Il decalogo per una buona comunicazione (digitale): verso la GMCS del 2 giugno
Domenica 2 giugno la Chiesa celebrerà la 53ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, in occasione della quale Papa Francesco ha inviato il messaggio «“Siamo membra gli uni degli altri” (Ef 4,25). Dalle social network communities alla comunità umana». Sull'argomento presento un video del sito Weca che presenta il messaggio del Papa, un "decalogo della buona comunicazione", "10 regole di una mamma per il buon utilizzo dello smartphone" e un libro recente di Stefania Garassini: "Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima)".
Il sito Weca propone un approfondimento del messaggio con don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana, e le domande di Fabio Bolzetta, anche alla luce del libro “Dalle communities alle comunità“, edito da Morcelliana, che contiene i commenti di numerosi esperti alle parole del Papa, e a due settimane dal convegno #Comunitàconvergenti ad Assisi.
Il decalogo della buona comunicazione
E' stata presentata venerdì 3 maggio, nella sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), la Carta di Assisi, il primo manifesto internazionale che propone una serie di buone pratiche della comunicazione per contrastare la violenza verbale e scritta, soprattutto sui social network. Buone pratiche che sono andate a formare un decalogo. Eccolo:
1.L’ostilità è una barriera che ostacola la comprensione. Nel rispetto del diritto-dovere di cronaca e delle persone occorre comprendere. Scriviamo degli altri quello che vorremmo fosse scritto di noi.
2.Una informazione corretta lo è sempre, sono la fiducia e la lealtà a costruire una relazione onesta con il pubblico. Non temiamo di dare una rettifica quando ci accorgiamo di aver sbagliato.
3.Difendiamo la nostra dignità di persone, ma anche quella altrui, fatta di diversità e differenze. Tutti hanno diritto di parlare e di essere visibili. Diamo voce ai più deboli.
4.Costruiamo le opinioni sui fatti e quando comunichiamo rispettiamo i valori dei dati per una informazione completa e corretta. Dietro le cifre ci sono gli esseri umani. Impariamo il bene di dare i numeri giusti.
5.Se male utilizzate, le parole possono ferire e uccidere. Ridiamo il primato alla coscienza: cancelliamo la violenza dai nostri siti e blog, denunciamo gli squadristi da tastiera e impegniamoci a sanare i conflitti. Le parole sono pietre, usiamole per costruire ponti.
6.Facciamoci portavoce di chi ha sete di verità, di pace e di giustizia sociale. Quando un cronista è minacciato da criminalità e mafie, non lasciamolo solo, riprendiamo con lui il suo viaggio. Diventiamo scorta mediatica della verità.
7.Con il nostro lavoro possiamo illuminare le periferie del mondo e dello spirito. Una missione ben più gratificante della luce dei riflettori sulle nostre persone. Non pensiamo di essere il centro del mondo.
8.Internet è rivoluzione, ma quello che comunichiamo è rivelazione di ciò che siamo. Il nostro profilo sia autentico e trasparente. Il web è un bene prezioso: viviamolo anche come bene comune.
9.La società non è un groviglio di fili, ma una rete fatta di persone: una comunità in cui riconoscersi fratelli e sorelle. Il pluralismo politico, culturale, religioso è un valore fondamentale. Connettiamo le persone.
10.San Francesco d’Assisi operò una rivoluzione, portare la buona notizia nelle piazze; anche oggi una rivoluzione ci attende nelle nuove agorà della Rete. Diamo corpo alla notizia, portiamola nelle piazze digitali.
«Abbiamo imparato a solcare i mari e ad attraversare i cieli, ma questa Carta ci dice che c’è ancora bisogno di imparare a camminare come fratelli. A noi è affidato il compito di raccontare per incontrarci, questo è l’impegno della Carta di Assisi», ha dichiarato padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, ideatore insieme a Beppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), del decalogo.
Il Manifesto non deve essere ridotto ad una «Carta deontologica per i giornalisti, è una dichiarazione di fratellanza universale contro il muro dell’odio che chiama in causa tutti gli operatori di pace», ha rilevato il presidente della Fnsi e, ha proseguito, questo è «il primo manifesto internazionale nato dal basso contro i muri mediatici» perché le parole, «se utilizzate in modo scorretto possono essere pietre».
