Parole di vita (raccolta, settembre 2019)
"No, non offro al Signore le mie sofferenze, perchè è lui che nella sofferenza si offre a me. E' questa la forza che mi dona la capacità di vivere serenamente, anche in momenti critici come questi. Ed è grande la differenza: non offre le mie forze al Signore, ma è lui che mi comunica la sua. Dio non assorbe le mie energie ma mi comunica le sue, non mi diminuisce, ma mi potenzia. Dio non mi chiede di vivere per lui ma di lui, ed è grande la differenza" (A. Maggi, Chi non muore si rivede, p. 37).
"Si possiede solo quello che si dona...Quel che si trattiene non si possiede, ma ci possiede" (A. Maggi)
La ricchezza può spingere a erigere muri, creare divisioni e discriminazioni. Gesù, al contrario, invita i suoi discepoli ad invertire la rotta: “Fatevi degli amici con la ricchezza”. È un invito a saper trasformare beni e ricchezze in relazioni, perché le persone valgono più delle cose e contano più delle ricchezze possedute. Nella vita, infatti, porta frutto non chi ha tante ricchezze, ma chi crea e mantiene vivi tanti legami, tante relazioni, tante amicizie attraverso le diverse “ricchezze”, cioè i diversi doni di cui Dio l’ha dotato. Ma Gesù indica anche la finalità ultima della sua esortazione: “Fatevi degli amici con la ricchezza, perché essi vi accolgano nelle dimore eterne”. Ad accoglierci in Paradiso, se saremo capaci di trasformare le ricchezze in strumenti di fraternità e di solidarietà, non ci sarà soltanto Dio, ma anche coloro con i quali abbiamo condiviso, amministrandolo bene, quanto il Signore ha messo nelle nostre mani.
Fratelli e sorelle, questa pagina evangelica fa risuonare in noi l’interrogativo dell’amministratore disonesto, cacciato dal padrone: «Che cosa farò, ora?» (v. 3). Di fronte alle nostre mancanze, ai nostri fallimenti, Gesù ci assicura che siamo sempre in tempo per sanare con il bene il male compiuto. Chi ha causato lacrime, renda felice qualcuno; chi ha sottratto indebitamente, doni a chi è nel bisogno. Facendo così, saremo lodati dal Signore “perché abbiamo agito con scaltrezza”, cioè con la saggezza di chi si riconosce figlio di Dio e mette in gioco se stesso per il Regno dei cieli.°°°
La Vergine Santa ci aiuti ad essere scaltri nell’assicurarci non il successo mondano, ma la vita eterna, affinché al momento del giudizio finale le persone bisognose che abbiamo aiutato possano testimoniare che in loro abbiamo visto e servito il Signore. (Papa Francesco)
Non tutto quello che desideriamo
può essere comprato con il denaro.
Per esempio si può comprare:
il letto, ma non il sonno;
il cibo, ma non l’appetito;
il libro, ma non l’intelligenza;
la cultura, ma non la sapienza;
una casa, ma non la famiglia;
la medicina, ma non la salute;
lo svago, ma non la felicità;
la tranquillità, ma non la pace;
la sicurezza materiale, ma non la spirituale;
il crocifisso, ma non la fede;
un posto nel cimitero, ma non nel cielo;compagnia, piacere, risate, ma non veri amici.
***
Nessun vento è favorevole***
per chi non sa dove andare,
ma per noi che sappiamo,
anche la brezza sarà preziosa.
(R.M. Rilke)
«Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica»”.
L’ascolto e il mettere in pratica sono le due cose che ci rendono familiari nel nostro rapporto con Cristo. Infatti non si può dire che l’amore è vero se la parola di chi ci ama non è una parola che prendiamo sul serio, che accogliamo, che vagliamo, che lasciamo ci metta in discussione, o ci incoraggi. L’amore è sempre la declinazione di un ascolto. Chi non ascolta non ama. E in secondo luogo poi l’ascolto deve diventare anche una decisione, un tentativo, un modo per mettere in pratica ciò che hai riconosciuto essere vero per te. Senza queste due componenti non esiste davvero intimità in una relazione. Mi capita spesso di sentire persone che si dicono l’un l’altro “ti voglio bene” o meglio ancora “ti amo”. Ma la verità di un bene o di un amore non è misurabile dal semplice sentimento, ma da quanto la parola di questa persona è importante nella tua vita. (L.M. Epicoco)
Ricordate che in Chiesa non si va né per la simpatia dei ministri né per la cordialità dei parrocchiani. E se delle volte un buon sacerdote o un buon cristiano sono un formidabile aiuto alla propria fede, è pur vero che ciò che conta quando si ha sete è l’acqua e non la qualità del bicchiere. (L.M. Epicoco)***
Svuotamento***
Un maestro di sapienza e di spiritualità, noto per la saggezza delle sue dottrine, ricevette la visita di un professore universitario, che era andato da lui per interrogarlo sul suo pensiero.
