Divorziati con nuova unione: le indicazioni dell'Amoris laetitia
Ventiseiesima puntata delle mie riflessioni sulla "vita sessuale tra Chiesa e società"
Nel lungo documento di papa Francesco non troviamo una “rivoluzione”
della dottrina morale, piuttosto uno stile pastorale concreto e delicato, che
non esclude nessuno: si ribadiscono i principi dottrinali (l’ideale), ma si
comprendono le difficoltà particolari a raggiungere in pienezza tale ideale.
Il capitolo ottavo, dedicato in prevalenza alla
questione spinosa dei divorziati risposati, propone già dal titolo la soluzione
individuata dal papa a partire dalle riflessioni sinodali: “Accompagnare,
discernere e integrare la fragilità”, una triade di cui abbiamo già accennato,
ma che merita un particolare approfondimento.
Innanzitutto
integrare: non sono scomunicati, essi appartengono al corpo della Chiesa e in
essa devono essere aiutati a trovare il proprio posto e il proprio ambito di
servizio (“evitando ogni occasione di scandalo”, n.299). Essi “formano sempre
la comunione ecclesiale” (n.243).
La logica
dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non
soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne
possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli
e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di
tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre
perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate
in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere
superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e
maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li
accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino
della vita e del Vangelo[1].
L’accompagnamento
deve essere “misericordioso e incoraggiante” (n.293), capace di valorizzare gli
“elementi costruttivi” (n.292) ed esprimere l’affetto e la delicatezza della Chiesa.
Infine, ma è la nota dominante,
l’accompagnamento è finalizzato al discernimento della situazione concreta e
particolare vissuta dalla coppia. Sono innanzitutto “da evitare giudizi
che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è
necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo
della loro condizione”[2].
Perché è fondamentale il discernimento? Perchè
I divorziati che vivono
una nuova unione possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono
essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare
spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale. Una cosa è una
seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà,
dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della
propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in
coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. (…) C’è anche il caso di quanti hanno
fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono
ingiusto, o quello di «coloro che hanno contratto una seconda unione in vista
dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza
che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato
valido»[3].
Altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con
tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e
famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai
suoi impegni familiari[4].
Discernere
non significa approvare o negare gli errori o i fallimenti: “Dev’essere chiaro
che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia”[5],
ma deve essere altrettanto chiara anche la necessità di distinguere
adeguatamente le diverse situazioni, giacché non esistono “semplici ricette”[6],
e che “non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche
situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi
della grazia santificante”[7].
Ne consegue che non ci si può aspettare una “nuova normativa generale di tipo
canonico, applicabile a tutti i casi”[8],
ne tantomeno che dei casi particolari diventino norma generale: “poiché «il
grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi», le conseguenze o gli
effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi”[9].
“Nemmeno – aggiunge il papa in una nota importantissima – per quanto riguarda
la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere
che in una situazione particolare non c’è colpa grave”[10].
Questa affermazione apre, con cautela, la possibilità concreta che, in casi
specifici e debitamente accompagnati e come frutto del discernimento e
dell’integrazione, i divorziati in nuova unione possano accedere ai sacramenti
della confessione e della comunione da cui erano esclusi[11].
In certi casi,
potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, ai sacerdoti ricordo
che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della
misericordia del Signore. Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio
per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli»[12].
Per
poter fare tale cammino di integrazione e discernimento è fondamentale che ci
sia la richiesta e la disponibilità da parte del divorziato risposato di
affidarsi ad un sacerdote che lo accompagni in un percorso dal tempo
imprecisato e con modalità da stabilire caso per caso. Inoltre:
Perché questo
avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza,
amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di
Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa[13].
E’
anche necessario che il divorziato risposato faccia (o inizi a fare) un cammino
di fede impegnato, costante e coerente e che sia consapevole che il suo vissuto
matrimoniale è, e rimarrà, in contrasto con l’ideale cristiano.
In questo processo
sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di
pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati
verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono
stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner
abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e
la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono
preparare al matrimonio[14].
I presbiteri devono evitare “eccezioni
o privilegi”: il percorso va fatto seriamente, altrimenti si fa un cattivo
servizio alla Chiesa e alle persone stesse che vengono private di questa
occasione per fare un percorso di vera e profonda conversione. Allo stesso
tempo va evitato anche il rischio opposto: quello di chi si sente a posto
applicando rigidamente la legge morale nei confronti di chi vive situazioni
“irregolari”, “come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle
persone”[15].
“Comprendo – scrive sempre il papa
tendendo una mano a coloro che sono a disagio di fronte alla sua impostazione
“troppo aperta” – coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia
luogo ad alcuna confusione”, perché è indubbia la confusione tra i fedeli. Il papa comprende
il rischio, ma afferma:
Credo sinceramente
che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla
fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo
insegnamento obiettivo, «non rinuncia al bene possibile, benché corra il
rischio di sporcarsi con il fango della strada». I Pastori che propongono ai
fedeli l’ideale pieno del Vangelo e la dottrina della Chiesa devono aiutarli
anche ad assumere la logica della compassione verso le persone fragili e ad
evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti. Il Vangelo stesso ci
richiede di non giudicare e di non condannare[16].
E’ la
risposta indiretta ai “Dubia” dei cardinali emeriti Brandmüller, Burke,
Caffarra e Meisner i quali hanno polemicamente e pubblicamente espresso i loro
dubbi riguardo (anche) le indicazioni del papa sui divorziati in nuova unione.
[1] AL n.299
[2] Relatio finalis
2015, n.51
[3] Giovanni Paolo II, Familiaris
consortio, n.84.
[4] Papa Francesco, AL, n.299
[5] Id., n.299
[6] Benedetto XVI, Discorso
al VII Incontro Mondiale delle Famiglie, Milano (2 giugno 2012), risposta
5.
[7] Papa Francesco, AL,, 301
[8] Papa Francesco, AL,, 300
[9] Idem
[10] Id., nota n.336
[11] Sembra andare in questa direzione anche la lettera
“privata” inviata dal papa all’episcopato argentino che ha prodotto un
documento per i loro sacerdoti per l'applicazione di "Amoris
laetitia" sul punto cruciale della comunione ai divorziati risposati.
Secondo papa Francesco tali indicazioni "spiegano esaurientemente il senso
del capitolo VIII di 'Amoris laetitia'" e che "non ci sono altre
interpretazioni" che tengano. Cfr. www.osservatoreromano.va/it/news/discernimento-e-carita-pastorale del
12.09.16
[12] Id, 47 in AL 305
[13] Papa Francesco, AL, 300
[14] Relatio finalis
2015, 85
[15] Papa Francesco, AL, n.305
[16] Id., 308