompletezza della persona è ciò che la rende bisognosa degli
altri e di Dio. Questa sua “mancanza” è ciò che la spinge a realizzare il sogno
di Dio: sogno di comunione, di amore reciproco che ha in Lui la sua sorgente e
in Lui il suo fine. Dio
crea l’umanità in maschile e femminile non tanto (e non solo) per procreare dei
figli, ma perché sperimentino la gioia dell’essere “un’unica carne”, di essere uniti in profondità. L’uomo, nel
conoscere la donna, esprime stupore, gioia e meraviglia: “è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne”! Il Talmud commenta:
la donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai suoi piedi perché debba
essere pestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere
uguale… un po’ più in basso del braccio per essere protetta e dal lato del
cuore per essere amata.
San
Tommaso ipotizza che i progenitori non ebbero il tempo di unirsi carnalmente
nel paradiso terrestre, perché ne furono presto scacciati a causa del peccato.
Ma – prosegue l’aquinate – se ne avessero avuto il tempo, si sarebbero certo
uniti carnalmente e non – come dicono alcuni – senza piacere, ma anzi con un
piacere molto maggiore di quello che proviamo noi, perché “il piacere è tanto
più grande, quanto più pura la natura e più sensibile il corpo”[2].
Commenta Hadjadj:
Quanti diffondono
l’idea che il peccato originale deriva dall’unione dei sessi si barricano
dietro una maldicenza ignorante. Secondo Tommaso è lecito pensare l’esatto contrario:
se Adamo ed Eva si fossero “conosciuti” in questo purissimo atto carnale,
scoprendo la gioia ineffabile di una comunione senza ombre sarebbero stati
immunizzati contro la tentazione dello spirito impuro[3].
[1] Papa Francesco, Udienza generale del 22 aprile 2015
[2] Tommaso d’Aquino, Summa
Teologica, I, q.98, a.2
[3] F. Hadjadj, Mistica
della carne, 2009, p.68