Argentina: "no all'aborto libero". Alcune considerazioni...
tratte dal sito UCCR:
L’Argentina respinge l’aborto, storico voto grazie a donne e Chiesa
Quel che non accadde in Italia il 22 maggio 1978 e in Irlanda il 25 maggio 2018, è accaduto oggi in Argentina. La legalizzazione dell’aborto è stata storicamente respinta da 38 deputati contro 31, preferendo salvare “entrambe le vite” -secondo lo slogan dei pro-life argentini- quella della madre e quella del figlio. Molto ha influito lo schieramento compatto per il “no” della Conferenza episcopale, guidata da vescovi vicini all’argentino Papa Bergoglio e da lui scelti personalmente.
E’ una sconfitta del potente apparato mediatico che ha letteralmente censurato le migliaia di manifestanti per la vita caratterizzate dal colore “azzurro”: in pagina solo ed esclusivamentefotografie delle bandiere “verdi”, quelle pro-aborto (e anche in questi primi minuti dopo il voto, i quotidiani esteri -in Italia quasi nessuno ha ancora dato la notizia- scelgono foto di manifestanti “verdi” tristi e sconsolati, ignorando la esultante “marea azzurra”). Un esempio su tutti: nonostante un sondaggio avesse riportato che la maggioranza delle donne argentine era schierata contro l’aborto, ieri La Stampa informava dell’evento raccontando della sfida delle donne per l’aborto legale e dando visibilità solo alla “marea verde”.
E’ una vittoria per coloro che non credono che la storia sia irreversibile. Il fatto che vi sia stata un’Irlanda che ha ceduto, non significhi che la battaglia per il diritto alla vita sia compromessa. El Salvador ha recentemente respinto la legge sull’interruzione di gravidanza -annullando le pressioni di New York Times e Amnesty International– e lo stesso ha fatto oggi l’Argentina.
Ieri raccontavamo quanto la Chiesa ci abbia messo la faccia, come da qualche minuto è stato ribadito anche da Clarin, principale quotidiano di Buenos Aires. Anche l’Osservatore Romano e Vatican News hanno seguito il dibattito in questi mesi, sottolineando la mobilitazione in difesa della vita e a “favore degli scartati”. Linguaggio bergogliano, chiaramente, in quanto il Papa è stato comunque un protagonista. Sia perché i vescovi che hanno organizzato marce, celebrazioni e chiesto intercessioni alla Vergine di Luján, patrona del popolo argentino, hanno animato cattolici, protestanti e non cattolici con le tante citazioni di Francesco sull’aborto come dramma, «non come diritto» (dall’esortazione apostolica Gaudete et exsultate). Sia perché i pastori più attivi sono stati Víctor Manuel Fernández, arcivescovo di La Plata e collaboratore personale di Papa Bergoglio, e il card. Mario Poli, arcivescovo di Buenos Aires, che ha tenuto uniti i deputati contro l’aborto. Poli è stato scelto da Francesco come suo successore nell’arcidiocesi della capitale argentina, dove ieri sera ha celebrato una partecipatissima messa “per la vita”.
La Conferenza Episcopale ha saputo convogliare molti voti della sinistra e delle femministe. L’intervento che verrà più a lungo ricordato sarà quello del del deputato Luis Gustavo Contigiani del Frente Progresista Cívico y Social il quale, staccandosi dall’orientamento del suo partito, ha annunciato con passione e commozione -consapevole della portata delle sue parole- il sostegno alla vita. Da socialista convinto, ha affermato che «non c’è un atto più rivoluzionario che difendere la vita e la giustizia sociale per la patria. Non posso dissociare la mia lotta per la giustizia sociale, per lo sviluppo del nostro paese, per l’uguaglianza delle opportunità. Non posso dissociare questo alla lotta per ciò che si trova nel ventre di una madre, che ha lo stesso diritto di vivere della madre da cui è nato. Siamo tutti giustizieri nel campo dell’economia, sono il primo che difende il lavoro, che difende i poveri,
però nel campo della vita siamo privatisti, ci doniamo al mercato, non c’è più interesse pubblico, nessuno che difende nessuno. Io pretendo di essere coerente, signor presidente!». E coerenza è stata.
però nel campo della vita siamo privatisti, ci doniamo al mercato, non c’è più interesse pubblico, nessuno che difende nessuno. Io pretendo di essere coerente, signor presidente!». E coerenza è stata.
AGGIORNAMENTO, ORE 17:00
Nelle piazze della capitale i sostenitori dell’aborto hanno aggredito i manifestanti pro-vita con lancio di oggetti e bottiglie. La polizia ha risposto con gas lacrimogeni e almeno una persona è rimasta ferita. Ricordiamo che nulla di tutto questo accadde -a parti invertite- quando l’aborto divenne legale in Irlanda, due mesi fa. Atti che parlano da soli e mostrano dove sia di casa la violenza, non solo culturale.
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Questa è invece la riflessione di Luciano Sesta ospitata nel blog di don Mauro Leonardi: "L’Argentina dice “no” all’aborto libero"
Chiunque abbia visto come si pratica un aborto, anche oltre il primo trimestre di gravidanza, capisce immediatamente che si tratta di una cosa terribile, che si può tollerare, a malincuore, solo per salvare la vita della madre. In Argentina, per fortuna, la pensano ancora così. La legge, infatti, autorizza l’aborto solo quando la gravidanza è frutto di uno stupro o in caso di pericolo per la vita della madre, ed è stato appena bocciato un progetto di legge che, invece, avrebbe reso l’aborto libero e gratuito in tutti gli altri casi, su richiesta della gestante.
Molti si sono scandalizzati. E ne capisco i motivi: le donne, se non lo desiderano, non possono essere costrette a proseguire la gravidanza, e non le si può abbandonare in situazioni economico-sociali spesso drammatiche. Aiutare le donne, in questi casi, significa però rimuovere le circostanze che rendono per loro difficile, se non impossibile, far nascere il loro bambino, non sopprimerlo. Chi in questi giorni protesta contro la decisione del Senato argentino, non sembra comprendere che, se il progetto di legge fosse passato, avremmo avuto cittadine argentine di seria A, che sono libere di abortire o meno, e cittadine argentine di serie B, che hanno solo la libertà di abortire ma non quella di far nascere i loro figli.
La legalizzazione dell’aborto, insomma, è un’arma di distrazione di massa: sotto il paravento della libertà delle donne, infatti, ratifica le loro diseguaglianze economico-sociali, esonerando lo Stato dal dovere di rimuoverle. E, soprattutto, viola il diritto di ogni madre di essere messa in condizione di poter far nascere il proprio bambino, riconoscendo tale diritto solo alle donne benestanti. Non possiamo chiamare “libertà” di abortire quella che, quasi sempre, è solo la disperata “necessità” di farlo. Dicendo “no” all’aborto “libero”, l’Argentina lo ha capito, e ha così salvato le premesse di una maggiore giustizia sociale, smascherando le ipocrite inadempienze di uno Stato maschilista, che alle donne non dà sussidi, case e lavoro, ma che, in compenso, consente loro di sbarazzarsi, in forme igienicamente presentabili, del loro bambino.