La riforma del Vaticano e le sue resistenze
Ci sono resistenze sorde, e perfino un cardinale come l’americano Raymond Leo Burke, inorridito dalle aperture sui divorziati e risposati, il quale (dopo due Sinodi e l’Esortazione di Francesco)il mese scorso è arrivato a rendere pubblica una lettera inviata al Papa (e firmata da altri tre cardinali in pensione) perché i «dubbi» espressi «non avevano ricevuto risposta», e da tempo annuncia un «atto formale» per «correggere il Papa», richiamandosi vagamente alla «Tradizione» e a «Giovanni XXII» che «fu corretto» nel Trecento. Burkle, tra l’altro, è «Patrono» dell’Ordine di Malta, e ieri ha subito una sorta di commissariamento: Francesco ha nominato un gruppo di cinque prelati per indagare sullo scontro interno all’Ordine, nel quale il «Gran Cancelliere» Freiherr von Boeselager è stato estromesso dal «Gran Maestro» Fra Matthew Festing, vicino a Burke. Accuse di non aver impedito che i volontari distribuissero preservativi in Africa, di essere troppo «liberal», smentite sdegnate. Il Papa vuole vederci più chiaro e «risolvere la cosa in modo pacifico».Papa Francesco ha parlato della riforma in atto e delle resistenze ad essa che sono di tre tipi:
le resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo sincero; le resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti che si alimentano dalle parole vuote del “gattopardismo” spirituale di chi a parole si dice pronto al cambiamento, ma vuole che tutto resti come prima; esistono anche le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive (spesso “in veste di agnelli”). Questo ultimo tipo di resistenza si nasconde dietro le parole giustificatrici e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità, nel conosciuto, oppure nel voler portare tutto sul personale senza distinguere tra l’atto, l’attore e l’azione. L’assenza di reazione è segno di morte! Quindi le resistenze buone – e perfino quelle meno buone – sono necessarie e meritano di essere ascoltate, accolte e incoraggiate a esprimersi, perché è un segno che il corpo è vivo.Prosegue il giornalista:
Francesco non parla solo della riforma strutturale in corso: il Papa ha messo a dieta la Curia e proseguirà nella riduzione di dicasteri, consigli e uffici, ripete che c’è bisogno di una maggiore presenza delle donne e dei laici e la loro «integrazione nei ruoli-guida». Ma soprattutto esorta alla «conversione e purificazione permanente» delle persone, senza la quale non c’è rinnovamento. Del resto la riforma «non può essere intesa come una sorta di lifting», dice: «Cari fratelli, non sono le rughe che nella Chiesa si devono temere, ma le macchie!».Alla fine del lungo discorso elenca dodici «criteri guida» della riforma:
1- L’ «individualità» o «conversione personale», senza la quale «saranno inutili tutti i cambiamenti nelle strutture».
2- La «pastoralità» o «conversone pastorale», perché la Curia è una «comunità di servizio» e nessuno deve sentirsi «trascurato o maltrattato».
3- La «missionarietà» che pone Cristo al centro: «Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza fedeltà della Chiesa alla propria vocazione, qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo».
4- La «razionalità» per distinguere le competenze fra tutti i dicasteri, che «fanno riferimento diretto al Papa»
5- La «funzionalità» con eventuali accorpamenti fra dicasteri.
6- La «modernità» e l’aggiornamento, quindi saper «leggere e di ascoltare i “segni dei tempi”».
7- La «sobrietà», e quindi la «semplificazione» e lo «snellimento» della Curia: fusioni di dicasteri, «eventuali soppressioni di uffici», «riduzione delle commissioni, accademie, comitati eccetera». Il tutto «in vista della indispensabile sobrietà necessaria per una corretta e autentica testimonianza».
8- La «sussidiarietà» e (9)- la «sinodalità» tra dicasteri. Infine: la cattolicità (10), la professionalità (11) e la gradualità (12) o discernimento.