Omelia per la solennità del Corpus Domini (anno B)
"Ecco, sono con voi fino alla fine dei tempi": la promessa solenne che chiude il vangelo secondo Matteo e che ci è stata riproposta domenica scorsa in occasione della solennità della SS. Trinità, si realizza con l'istituzione dell'Eucaristia che ci viene ricordata nella solennità odierna del Corpus Domini e che abbiamo celebrato già il giovedì santo, tre giorni prima della Pasqua.
Perchè allora un'altra festa dell'Eucarestia? Lo spunto della festa è nato da uno dei tanti miracoli eucaristici: siamo nel lontano XIII secolo. Un sacerdote, padre Pietro da Praga, sta perdendo la fede: dubita che Gesù sia realmente presente nell’Eucaristia, ma chiede a Dio la grazia di credere. Con questo proposito, decide di partire in pellegrinaggio alla volta di Roma, per implorare la grazia della fede sul tumulo dell’apostolo San Pietro. Di ritorno dal suo pellegrinaggio personale, sta celebrando la Santa Messa nella cripta di Santa Cristina, a Bolsena, quando l’Ostia Sacra sanguina e macchia il corporale con il Sangue di Cristo (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina.
Il Papa decise di dedicare all'Eucaristia una festa e da allora questa solennità è stata celebrata con infiorate e processioni nel mondo, mentre i miracoli legati all'Eucarestia si sono moltiplicati.
Torniamo alla promessa di Gesù: "Io sono con voi sempre" e domandiamoci: "Ma noi siamo con Lui sempre?". Il problema è che spesso ci dimentichiamo di Lui, viviamo la nostra vita come se lui non ci fosse, mentre Gesù vuole farsi COMPAGNO nostro, cibo nostro, vita nostra.
Il cibo ci fa
vivere (senza mangiare si muore). Condividere il cibo significa dunque anche
condividere la vita (non per niente troviamo così spesso Gesù a tavola con ogni
genere di persone, anche con i peccatori). La parola “compagni” nasce dal
latino cum-panis: persone che condividono il pane.
Nell'ora
dell'addio e nel contesto della Pasqua ebraica (che celebra la liberazione
dall'Egitto), Gesù ha predisposto tutto con cura perchè quella cena sia
ricordata sempre, per sempre e da tutti: Gesù prende gli elementi più semplici,
il pane e il vino, li benedice e li offre invitando a prendere e mangiare il
suo corpo e il suo sangue. Gesù vuole offrirsi come alimento (e bevanda),
energia vitale, presenza che si inserisce nella nostra vita: diventa parte di
essa e ci fa diventare parte di lui.
Del vino dice che diventa sangue dell'alleanza (vedi anche la prima lettura),
patto di sangue che ci unisce e ci libera dalla morte eterna, come il sangue
dell'agnello che la notte di Pasqua veniva sparso sugli architravi delle parte
per liberare il popolo dalla minaccia di morte portata dall'angelo.
Un patto, nell'antichità ebraica, veniva sigillato dai due contraenti che ricordando come il sangue sia vita (senza sangue si muore) mettevano in gioco la propria vita nel patto stipulato (e simbolizzato dal sangue di un animale versato tra i due contraenti). Così Mose nella prima lettura presenta i Comandamenti di Dio, crea un altare, simbolo dell'offerta di Dio, lo cosparge di sangue e ne asperge il popolo.
Più che adorare, contemplare, venerare quel Pane, Gesù ci chiede prima di tutto
di prenderlo e farlo nostro: “io voglio essere preso
dalle tue mani come dono, stare nella tua bocca come pane, nell'intimo tuo come
sangue, farmi cellula, respiro, pensiero di te. Tua vita”.
Noi viviamo grazie al cibo che mangiamo: la vita fisica deve essere alimentata. Così la vita spirituale che segue la legge naturale per cui l'elemento superiore assimila quello inferiore: l'uomo assimila ogni cosa, gli animali assimilano alcuni altri animali (più deboli) altri solo dei vegetali, i vegetali assimilano i minerali... Così mangiando del corpo di Cristo diventiamo suo corpo: è Lui l'elemento superiore che ci assimila a sé. Diveniamo suo corpo, ci trasformiamo in Lui, siamo uniti in quell'unione trinitaria contemplata domenica scorsa.
Noi viviamo grazie a Gesù che si fa alimento e, condividendo il suo corpo, impariamo a condividere tra noi la vita, a divenire un corpo solo di cui Lui è il Capo, la testa. Ma ciò significa anche che non possiamo mangiare il suo corpo se siamo divisi tra noi o se non siamo in comunione con Lui e con quanto lui ci chiede di vivere.
Gli dei chiedevano sacrifici e offerte. Il nostro Dio ci dona sé stesso come unico sacrificio e offerta a Dio gradita: non chiede nulla se non di essere accolto. Ci dona tutto senza pretendere nulla in cambio, perché ci ama, perché è Amore puro e disinteressato.
EUCARISTIA: rendere grazie (per il dono immeritato: "non sono degno"...)
COMUNIONE: ci unisce con Dio e ci chiede di essere uniti tra di noi.
FARMACO D'IMMORTALITA', CIBO SPIRITUALE...