Giulietti e Fortunato, primi firmatari della Carta, hanno deciso di coinvolgere i tre esponenti delle fedi monoteiste: l’imam della Grande Moschea di Roma Saleh Ramadan Elsayed, la presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello e il prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini, che hanno accolto con entusiasmo l'invito. Quest'ultimo ha definito il manifesto: «Un giuramento d’Ippocrate contemporaneo».
La Carta di Assisi si propone come ponte tra il mondo laico e quello religioso, un ponte che deve portare ad un incontro anziché allo scontro. Tanti i contributi dal mondo del giornalismo italiano, da Aldo Cazzullo a Lucia Annunziata, da Paolo Borrometi a Carlo Verna.
1.L’ostilità è una barriera che ostacola la comprensione. Nel rispetto del diritto-dovere di cronaca e delle persone occorre comprendere. Scriviamo degli altri quello che vorremmo fosse scritto di noi.
2.Una informazione corretta lo è sempre, sono la fiducia e la lealtà a costruire una relazione onesta con il pubblico. Non temiamo di dare una rettifica quando ci accorgiamo di aver sbagliato.
3.Difendiamo la nostra dignità di persone, ma anche quella altrui, fatta di diversità e differenze. Tutti hanno diritto di parlare e di essere visibili. Diamo voce ai più deboli.
4.Costruiamo le opinioni sui fatti e quando comunichiamo rispettiamo i valori dei dati per una informazione completa e corretta. Dietro le cifre ci sono gli esseri umani. Impariamo il bene di dare i numeri giusti.
5.Se male utilizzate, le parole possono ferire e uccidere. Ridiamo il primato alla coscienza: cancelliamo la violenza dai nostri siti e blog, denunciamo gli squadristi da tastiera e impegniamoci a sanare i conflitti. Le parole sono pietre, usiamole per costruire ponti.
6.Facciamoci portavoce di chi ha sete di verità, di pace e di giustizia sociale. Quando un cronista è minacciato da criminalità e mafie, non lasciamolo solo, riprendiamo con lui il suo viaggio. Diventiamo scorta mediatica della verità.
7.Con il nostro lavoro possiamo illuminare le periferie del mondo e dello spirito. Una missione ben più gratificante della luce dei riflettori sulle nostre persone. Non pensiamo di essere il centro del mondo.
8.Internet è rivoluzione, ma quello che comunichiamo è rivelazione di ciò che siamo. Il nostro profilo sia autentico e trasparente. Il web è un bene prezioso: viviamolo anche come bene comune.
9.La società non è un groviglio di fili, ma una rete fatta di persone: una comunità in cui riconoscersi fratelli e sorelle. Il pluralismo politico, culturale, religioso è un valore fondamentale. Connettiamo le persone.
10.San Francesco d’Assisi operò una rivoluzione, portare la buona notizia nelle piazze; anche oggi una rivoluzione ci attende nelle nuove agorà della Rete. Diamo corpo alla notizia, portiamola nelle piazze digitali.
«Abbiamo imparato a solcare i mari e ad attraversare i cieli, ma questa Carta ci dice che c’è ancora bisogno di imparare a camminare come fratelli. A noi è affidato il compito di raccontare per incontrarci, questo è l’impegno della Carta di Assisi», ha dichiarato padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, ideatore insieme a Beppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), del decalogo.
Il Manifesto non deve essere ridotto ad una «Carta deontologica per i giornalisti, è una dichiarazione di fratellanza universale contro il muro dell’odio che chiama in causa tutti gli operatori di pace», ha rilevato il presidente della Fnsi e, ha proseguito, questo è «il primo manifesto internazionale nato dal basso contro i muri mediatici» perché le parole, «se utilizzate in modo scorretto possono essere pietre».
Giulietti e Fortunato, primi firmatari della Carta, hanno deciso di coinvolgere i tre esponenti delle fedi monoteiste: l’imam della Grande Moschea di Roma Saleh Ramadan Elsayed, la presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello e il prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini, che hanno accolto con entusiasmo l'invito. Quest'ultimo ha definito il manifesto: «Un giuramento d’Ippocrate contemporaneo».
