“STORIA DELLA SALVEZZA” (racconto in sintesi)
La rivelazione biblica
testimonia e afferma un incontro, un Dio che viene verso l’uomo, un Dio che
entra nella storia, che si fa storia, che fa la storia. (R. Cheaib)
L’antico testamento racconta la storia
dell’incontro di Dio con l’umanità, della scelta di un popolo, quello di
Israele, che ha amato come un innamorato più volte tradito, ma capace di
perdonare e di non perdere la speranza di poter essere contraccambiato:
Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa
nella giustizia e nel diritto, nell'amore e
nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà
e tu conoscerai il Signore. (Os 2,21-22)
Questa storia d’amore comincia con la prima parte del primo libro della
Bibbia, la Genesi (“In principio”), i cui primi 11 capitoli offrono una
preistoria sacra che affonda nel linguaggio mitico con cui si cerca di spiegare
l’origine del mondo, ovvero il perché Dio ha creato ciò che esiste. Ci dice che
tutto viene da Dio, che ciò che lui ha creato è bello e buono, che Dio opera in
maniera graduale e che al vertice di ogni cosa c’è il “settimo giorno” ovvero
il tempo di fermarci dal lavoro quotidiano per ricordarci di Dio e contemplare
il creato.
Dio ha un rapporto particolare con l’uomo e la donna creati per ultimi
“a sua immagine e somiglianza”[1]. Affida
loro la custodia del creato (il giardino dell’Eden) e li rende capaci di corrispondere
in maniera libera e consapevole al suo amore. Ma tale libertà implica anche il
rischio di non essere riamato, piuttosto temuto e tenuto a distanza. È quanto
racconta il mito del “peccato originale” con cui si spiega da dove venga il
male e come mai il mondo non sia del tutto “buono e bello”. Disobbedendo al
comando di Dio e ascoltando la voce subdola e ingannatrice del serpente
(simbolo del Male strisciante che ci divide da Dio), l’umanità mette in dubbio
l’amore di Dio. Mangiando del frutto dell’albero del bene e del male fonda le
sue scelte senza Dio. Le conseguenze del peccato sono note: lo scaricabarile
delle colpe e la divisione, la paura di essere visti “nudi”, ovvero con le
nostre fragilità, da qui le maschere con cui cerchiamo di nascondere le nostre
imperfezioni per mostrarci migliori. Si interrompe l’armonia con Dio che
continua a cercarci. “Dove sei?” è la prima parola divina riportata nel libro
sacro.
La preistoria prosegue con il racconto del primo fratricidio, quello di
Caino nei confronti di Abele, avvenuto per invidia e il racconto di Noè e del
diluvio universale, risposta al male che si è diffuso al punto che è rimasto
solo Noè con la sua famiglia a fidarsi ancora di Dio.
La storia (dei Patriarchi e del popolo d’Israele) inizia invece con la
chiamata di Abramo invitato da Dio a lasciare le sicurezze attuali per divenire
padre di un immenso popolo di fedeli nella terra promessa. Abramo si fida, ma
non vede realizzarsi la promessa: Sara, sua moglie, non riesce a dargli un
figlio. Abramo prova a risolvere il problema avendo un figlio dalla schiava
Agar, Ismaele. Tre misteriosi ospiti gli confermano la promessa di Dio: Sara –
ormai molto anziana - avrà un figlio entro un anno. Abramo lo chiamò Isacco
(“sorriso di Dio”) e accetta, anni dopo, la richiesta di Dio di sacrificarlo
sul monte Moria. Sul significato del sacrificio (che verrà evitato con un
intervento di un angelo) sono state fatte diverse ipotesi: Dio mette alla prova
la fede di Abramo? Abramo è chiamato a staccarsi da questo figlio diventato
adulto? Dio non permette che si svolgano sacrifici umani come invece facevano
alcuni popoli vicini?
Isacco sposò Rebecca e divenne padre di due gemelli: Esaù e Giacobbe. La
primogenitura spettava ad Esaù, ma questi la cedette al fratello affamato in
cambio di una minestra di lenticchie e ottenne la benedizione del padre ormai
cieco con un sotterfugio tramato dalla madre.
Giacobbe ebbe dodici figli, capostipiti del popolo d’Israele. Sei li
ebbe da Lia, quattro da due schiave e gli ultimi due dalla sorella di Lia,
Rachele, da lui preferita. Si racconta di un sogno fatto da Giacobbe: una scala
che saliva in cielo. Dio interviene nel sogno confermandogli la sua benedizione
ottenuta dopo aver combattuto tutta la notte con un angelo che gli darà un nome
nuovo: Israele.
