Messa in latino: le limitazioni imposte da papa Francesco (e le reazioni scomposte di chi non approva)
Con un motu proprio pubblicato il 16 luglio, Papa Francesco decide di dare delle strette alle celebrazioni in latino in rito preconciliare. Su Famiglia Cristiana, Avvenire (con un commento del teologo Sequeri) e Aleteia (che ripropongo sul post) troviamo delle ampie presentazioni del fatto. A reagire in maniera scomposta è ovviamente il mondo tradizionalista con le testate di destra: così Socci che su Libero titola: Papa Francesco cancella Ratzinger, Antonio Socci: l'errore che toglie libertà alla Chiesa e provocherà nuove divisioni, mentre su La Nuova Bussola Quotidiana si titola: "Il Papa decreta la condanna a morte della Messa antica" e "Non solo la Messa antica, viene cancellato Benedetto XVI".
Papa Francesco stoppa con un Motu proprio la messa in vetus ordo. Non sarà più possibile celebrarla, se non in casi eccezionali e sotto stretta autorizzazione del vescovo diocesano.
Dopo che Benedetto XVI, per venire incontro ai lefebvriani e ad altri tradizionalisti, aveva liberalizzato con il Motu proprio Summorum pontificum (2007) il messale preconciliare, la cosiddetta “messa antica”, Francesco ha messo un freno a quel cambiamento per i «troppi abusi» compiuti, in questi anni, dai celebranti.
Il Papa torna così a ribadire, con il Motu proprio Traditionis Custodes firmato oggi, che «i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano» (Rai News, 16 luglio).
“Situazione che mi addolora e mi preoccupa”
Il pontefice spiega che la decisione nasce da ampie consultazioni svolte negli anni scorsi per verificare l’attuazione della Summorum pontificum. Queste consultazioni «hanno rivelato una situazione che mi addolora e mi preoccupa, confermandomi nella necessità di intervenire – si legge nel Motu proprio –. Purtroppo l’intento pastorale dei miei Predecessori, i quali avevano inteso ‘fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare in quest’unità o di ritrovarla nuovamente’, è stato spesso gravemente disatteso».
Una possibilità, prosegue Papa Francesco, «offerta da san Giovanni Paolo II e con magnanimità ancora maggiore da Benedetto XVI, al fine di ricomporre l’unità del corpo ecclesiale nel rispetto delle varie sensibilità liturgiche». Eppure, questa opzione «è stata usata per aumentare le distanze, indurire le differenze, costruire contrapposizioni che feriscono la Chiesa e ne frenano il cammino, esponendola al rischio di divisioni».
Abusi e divisioni
«Mi addolorano – ha spiegato il Papa – gli abusi di una parte e dell’altra nella celebrazione della liturgia. Al pari di Benedetto XVI, anch’io stigmatizzo che “in molti luoghi non si celebri in modo fedele alle prescrizioni del nuovo Messale, ma esso addirittura venga inteso come un’autorizzazione o perfino come un obbligo alla creatività, la quale porta spesso a deformazioni al limite del sopportabile”».
Ma non di meno, prosegue il pontefice, «mi rattrista un uso strumentale del Missale Romanum del 1962, sempre di più caratterizzato da un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, con l’affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la Tradizione e la “vera Chiesa”».