All'inizio dell'anno catechistico: riflessioni e materiale utile
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Passi verso una catechesi che si rinnova
Traccia ad uso dei catechisti
di Don Michele Roselli, Ufficio Catechistico Diocesano di Torino
Premessa: la fede è dono di Dio. Credere è accogliere la sua iniziativa gratuita. È sempre Lui che ci rivolge per primo la parola, che entra in dialogo con noi, per fare comunione con noi (Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sé, cfr DV 2).
1. La situazione attuale della catechesi in Italia
1.1 La fotografia…
• Nelle nostre parrocchie è largamente diffusa una forma di catechesi che chiamiamo catechismo, connotato da caratteristiche inconfondibili: un maestro, una classe, un libro, un programma, le “presenze”.
• Essa è indirizzata soprattutto ai bambini e ai ragazzi (in particolare 6-14 anni); scarsa quella degli adulti.
• È una catechesi proposta in vista dei sacramenti, “per ricevere la prima comunione”, “per fare la cresima”…
• È svolta da catechisti (anzi da catechiste, anzi da mamme…) volenterosi ed ‘eroici’, ma non sempre adeguatamente preparati per svolgere la loro missione e che talvolta non sentono l’appoggio della comunità.
1.2 Gli effetti
• i ragazzi abbandonano dopo la Cresima, anzi dopo la Comunione, sono demotivati…
• le famiglie non possono “obbligare” e spesso delegano alla parrocchia il compito di educare alla fede
• gli amici e i ritmi di vita incoraggiano l’abbandono
• i catechisti sono stanchi e sfiduciati. La loro è una “mission impossible”, gli si chiede di fare (in un’ora a settimana e da soli!) il lavoro iniziatico prima svolto da tanti soggetti (la famiglia, la scuola, la società) nell’arco di una vita
• si rischia di realizzare cammini “fai da te” nel tentativo di superare le difficoltà e con l’illusione che “basta che i ragazzi si divertano”.
2 2. Un modello in crisi: perché?
2.1 Uno sguardo alla storia. Da dove veniamo? La società cristiana
• Questo modello di catechesi (“tridentino”) ha funzionato dal XVI secolo fino ad oggi, perché era inserito in un contesto sociale (il mondo, la cultura) ed ecclesiale differente, detto di cristianità.
• Esisteva cioè, una specie di “catecumenato sociale” che iniziava le giovani generazioni alla vita di fede. Le agenzie di educazione e socializzazione (la famiglia, la scuola, la Chiesa) e la società circostante erano impregnati di riferimenti e valori religiosi. Si era come “immersi” in un bagno di vita cristiana per cui “diventare grandi” e “divenire cristiani” erano dinamiche che quasi coincidevano.
• In quel contesto la catechesi (la “dottrina”, il “catechismo”) assolveva la funzione di sviluppare la dimensione cognitiva della fede e serviva per imparare:
o cosa credere: il credo
o cosa ricevere: i sacramenti
o cosa fare: i comandamenti
o cosa domandare a Dio: le preghiere, in particolare il Padre nostro
2.2 Uno sguardo al presente, alla società, alla cultura. Dove siamo? La società post-cristiana.
• Cambia la società, la cultura, la comunicazione. Forte mobilità: viviamo immersi nel flusso di persone, di idee, di lavoro. Ciò provoca smarrimento, confusione e fragilità.
• Cambia la mentalità religiosa: “la prima generazione incredula”: indifferenza al fatto religioso, oppure fede vissuta in funzione del proprio benessere psicologico, o ancora fede bricolage
• Cambia il ruolo educativo della famiglia: crollo dell’autorità, visione educativa sempre più estranea ai fondamentali valori sociali, morali e religiosi; assenza dell’educazione religiosa.
• Cambia l’immagine della parrocchia: quale immagine di Chiesa ci abita? Crollo del senso di appartenenza comunitario. Parrocchia-distributore di servizi religiosi (battesimi, matrimoni….), parrocchia-panetteria sacra….
2.3 In sintesi…
Oggi questo modello di comunicazione della fede appare in crisi:
• perché presuppone una fede già in atto. Ma il mondo è cambiato è il meccanismo sopra descritto appare inceppato
• perché la fede non è solo contenuto da conoscere, ma Qualcuno da incontrare, a cui af-fidarsi. E perché questo sia possibile ci vogliono testimoni, non maestri (cfr Paolo VI).
3. Uno sguardo di fede per organizzare la speranza
Tutto è perduto? No, anzi! La crisi può essere occasione per recuperare uno sguardo di fede…
…su Dio, che non ha disertato il mondo
…sugli uomini e le donne di questo tempo, da guardare con sim-patia
…sulla Chiesa, invitata a recuperare il suo “centro”, la sua responsabilità verso il Vangelo e verso l’umanità (“Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente”, cfr Mt 28,16- 20).
La crisi può dunque divenire una chance e la chiesa è invitata riscoprire “la missione di annunciare il Vangelo”.
3.1 Una chiesa dal volto missionario…
• la missione… chiamati a “passare dalla pastorale dei campanili alla pastorale dei campanelli” (L. Soravito, vescovo di Adria-Rovigo). La fede non si può più dare per presupposta. Occorre una conversione di tutta la pastorale, che miri non a “conservare”, ma “iniziare” o “re-iniziare” alla fede.
