SOUL: il mio commento, quello di D'Avenia ("Avere un'anima") e quello di altre voci cattoliche
Uscito direttamente in streaming il 25 dicembre sulla piattaforma Disney, Soul è il film di animazione della Pixar, scritto e diretto da Pete Docter, autore anche di “Monsters & Co” (2001), “Up” (2009) e “Inside Out” (2015), nonché della sceneggiatura dei primi due “Toy Story”, tutti targati Disney-Pixar. Sarebbe stato un blockbuster assicurato, nonostante sia destinato ad un pubblico non troppo piccolo (almeno 7 anni?).
Lo consiglio: piacevole e ben fatto, pieno di citazioni colte e di musica raffinata, colpisce soprattutto per il messaggio finale che invita ad amare la vita nelle sue molteplici piccole gioie, relativizzando il "progetto" per cui siamo nati, motivo spesso di frustrazione per i desideri irrealizzati e, forse, irrealizzabili. Ma sono anche rimasto perplesso per l'immaginazione laicista e filosofeggiante dell'aldilà. Scrive su facebook uno stimato amico-critico (fr. Francesco Di Pede):
Bellissimo piano visivo e bellissime le varie citazioni, anche alla creatività italiana, ma sul piano antropologico l'aldilà continua ad essere dipinto con molta, eclettica confusione. Mi verrebbe da citare Chesterton: "Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto".
Protagonista è (l'anima di) Joe Gardner, insegnante di musica e aspirante pianista jazz. La sua vita (deludente) è solo il preambolo per raccontare la sua vicenda: ha finalmente l'occasione della sua vita per suonare con una jazzista importante. Esaltato non si accorge di un tombino aperto e vi cade.
Si ritrova in un mondo nuovo che deve imparare a decifrare. Per sbaglio si ritrova
nell’Ante-Mondo, un non-luogo che precede l’Aldilà dove in realtà nascono e si strutturano le nuove anime accompagnate da speciali “consulenti” che fanno da mentori (ad esempio Abraham Lincoln o Madre Teresa di Calcutta). Joe è scambiato per uno di questi, chiamato quindi ad affiancare il viaggio verso la Terra di “22” (Tina Fey), una giovane anima irrequieta. Joe però vuole tornare lui stesso sulla Terra, in vita, perché avverte un irrisolto, che ha ancora qualcosa da concludere… (Dalla scheda CNVF della CEI che lo valuta: consigliabile, poetico ed adatto per dibattiti).
Ma è la recensione di Alessandro D'Avenia che desidero segnalare: nella rubrica settimanale pubblicata sul Corriere, oggi (n.62. Avere un'anima) scrive:
A ricordarci che abbiamo un’anima ci pensano i cartoni animati. Soul, film Disney-Pixar di Natale, ha invaso gli schermi di coloro che, chiusi in casa e in cerca di leggerezza, si sono trovati invece nel bel mezzo di un gioco serissimo. (...)
Anche noi abbiamo un’anima, altrimenti non potremmo sollevarci sopra il fluire del tempo, ne saremmo parte come un ignaro pezzetto di natura. Noi scorriamo, sì, ma, a differenza di piante e animali, ne siamo consapevoli. Per questo cerchiamo di dare una forma al tempo e un senso al suo scorrere: «trovare il proprio posto nel mondo», «realizzarsi», diciamo, come se quel posto non l’avessimo già o non fossimo già abbastanza «reali». Più che trovarlo, questo posto, occorre abitarlo e, prima di realizzarsi, occorre essere reali, cioè imparare l’arte di vivere a prescindere dai risultati. Soul cerca di narrare che, per essere felici, bisogna essere prima che, come si pensa oggi, costruirsi.
Avere un’anima significa infatti imparare l’arte di vivere per poi «realizzare» le opere della propria unicità, a prescindere dall’eventuale successo. Siamo fatti per vivere e poi per creare vita, ma per dare vita, la vita bisogna prima averla in sé. Invece una certa idea diffusa di felicità intesa come «costruzione» individuale in base a risultati quantificabili (tutto oggi si misura, perché tutto è prestazione) ha indebolito la nostra arte di vivere, cioè dello «stare» nella vita, perché la felicità non è primariamente una cosa «da fare» ma «da ricevere». Capita a tanti oggi di non riuscire a «realizzarsi» e per questo sentirsi falliti. Ma la nostra anima sa gioire anche in assenza di «successo», purché ne si coltivi, nell’ordinario, la capacità di risonanza. (...)
La nostra vita ha senso infatti non solo perché «realizziamo» ciò che sogniamo e magari qualcuno ce lo riconosce (esito per altro non garantito), ma semplicemente perché «viviamo» la Vita, cioè diventiamo capaci di riceverla tutta nel singolo istante, grazie all’ampiezza dell’anima. E in questa gioia profonda e interiore ogni posto diventa il nostro posto nel mondo, ogni tempo il nostro tempo: si è felici non perché si ha successo, ma si ha successo perché si è felici. Lo capirà Joe? E noi?
PER APPROFONDIRE:
- “Soul”, esempio di un cinema davvero adulto (Avvenire)
- La Filosofia di “Soul”. Il Talento e la Vocazione (Tlon)
- Soul: un anno nuovo tutto da “jazzare” (Breviarium)