Omelia sulla SS. Trinità
Come sempre la liturgia non ci offre definizione dogmatiche o riflessioni colte sulla realtà trinitaria del nostro unico Dio, ma ci invita a celebrarlo, a lodarlo, ad invocarlo e ad accostarci a Lui con l'umiltà di chi è consapevole di non poter comprendere qualcosa che ci supera immensamente.
Le lettura proposte ci offrono delle indicazioni:
- la prima, tratta dal libro del Deuteronomio, ci invita a guardare all'unicità di Dio che si è fatto conoscere e ha agito per amore del suo popolo liberandolo, difendendolo, guidandolo. Si è mai sentito parlare di un dio come del nostro Dio? Un Dio che si è fatto vicino, che è in cielo, ma è anche in terra e che ha mostrato il suo amore con la tenerezza di un padre?
- nella seconda lettura san paolo pone l'accento sullo Spirito già celebrato domenica scorsa, solennità di Pentecoste, quando in bocca di Gesù abbiamo trovato alcune formule trinitarie:
"verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre,
lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me".
San Paolo ci ricorda che è lo Spirito di Dio che ci rende figli e ci spinge ad una confidenza tale da chiamare Dio "Abbà", cioè "Papà" e a sentirci chiamati a ricevere l'eredità di figli, la vita eterna, il regno di Dio ("voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura").
- nel Vangelo il Risorto si presenta come Dio ("io sono...con voi"): "a me è stato dato ogni potere".
Gli apostoli (undici), in Galilea (nel luogo dove tutto era iniziato), sul monte indicato (probabilmente quello delle beatitudini) si "prostrarono e dubitarono": sono i due atteggiamenti ambivalenti che ci contraddistinguono: ci si prostra solo davanti a Dio (e dunque lo si riconosce come Dio), ma non si cessa di dubitare. Forse in sè stessi, della missione ricevuta, ma anche di Dio stesso: accolto, riconosciuto, ma mai fino in fondo. I dubbi ci accompagnano, ma messi a confronto con i motivi di fede, chi vince? La fede o i dubbi? I dubbi ci tengono in atteggiamento di ricerca, ci ricordano la nostra fragilità...ma a tal punto da farci dubitare dell'amore di Dio?
- Gesù, ancora una volta, invia gli apostoli: con un ennesimo passaggio di "poteri", di consegne, li invia nel mondo intero a "BATTEZZARE nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" e ad insegnare ai popoli (ciò che vi ho comandato), perchè ogni popolo si faccia discepolo.
Si tratta di battezzare ed insegnare: è il percorso dell'iniziazione cristiana, della catechesi che ci accompagna nella maturità di fede, al fine di diventare discepoli: di riconoscere Gesù come maestro e di seguirne gli insegnamenti.
Non dimentichiamo che "battezzare" significa propriamente "IMMERGERE": si tratta dunque non soltanto (o non tanto) di celebrare i battesimi, ma di far entrare gli altri (di immergerli) nella realtà di Dio, di permettere a tutti di fare esperienza dell'amore di Dio, di sentirlo presente nella vita. E questo NEL NOME: cioè non per nostra iniziativa e basandoci sulle nostre sole forze e idee, ma in comunione con Dio, con la sua forza, secondo la sua volontà.
"Io sono con voi sempre": tutto lo si fa nella consapevolezza che Dio è con noi, non ci abbandona. La promessa di Gesù è solenne e chiude il Vangelo secondo Matteo: non temete, io vi sostengo, vi accompagno, vi guido.
Così anche il SEGNO DI CROCE, segno distintivo della nostra identità cristiana, và recuperato come preghiera (invochiamo Dio, il suo aiuto, la sua protezione in ogni situazione e in ogni momento della giornata, perlomeno all'inizio e alla fine, prima e dopo ogni pasto, passando davanti a luoghi sacri...). Il segno di croce accompagnato alle parole ("nel nome...") ci richiama l'amore con il quale siamo stati amati, la potenza (apparentemente impotente) di Dio che ha trasformato uno strumento terribile di morte in uno strumento di salvezza. E poi ci ricorda che Dio è uno e trino: è Padre e Figlio (asse verticale dove dall'alto del Padre si giunge al basso del Figlio che si è incarnato) e Spirito Santo (asse orizzontale che ci lega tra di noi, ci invita alla comunione, all'amore).
"nel nome del Padre" per immedesimarti nel suo pensiero
"nel nome del Figlio" per immedesimarti nel suo amore
"nel nome dello Spirito" per immedesimarti nella sua azione;
"nel nome del Padre" impegnati ad abbandonarti in Lui
"nel nome del Figlio" impegnati ad unirti profondamente in Lui
"nel nome dello Spirito" impegnati a lasciarti guidare da lui;
"nel nome del Padre" implora la fedeltà al suo volere
"nel nome del Figlio" implora la fedeltà ai suoi esempi
"nel nome dello Spirito" implora la fedeltà delle sue ispirazioni.
Don Tonino Bello diceva:
“Sai come spiego il mistero di un solo Dio in tre Persone? Non parlo di uno più uno più uno: perché così fanno tre. Parlo di uno per uno per uno: e così fa sempre uno. In Dio, cioè, non c’è una Persona che si aggiunge all’altra e poi all’altra ancora. In Dio ogni Persona vive per l’altra.
«Stiamo insieme perché non siamo ancora in grado di sostenere la solitudine.
Insieme proprio perché, se uno cade, non manchi chi lo sollevi.
Insieme, infine, proprio perché è bello e gioioso che i fratelli vivano insieme».