3.2 …che dà voce e corpo…
• di annunciare...e testimoniare. La catechesi viene reinserita nel processo più ampio di evangelizzazione, processo che va dal “primo annuncio” del nome di Gesù Cristo (o “proposta della fede”), passa per la mistagogia e diventa educazione permanente della fede.
3.3 ..al Vangelo: la buona Notizia di Dio
• il Vangelo. Non (solo e prima di tutto) la dimensione morale della fede; non (solo) la dimensione conoscitiva della fede (non si arriva a credere per conclusione “logica” di un ragionamento, o per dimostrazione del teorema-Dio). La risposta della fede coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni della vita (il lavoro, gli affetti, il riposo, le fragilità….).
In sintesi, sono illuminanti le parole dei Vescovi italiani, al n.1 del documento sulla parrocchia del 2004:
“Una pastorale tesa unicamente alla conservazione della fede e alla cura della comunità cristiana non basta più. È necessaria una pastorale missionaria, che annunci nuovamente il Vangelo, ne sostenga la trasmissione di generazione in generazione, vada incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo testimoniando che anche oggi è possibile, bello, buono e giusto vivere l’esistenza umana conformemente al Vangelo e, nel nome del Vangelo, contribuire a rendere nuova l’intera società”.4. Alla ricerca della fede perduta! Ecco il passaggio
4.1 La riscoperta del modello “catecumenale” per la Iniziazione Cristiana (IC)
• Bisogna iniziare da capo a fare i cristiani.
• Ciò chiede di passare dal catechismo (centrato sui bambini e in vista dei sacramenti) ad un processo di iniziazione che coinvolge gli adulti ed è finalizzato alla vita cristiana. (cfr sottotitoli dei Catechismi CEI per i fanciulli e i ragazzi).
• È questa la direzione intuita dalla Chiesa italiana – ma non solo – per uscire dalla crisi. Si tratta di una svolta, ancora faticosamente in fase di attuazione. La carta è disegnata, ora ci vogliono pionieri coraggiosi!
4 4.2 L’iniziazione…
Richiamo qui alcune dimensioni contenute nel concetto di iniziazione, utili per una definizione della Iniziazione Cristiana (IC)
• è un’azione, implica un processo, allude ad un dinamismo
• il termine evoca l’inizio, il principio…
• …ma anche l’entrare in ( e quindi l’avviare…)
• nella sua accezione antropologica, richiama la formazione e i riti, attraverso i quali si realizza l’ingresso nel gruppo (nella comunità) degli adulti
4.3 …cristiana
• IC è Introdurre alla vita cristiana in tutte le sue dimensioni:
di comunione: l’esperienza di comunità cristiana e il progressivo inserimento in essa
liturgica: l’esperienza della preghiera personale e comunitaria, la celebrazione dei riti
morale: lentamente assumere la mentalità di Cristo, lasciandosi conformare a Lui; fare esperienza della fede che trasforma la vita
della testimonianza di vita: nel mondo e non solo nella comunità
di catechesi e di annuncio: l’evangelizzazione e la conversione personale
• IC è far fare esperienza (tirocinio), è un apprendistato
• IC è un cammino serio, che richiede un tempo prolungato e che è compito di tutta la comunità (“non solo catechisti e sacerdoti, ma tutta la comunità dei fedeli” AG, 14)
4.4 IC e catecumenato
• Questo cammino lungo e impegnativo di IC avviene nel corso del catecumenato (NB in tutti i documenti della chiesa, i due termini IC e catecumenato sono sempre presentati insieme, e alla fine, il loro significato rischia di sovrapporsi):
• Il termine catecumenato è storico, rimanda ad una istituzione della chiesa degli inizi (soprattutto II-III secolo), attraverso la quali si era iniziati, si diventava cristiani. La sua riscoperta attuale è motivata da una forte analogia tra quel contesto storico, culturale, di fede e quello dei nostri giorni.
• Una precisazione terminologica.
Cammino catecumenale: per coloro che non hanno ancora ricevuto il dono del Battesimo
Cammino di “tipo catecumenale”: per bambini e ragazzi che, avendo già ricevuto il Battesimo da piccoli, devono completare la loro iniziazione Cristiana; per adulti che già iniziati sacramentalmente, “ricominciano” a credere2 .
2 “Si usa il termine catecumenato quando ci si riferisce a giovani, adulti, ragazzi i quali non sono cristiani e desiderano diventarlo…quando ci si muove in situazioni analoghe con ragazzi e che devono completare la loro Iniziazione Cristiana, giovani e adulti che chiedono la Cresima, fidanzati in vista del Matrimonio in Chiesa, genitori che desiderano il Battesimo per il figlio neonato, giovani e adulti che si riavvicinano alla fede cristiana si parla di itinerari di tipo catecumenale. Sono cioè itinerari nei quali si opera con i medesimi criteri del catecumenato e dell’iniziazione cristiana, salvo modificarne la terminologia per non creare confusione”. Cfr ARCIDIOCESI DI TORINO, Istruzioni per il catecumenato degli adulti, dei ragazzi con le famiglie e altre situazioni pastorali, pag. 23