Il figlio prediletto di Giacobbe è Giuseppe, penultimo, ma primo figlio
avuto dall’amata Rachele. Gli altri fratelli sono invidiosi e tramano di
ucciderlo. Optano infine per venderlo come schiavo ad una carovana diretta in
Egitto. Qui Giuseppe subisce molte ingiustizie, ma alla fine verrà riconosciuto
il suo valore e la sua sapienza (nell’interpretare i sogni) e sarà nominato
ministro del faraone. Affronta una imminente carestia facendo conservare il
grano in imponenti silos. Sarà la carestia a far incontrare i fratelli e, dopo
un commovente perdono ricevuto da Giuseppe, tutta la famiglia si trasferisce in
Egitto.
Qui finisce il racconto del libro della Genesi e inizia il racconto del
libro dell’Esodo: gli ebrei prolificano in Egitto e il loro numero è temuto dal
faraone che li rende schiavi e ordina di uccidere i figli maschi che nasceranno
in futuro. Viene salvato un neonato affidato alle acque del Nilo e adottato
dalla figlia del faraone che si trovava lì a fare il bagno. Il bambino, che
verrà chiamato Mosè, crescerà nella corte egizia come un principe. Consapevole
della sua origine nota i maltrattamenti che gli ebrei subivano e uccide una
guardia violenta. Costretto a fuggire si ritira nel paese di Madian dove farà
il pastore e sposerà Zippora. Nel deserto vede un roveto che brucia, ma non si
consuma: decide di avvicinarsi e sente la voce di Dio che lo chiama per nome,
si fa conoscere come Yavhè (“Io sono colui che sono”) e gli affida
l’incarico di liberare il suo popolo. Mosè tentenna, ma accetta e riesce a
convincere il faraone solo dopo aver scatenato le dieci piaghe, ultima delle
quali la morte dei primogeniti egizi. Questa piaga e la conseguente liberazione
avviene in una notte che sarà ricordata come Pasqua (passaggio). In questa
notte gli ebrei uccideranno un agnello il cui sangue verrà versato sugli
architravi delle porte come segno per l’angelo incaricato ad uccidere i
primogeniti: il sangue li preserverà dalla sciagura. L’evento, celebrato ogni
anno dagli ebrei, ricorda e rimanda alla morte di Gesù, agnello immolato il cui
sangue ci salva dalla morte del peccato. Questa sarà la Pasqua cristiana: il
passaggio di Gesù crocifisso dalla morte alla Vita eterna.
Il passaggio ebraico dalla schiavitù in Egitto alla liberazione nella
Terra promessa avverrà nel corso di 40 anni di pellegrinaggio nel deserto,
tempo di speranza, ma anche di privazioni e di mormorazioni, tempo in cui il
popolo impara a diventare popolo di Dio che li guida e li educa per mezzo di
Mosè. Il cammino inizia con il prodigio della divisione delle acque del mare
che lasciano passare il popolo d’Israele, ma si rovesciano sui soldati egiziani
che li inseguono e trovano la morte.
Lungo il cammino Mosè segue le indicazioni di Dio che accompagna il
popolo proteggendolo dal sole con una nube che diventa luminosa di notte per
indicare il percorso. Mosè è chiamato a salire per 40 giorni sul monte Sinai e
qui ricevere le Tavole della Legge. Ma il popolo privo di Mosè chiede di poter
adorare un vitello d’oro, simbolo dell’idolatria con cui sostituiamo Dio. Lungo
il cammino il popolo riceve acqua dalla roccia e pane dal cielo (la Manna),
eppure continua a lamentarsi rimpiangendo il tempo della schiavitù perché
garantiva comunque loro un certo “confort” (cipolle e tanto altro da mangiare).
Dio punisce il popolo con dei serpenti velenosi (simbolo del peccato che
avvelena l’anima), ma offrendo subito un antidoto: guardare un serpente di
bronzo affisso su un’asta (simbolo ancor oggi dei medici, ma anche segno che
rimanda ancora una volta alla morte in croce di Gesù, antidoto al veleno
mortifero del peccato).
Alla fine dei 40 anni saranno solo pochi di quelli che erano partiti
dall’Egitto a raggiungere la Terra Promessa: anche Mosè dovrà accontentarsi di
guardare da lontano questa terra dove scorrono “latte e miele”, perché anche
lui ha peccato di infedeltà.
Gli altri tre libri del Pentateuco (Numeri, Levitico e Deuteronomio)
rielaborano questi eventi aggiungendovi molti particolari. Sarà il libro di
Giosuè a raccontare l’arrivo del popolo nella Terra Promessa e dare l’avvio a
quella serie di libri “storici” che presentano gli eventi successivi: il tempo
dei Giudici e poi quello dei Re, a partire da Saul che verrà sostituito da
Davide e poi dai suoi figli.
[1]
Gn 1, …. La creazione di Eva da una costola di Adamo (Adam vuol dire “umanità”)
indica non la priorità dell’uomo sulla donna, ma il loro legame costitutivo, la
mancanza che richiede l’unione per ritrovare la pienezza.