Omelia per la XX domenica del tempo ordinario (16 agosto): "Donna, grande è la tua fede!"
Perchè? Ci sono diverse ipotesi:
I- quella che Gesù stia facendo una sorta di "recita", stia inscenando una parte per arrivare a far capire ai suoi discepoli, duri a cambiare opinioni sedimentate da secoli, che la salvezza è per tutti i popoli (già nel cap. 8° Gesù aveva lodato la fede di un pagano, un centurione romano, dicendo: “In verità vi dico in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande”);
II- quella che anche Gesù abbia dovuto convertirsi dalle influenze culturali del tempo per giungere, attraverso degli incontri con la fede dei pagani, a cambiare idea e a cogliere il valore salvifico universale della sua parola e persona;
III- quella di un atteggiamento pedagogico rivolto agli stranieri che sarebbero diventati cristiani, di umiltà e di consapevolezza di essere stati lontani dal Dio vero, tronfi della superiorità della propria cultura (ciascun popolo si sente superiore degli altri), per giungere a invocare l'aiuto senza presunzioni, ma con la certezza di essere stati gratuitamente accolti da Dio nel nuovo popolo.
Noi protendiamo per la prima ipotesi, senza scartare le altre (in particolare la terza). Da notare che i discepoli si fanno ancora una volta mediatori: chiedono (anzi, implorano) a Gesù di esaudirla, ma non perchè toccati dalla sua sofferenza di madre, ma perchè "ci viene dietro gridando": ci è di imbarazzo, di fastidio, come in fondo le folle prima della moltiplicazione dei pani: "congedale perchè se ne vadano (a trovare del cibo)".
Gesù risponde ai discepoli mostrando quella che è la posizione religiosa tradizionale: "Dobbiamo pensare al popolo d'Israele, prescelto, l'unico salvato" (aggiungendo di essere stato mandato per ritrovare le "pecore perdute della casa d'Israele"). Posizione che fa eco alle nostre quando diciamo: prima dobbiamo pensare agli italiani, poi, se avanza, penseremo anche agli altri. O al noto slogan di Trump: "American first", prima l'America.
La cananea (appartenente ad un popolo nemico, fiero, antico) si era già umiliata gridando: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide!". Al suo silenzio e poi al rifiuto (che assomiglia alle nostre preghiere che sembrano non trovare risposta, dove Dio sembra non rivolgerci lo sguardo, ma rimanere indifferente al nostro bisogno), segue una invocazione ancora più accorata: "Signore, aiutami!" gli dice prostrandoglisi davanti.
Al che Gesù risponde riprendendo una affermazione tipica degli ebrei nei confronti dei pagani: li considerano dei "cani", non uomini, non figli. Così Gesù, con sconcertante durezza: "Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". Ma la donna non demorde, non smette di avere fede nel fatto che lui possa e voglia aiutarla. La sua è una preghiera insistente, umile: "E' vero", risponde, "eppure i cagnolini mangiano le briciole cadute dalla tavola dei loro padroni". E' vero: siamo degli animali, non uomini. Lo siamo perché siamo lontani da Dio, lontani da una umanità piena, ma ci bastano le briciole. Concedici le briciole.
A questo punto Gesù può indicarla come esempio, come testimone di vera e grande fede: i suoi discepoli possono finalmente rendersi conto di quanta fede abbia questa donna, una pagana. "Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri".
Ha riconosciuto la sua povertà, il suo bisogno. Ha toccato il fondo della propria condizione, come il figliol prodigo, e ora può accogliere la salvezza: ha nel cuore la speranza che non delude, la fede che la unisce a Dio.