Carlo Acutis, beato 2.0
La fede contagiosa del servo di Dio Carlo Acutis, morto a 15 anni e vissuto solo per amare il corpo di Cristo
Carlo, genio del computer morto a 15 anni: sarà il primo beato 2.0
Carlo Acutis è morto a 15 anni: una leucemia fulminante se l’è portato via nel giro di tre giorni, il 12 ottobre 2006. Ma le sue biografie — sia quella ufficiale della chiesa sia quella affettuosa della mamma — sembrano esondare da una vita tanto breve. E infatti, in concomitanza con la conclusione di questa prima fase della causa di beatificazione, vengono presentati un libro e un documentario che lo raccontano come «un adolescente del nostro tempo», ma non solo. «Era un ragazzino come gli altri — dice la madre Antonia — ma al tempo stesso mostrava qualità, energia e carisma fuori del comune». E racconta di Carlo che, a soli 7 anni, affronta e supera un esame condotto dall’ex segretario di papa Paolo VI, monsignor Pasquale Macchi, per accedere alla prima comunione in anticipo di due-tre anni rispetto al previsto. Ma ricorda anche di quel bambino che, tra gli 8 e i 9 anni, si fa regalare il primo computer e gira per casa con un camice su cui ha scritto «scienziato informatico» e che inizia a dilettarsi con giochi come la redazione e l’impaginazione di un giornalino, la creazione di filmati e animazioni che attirano in casa tanti amici. «Io sono la madre, ma mi creda: era proprio simpatico». Parallelamente alla creatività e alla sorprendente abilità tecnologica, cresce anche una fede tanto precoce quanto fervente. «E pensare che fino ad allora io ero stata in chiesa praticamente soltanto in occasione di comunione cresima e matrimonio — scherza la signora Antonia — e soltanto a quel punto mi sono sentita in dovere di approfondire, ho dovuto studiare per seguire lui».
Il ragazzo va a messa tutti i giorni, recita il rosario, diventa catechista ma al tempo stesso studia, aiuta i compagni in difficoltà, gioca a calcio («Gli piaceva molto, ma non era bravo e lo sapeva»), produce algoritmi per il suo computer e fa volontariato con i clochard e nelle mense dei poveri, con le famiglie delle colf che frequentano casa sua. «Diceva che tutti nascono originali ma molti muoiono come fotocopie — ricorda la mamma —e al suo funerale c’era una folla immensa, anche fuori dalla chiesa, gente che non avevo mai visto ma che lui aveva conosciuto durante i suoi giri nel quartiere, dove si fermava a parlare con tutti». Due mesi prima di morire, quando non poteva nemmeno immaginare la malattia, aveva registrato un video, ritrovato dai genitori molto tempo dopo: «Sorridendo diceva di essere pronto alla morte e chiedeva di essere sepolto ad Assisi». Desiderio esaudito. Durante la seconda fase del processo di beatificazione dovranno essere esaminati anche gli episodi (al momento tenuti segreti) che potrebbero essere considerati miracoli, una delle condizioni per essere dichiarati beati. Quanto a Internet, un patrono ci sarebbe già: San Isidoro di Siviglia, autore della prima enciclopedia, antesignana dei motori di ricerca e per questo associato al web da Giovanni Paolo II. Ma monsignor Viganò distingue senza esitazioni: «In questo caso siamo di fronte a una figura totalmente figlia della rete e dell’era digitale».