La Carta di Assisi si propone come ponte tra il mondo laico e quello religioso, un ponte che deve portare ad un incontro anziché allo scontro. Tanti i contributi dal mondo del giornalismo italiano, da Aldo Cazzullo a Lucia Annunziata, da Paolo Borrometi a Carlo Verna.
Le 10 regole di una mamma per un uso intelligente dello smartphone
Smartphone sì o smartphone no? E' questo il quesito che molte mamme quotidianamente si pongono davanti alle richieste, sempre più insistenti dei propri ragazzi, veri e propri bambini ben al di sotto anche dei 14 anni. Diciamocela tutta. Da una parte il cellulare regala a una mamma più sicurezza e tranquillità. E’ utile ad esempio per contattare e rintracciare il proprio figlio in ogni momento della giornata, per sapere come sta o dove sta. Uno smartphone nel giubbino di un bambino abbassa sensibilmente la naturale soglia di ansia dei genitori.
Dall’altra parte però è anche vero che molte mamme sono spaventate e preoccupate dall'uso improprio che i propri ragazzi ne potrebbero fare. I pericoli possono essere tanti: essere contattati e adescati da sconosciuti e malintenzionati su qualche social oppure la visione di contenuti violenti, forti e inadeguati. Insomma, pro e contro sono tanti. Ma non lasciamoci paralizzare dai dubbi. Quello che è importante non è il mezzo in sé, ma l’uso che se ne fa. E’ opportuno iniziare ad educare i propri ragazzi ad un uso corretto della tecnologia, senza eccessi e mantenendo sempre buon senso e autocontrollo.
Vi offriamo 10 regole, i migliori consigli pratici che abbiamo raccolto per voi sulla Rete, per spiegare ai vostri figli come usare correttamente la tecnologia e stare lontano dai pericoli, anche di salute, per la sicurezza e la tranquillità di tutte le mamme.
1. Se il cellulare squilla, rispondi sempre. Non si ignora mai una chiamata se sul display compare «mamma» o «papà»..
2. Non dimenticare mai l’educazione e le buone maniere. Rispondi sempre in modo gentile al telefono e limita l'impulso di controllare continuamente il cellulare a tavola, quando si studia o se si sta parlando con qualcuno . I primi a dare il buon esempio, in questo caso, dovremmo essere proprio noi genitori.
3. Che password usi? Fate in modo che i vostri figli vi lascino sempre tutte le password dei vari siti web a cui accedono. Questa regola non va imposta, ma condivisa per costruire un rapporto di fiducia e di rispetto reciproco. In caso di iscrizione a social e forum vari, sarebbe meglio farla insieme per evitare il rilascio incauto di dati personali sensibili.
4. Mai inviare o ricevere foto che ritraggono parti intime . Si chiama sexting ed è una delle pratiche più diffuse tra gli adolescenti e tra le più temute dai genitori . Questa regola va spiegata bene e senza falsi pudori: un’immagine impropria condivisa su WhatsApp o sui social diventa subito di dominio pubblico. Diventerà molto difficile cancellarla dal Web, rischiando di rovinare per sempre la reputazione di un ragazzo.
5. Non usare il cellulare per mentire, prendersi gioco di qualcuno, ingannare o parlare male degli altri . In sostanza, non fare e non dire agli altri quello che non vorresti fosse fatto o detto a te . Non prendere parte a conversazioni che potrebbero danneggiare altre persone. Sii un buon amico, prima di ogni altra cosa. Se non sai cosa fare, evita di partecipare a conversazione malevoli e sta lontano dai guai. In questo modo aiuterete i vostri figli a riconoscere anche i casi di cyber bullismo e a trovare il coraggio di parlarne se dovessero diventarne vittime.
6. Niente cellulare dopo le 21. Purtroppo tenere il cellulare acceso sul proprio comodino è una pratica molto diffusa e dannosa perché oltre a privarci di ore preziose di sonno, può causare insonnia, disturbi alla concentrazione e perdita della memoria .
7. Su Internet cerca soltanto ciò che poi potrai raccontarmi. E se hai domande su qualche argomento, ponila direttamente ai genitori. Ci sono passati prima di te e sapranno sicuramente capirti e trovare le parole giuste per spiegarsi.
