Omelia per la XII domenica del Tempo Ordinario, anno C: "l'ultimo posto"
Letture
Il mondo ci insegna ad essere furbi, arrivisti, approfittatori. A cercare i posti migliori, ad apparire migliori di quello che siamo.
Ma chi decide quale posto meritiamo nella vita? Noi, con i nostri sforzi e le lotte quotidiane, o il padrone del banchetto della vita che è Dio?
L'umile è colui che non pretende, che non si impone, ma che si affida a Dio, perchè si fida di Dio e del posto che Lui gli assegna. Lascia a Lui le redini della propria vita.
E' così che Dio viene glorificato (dagli umili) e "Dio gli rivela i suoi segreti", cioè entra in una relazione di comunione e di amicizia con l'umile.
L'umile è colui che ha i piedi per terra (=humus), che sa riconoscere i propri pregi e i propri difetti. Non ha bisogno dell'ammirazione degli altri, perchè si accetta per quello che è.
L'umile è anche un mite, perchè non si affanna per mostrarsi migliore di quello che è, ma accetta la sua condizione, il suo posto nel mondo. Non cerca di colmare il vuoto interiore con gli onori, i ruoli, le ricompense, le rivendicazioni e le rimunerazioni, ma accetta che sia Dio ad assegnargli il posto.
L'orgoglio e la superbia ci fanno vivere male, insoddisfatti rispetto alle attese che abbiamo, pretendendo sempre di più e di meglio. E fanno vivere male chi ci sta vicino: perchè tendiamo a schiacciare gli altri, ad ignorare gli altri, a sfruttare gli altri per ottenere quello che ci sembra dovuto e meritato. L'orgoglio distrugge la fraternità.
Il mite è colui che vive sereno: senza ansie, senza pretese, senza competere con gli altri invidiando chi sta meglio e godendo di chi sta peggio. E fa vivere serenamente anche chi gli sta vicino: non combatte contro di loro, sentendoli come rivali, ma li sente fratelli e gode dei loro successi.
Il mite è umile: sta in pace dove Dio lo mette, sentendosi a posto, godendo nel servire gli altri, amando gratuitamente.
E' il Signore ad averci invitati anche oggi a noi poveri (mancanti in tante cose), zoppi (dal cammino incerto), ciechi (incapaci di vedere in profondità). Se vogliamo imitarlo, se vogliamo seguirlo e in qualche modo contraccambiarlo, facciamolo invitando altri poveri, ciechi e zoppi come noi. Mettendoci al loro servizio come Lui si mette al nostro servizio e dona ogni cosa per noi. Solo perchè ci ama.
A noi presenti al suo banchetto oggi forse ci inviterebbe a non scegliere gli ultimi posti: quelli dove si esce per primi, dove si rimane spettatori e non si rischia di essere coinvolti. Scegliere i primi posti in Chiesa, forse oggi significa essere umili. Disponibili. Grati.