Omelia per la XVII domenica del tempo ordinario (B): "il miracolo della condivisione"
Domenica
scorsa abbiamo lasciato Gesù che rinuncia al suo progetto di far vivere ai suoi
discepoli un tempo di riposo con lui perché si trova davanti una folla che lo
cerca e di cui ha compassione, perché è come un “gregge senza pastore”. Allora
inizia ad insegnare loro molte cose.
Oggi cambia
l’evangelista (Giovanni al posto di Marco), ma ritroviamo una folla bisognosa di
cui ha compassione, affamata di vita e di senso. Come in una celebrazione
liturgica Gesù sale su un monte, coinvolge i suoi discepoli più vicini e fa
sedere la folla. Come sfamare questa gente? Come rispondere a bisogni che sono
ben superiori alle nostre forze? C’è un solo modo: accogliere l’offerta di un
ragazzo (che ha “cinque pani d’orzo e due pesci”) e affidarsi a Dio che conta
sul nostro aiuto e trasforma il poco che possiamo condividere in un molto
(sovrabbondante) per tutti. C’è dunque bisogno di fidarci e di affidarci con quel
poco che abbiamo. Dobbiamo smettere di cercare alibi per non intervenire o
centrarci solo sulle nostre forze: siamo centrati troppo su noi stessi anziché aprirci
al Dio per cui nulla è impossibile.
Siamo nel
contesto della Pasqua che rimanda all’impossibile che Dio produce nella nostra
storia, ci libera e agisce con potenza.
Gesù
coinvolge i discepoli: li mette di fronte al problema, li “prova” per far
capire che da soli non possono rispondere al problema. Se seguiamo la nostra
ragione, i nostri calcoli, rimaniamo fermi. Se ci affidiamo sperimentiamo la
Provvidenza che parte dal nostro poco. In ogni Eucaristia è Dio che trasforma
il pane e il vino, ma questi dobbiamo metterceli noi. Siamo in sinergia: la
potenza è di Dio, ma la realtà è nostra. Le opere di Dio sono anche nostre.
Un’altra lezione: abbiamo il pane
per tutti, ma il mondo ricco ne accumula e ne spreca al punto da renderlo insufficiente
per tutti: «Nel mondo c'è pane sufficiente per la fame di tutti, ma
insufficiente per l'avidità di pochi» (Gandhi).
Prese i pani e dopo aver reso grazie
li diede... Tre verbi benedetti: prendere, ringraziare, donare. Gesù “prende”:
ci ricorda che non siamo padroni del pane (e della vita), lo riceviamo. Quando
noi ci consideriamo i padroni delle cose, ne profaniamo l'anima, roviniamo
l'aria, l'acqua, la terra, il pane. Niente è nostro, noi riceviamo e doniamo,
siamo attraversati da una vita, che viene da prima di noi e va oltre noi.
Rese grazie: al Padre e al ragazzo senza nome,
al suolo e alla pioggia d'autunno, alla macina e al fuoco, madre e padre del
pane. Tutto ci viene incontro, è vita che ci ospita. Che fa della vita un
sacramento di comunione.
E li diede. Perché la vita è
come il respiro, che non puoi trattenere o accumulare; è come una manna che per
domani non dura. Dare è vivere.
Gesù chiede loro di portagli
qual poco che hanno (5 pani e 2 pesci): il resto lo farà lui (se ci fidiamo).
Non accetta le solite scuse di noi che ci disinteressiamo dei problemi degli
altri dicendo: "io cosa posso fare? Non ho i mezzi per aiutarlo".
Inizia quel miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci che può essere
anche definito il miracolo della condivisione: condividi in Cristo quel poco
che hai e che sei ed egli lo moltiplicherà, lo renderà sovrabbondante (ne
avanzarono 12 ceste!).
Non cercare scuse dicendo che
tu non puoi fare nulla. Basta il tuo poco per sfamare moltitudini. Non
lasciarti scoraggiare dalle tue miserie, ma concentrati più che su i tuoi
limiti, sulla potenza di Dio (che può tutto, ma nulla fa senza il tuo assenso e
la tua collaborazione: altrimenti sarebbe magia!).
Dio trasforma quello che egli
stesso ci ha dato e ci chiede di portarlo agli altri, senza paura, confidando
in lui. Vedremo operare miracoli anche ai nostri giorni.