8. Cambia spesso orecchio. Quando parli al cellulare, alterna la telefonata con entrambi gli orecchi. Diminuirai gli effetti termini di surriscaldamento causati dalle onde elettromagnetiche che potrebbero danneggiare i tuoi timpani ed essere causa precoce di sordità. Se possibile, fate sempre telefonate brevi.
9. Non tenere il cellulare nella tasca vicino al cuore. In generale, è bene sempre evitare di tenere lo smartphone a contatto diretto con il proprio corpo per evitare le onde elettromagnetiche. Con il tempo potrebbero purtroppo verificarsi dei danni biologici, anche a rischio cancerogeno, causati dalle radio frequenze. Infine ricorda: tieni il cellulare lontano dalla testa durante la composizione del numero. E’ il momento in cui funziona alla massima potenza ed emettono più onde.
10. Spegni il wi-fi di notte o quando non lo utilizzi. Eviterai di irradiare inutilmente te stesso, la tua famiglia e i tuoi vicini.
Infine, un’ultima regola, non scritta, ma forse la più importante di tutte: “ potremmo toglierti il telefono un giorno. Poi ci sederemo a parlare. Raggiungeremo un accordo e inizieremo da capo. Papà ed io stiamo imparando ogni giorno, proprio come te ”.
Infine, l’autrice afferma che “lo smartphone non è il demonio”. Attraverso questo decalogo, la Garassini non intende infatti screditare uno strumento cui riconosce il merito di “aprire magnifiche opportunità di conoscenze e di relazioni”. Per questo motivo è opportuno che i genitori aprano spazi di dialogo con i propri figli, “chiedendo loro magari un consiglio, facendosi spiegare meglio come funziona una certa app o che cosa va per la maggiore in rete e perché”. In questo modo si stimolerà più facilmente nei ragazzi un più profondo spirito di valutazione critica delle potenzialità dello smartphone ai fini di un uso progressivamente più libero e consapevole dello stesso strumento. D’altra parte, per i genitori, “imparare a chiedere consiglio farà sì che saranno poi meglio accolti quelli che daranno a loro volta”. In questo modo anche i più giovani apprenderanno che “tutto questo girovagare nel virtuale è utile se poi ci aiuta a vivere meglio con le persone che ci stanno intorno”.
Non regalare lo smartphone alla Prima Comunione
Internet e i moderni telefonini non sono da demonizzare, ma bisogna stare attenti a quali contenuti vengono esposti bambini e adolescenti, in primis la pornografia. Spesso lo smartphone crea dipendenza e genera una lotta quotidiana tra genitori e figli. Di questo e altro parla la psicoterapeuta Stefania Garassini nel suo saggio Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima)
“Lo smartphone è come una Ferrari che non andrebbe lasciata guidare a un neopatentato”. Usa quest’efficace similitudine la psicologa e psicoterapeuta Stefania Garassini per formalizzare nel suo saggio Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima), appena pubblicato da Ares, un primo monito razionalmente fondato e supportato da studi scientifici, sull’inopportunità di regalare precocemente uno smartphone ai propri figli.
Se Internet e i social network non sono da demonizzare, in quanto “nella rete, al di là dello schermo, continuano a esserci persone in carne e ossa, e con queste persone stabiliamo rapporti che hanno bisogno di proprie regole”, è però altresì opportuno aiutare i più giovani a “sforzarsi di tenere a bada l’impulsività che il mezzo induce”. Il compito primario dei genitori resta sostanzialmente quello di educare alla piena autonomia e alla capacità di scelta e, pertanto, alla vera libertà.
L’autrice suggerisce perciò un vero e proprio ‘decalogo’ di motivazioni. La seconda recita: “Regalare uno smartphone a un bambino è anche un incitamento a mentire”, nella misura in cui gli si consente di iscriversi su un social network, che prevede invece mediamente un’età minima di 13 anni. Tale limite d’età non è in effetti casuale, ma tiene conto di numerosi studi che hanno evidenziato l’influenza negativa dei social in una fase come la preadolescenza in cui è “così importante essere accettati da un gruppo e non sentirsi esclusi”. In questa fascia d’età, nella quale la ricerca di un’interazione sociale e la costruzione dell’immagine di sé assume un ruolo decisivo, “una dipendenza da like e commenti per rafforzare la propria autostima” rischia in effetti di compromettere la propria maturazione.
La terza indicazione sottolinea che “lo smartphone crea dipendenza”. Basti considerare che i video di Youtube si riproducono ormai automaticamente o “che sbloccare lo schermo equivale a entrare in un supermercato: crediamo di avere le idee molto chiare su quello che dobbiamo fare, ma ci ritroviamo a passare una ventina di minuti almeno a vagare fra app e servizi social, proprio come quando riempiamo il carrello di merci impensate che troviamo sugli scaffali”. E così, come ipnotizzati da una slot machine, lasciamo che ampie “fette di tempo siano risucchiate da aggiornamenti e notifiche”. Insomma, il mantra di una neutralità della tecnologia non esiste poiché tali mezzi, per il solo fatto di esistere, “cambiano il nostro modo di percepire la realtà e vivere le nostre relazioni”.
Il quarto imperativo esorta: “Non esporre tuo figlio a inutili rischi per la salute”. A tal proposito l’autrice ricorda che “caricare il telefono vicino al letto, usarlo per molto tempo attaccato all’orecchio con ogni probabilità è dannoso per un cervello adulto. Lo è ancora di più per il cervello in formazione di un preadolescente”, nella misura in cui genera campi “probabilmente cancerogeni” che hanno effetti negativi anche sul sonno. Di qui le indicazioni pratiche della Garassini a tenerlo lontano dal corpo e a non guardarlo più a partire da almeno un’ora prima di andare a dormire.
Il quinto suggerimento recita: “Non rubare l’infanzia a tuo figlio”. E invita i genitori a evitare di proiettarlo anzitempo in un mondo fatto da adulti e con contenuti pensati sostanzialmente per un pubblico tale. L’autrice menziona in proposito criticamente le recenti serie Netflix a portata di smartphone, nonché i social più in voga tra i ragazzi quali Tik Tok che ha sostituito Musical.ly, e l’incidenza della pornografia che “crea dipendenza e sostituisce l’immaginario romantico che tutti noi abbiamo alimentato fin dall’adolescenza con qualcosa di molto più crudo e materiale”. Quindi invita i genitori a “rafforzare l’autostima del proprio figlio, in modo che dipenda il meno possibile dai like sui social, a coltivare il gusto del racconto di sé stessi, ad abbassare il volume del pettegolezzo e dello spionaggio delle vite altrui, che lo smartphone incoraggia”.
La sesta ragione suggerisce: “Evita di creare un motivo di contenzioso educativo permanente”, invitando a procrastinare per un po’ il calcio d’inizio di una lotta quotidiana intrapresa per rispettare a tutti i costi delle ‘regole’ spesso puntualmente disattese su modalità e tempi adeguati di utilizzo dello smartphone. Tali regole sono necessarie, ma devono essere “poche, semplici e chiare”, possibilmente anche discusse e condivise con i figli. Certamente su questo punto non può mancare il buon esempio degli stessi genitori che, almeno a tavola e magari la sera al letto, dovrebbero evitare di mantenere i propri occhi fissi sullo smartphone.
La settima ragione è una domanda: “Come pensi di proteggere la navigazione su internet?” e l’invito è a usare programmi e applicazioni per filtrare i contenuti cui possono accedere i propri figli, nella consapevolezza che “l’unico filtro a resistere nel tempo sarà il senso critico e la capacità di valutare che sarai riuscito a comunicare a tuo figlio”.
“Lo smartphone non ti aiuterà a rimanere in contatto con tuo figlio”, ricorda ancora l’ottava indicazione. Utilizzare il telefono come una sorta di guinzaglio elettronico per geolocalizzare costantemente il proprio figlio è assolutamente deleterio, in quanto incrina quel rapporto di fiducia che è alla base di una sana relazione educativa. È invece preferibile insegnargli come cavarsela in una situazione critica prima di mettergli uno smartphone tra le mani.
“Ce l’hanno tutti. E allora?”. Non sarà facile scardinare la logica dominante del “così fan tutti” esplicitata mediante la nona ragione di questo decalogo; eppure bisogna sforzarsi di far comprendere al proprio figlio le motivazioni di una scelta controcorrente, imparando a fare squadra anche con gli altri genitori che condividono tale scelta.