Il saggio servì del tè: colmò la tazza del suo ospite e poi continuò a versare, con espressione serena e sorridente. Il professore guardò traboccare il tè, tanto stupefatto da non riuscire a chiedere spiegazione di una distrazione così contraria alle norme più elementari della buona educazione. Ma a un certo punto non poté più contenersi: «È ricolma! Non ce ne sta più», gridò con agitazione.
«Come questa tazza», disse il saggio imperturbabile, «tu sei ricolmo della tua cultura, delle tue opinioni e congetture erudite e complesse. Come posso parlarti della mia dottrina, che è comprensibile solo agli animi semplici e aperti, se prima non vuoti la tua tazza?».
(L. Vagliasindi (ed.), La morale della favola, Milano, Gribaudi, 1983, 11-12).
Quando i segni dell’età inizieranno a segnare il mio corpo (e ancor di più quando incideranno sulla mia mente);
quando il male che deve limitarmi o uccidermi arriverà da fuori o nascerà dentro di me;quando arriverà il doloroso momento in cui capirò improvvisamente di essere malato o vecchio;e soprattutto alla fine, quando sentirò di non avere più il dominio su me stesso e sarò assolutamente passivo in mano alle grandi e sconosciute forze che mi hanno formato;in tutti quei momenti oscuri, Dio, concedimi***
di poter comprendere che sei Tu (sempre che la mia fede sia abbastanza forte) che stai separando dolorosamente le fibre del mio essere per penetrare nel midollo stesso della mia sostanza e portarmi dentro di Te.
(Pierre Teilhard de Chardin)
Ascoltateci. Il grido dei ragazzi della nostra cittàAscoltateci quando siamo in silenzio.Ascoltateci prima di fare un incontro o prima di prepararlo.Ascoltateci quando non reagiamo alle vostre domande.Ascoltateci quando le vostre risposte non ci bastano.Ascoltateci quando vi evitiamo.Ascoltateci quando non ci lasciamo cercare.Ascoltateci quando vi rispondiamo male.Ascoltateci quando la scuola non sa indicarci il gusto della vita.Ascoltateci quando non cerchiamo risposte, ma casa.Ascoltateci quando vi siamo indifferenti.Ascoltateci quando non vi seguiamo.Ascoltateci quando cerchiamo l’essenziale, ma non lo troviamo nei vostri comportamenti.Ascoltateci, quando abbiamo voglia di essere guardati con gratuità.Ascoltateci, quando vi temiamo.Ascoltateci, quando abbiamo bisogno di relazione, di tenerezza e di fermezza.Ascoltateci, quando preferiamo rimanere soli.Ascoltateci, quando abbiamo paura della vita.Ascoltateci, quando non sappiamo cosa dire davanti al vuoto che ci consegnate.Ascoltateci, quando preferiamo la cura della vostra sincerità.Ascoltateci, quando volete imitare il mondo per attirarci e non vi capiamo.Ascoltateci, quando non cerchiamo Dio.Ascoltateci, quando ci ripieghiamo sul presente.Ascoltateci, quando ci chiudiamo nel virtuale.Ascoltateci, quando vi proponiamo qualcosa di nuovo.Ascoltateci, quando non vogliamo essere contati per soddisfare il vostro orgoglio di averci raggiunti.Ascoltateci, quando non sopportiamo che diventate maestri.Ascoltateci, quando ci usate per farvi grandi. Ascoltateci, quando cerchiamo di farci spazio.Ascoltateci, quando abbiamo paura di confrontarci.Ascoltateci, quando tendiamo una mano, ma non sapete leggere nel nostro cuore.Ascoltateci, quando non ci lasciamo usare dalla vostra creatività.Ascoltateci, quando siamo mendicanti di amore e di verità.Ascoltateci, quando con gli atteggiamenti vi chiediamo che siate pienamente uomini e donne.Ascoltateci, quando vi chiediamo di aiutarci a diventare uomini e donne.Ascoltateci, quando vogliamo le briciole della vostra fede e della vostra amicizia con Dio.Ascoltateci, quando vogliamo fare noi il mondo e non lasciare che siate solo voi a consegnarcelo.Ascoltateci, quando chiediamo da voi un futuro integro e luminoso.Ascoltateci, quando non ci fidiamo della dispersione delle vostre idee e del vostro esempio.Ascoltateci, quando bussiamo per chiedervi pane, quello che dura per la vita.Ascoltateci, quando facciamo fatica a comprendere che si vive solo quando si è dono.Amen.
IL GRILLO E LA MONETA(Bollettino salesiano. Giugno 2019)Un saggio indiano aveva un caro amico che abitava a Milano. Si erano conosciuti in India, dove l’italiano era andato con la famiglia per fare un viaggio turistico. L’indiano aveva fatto da guida agli italiani, portandoli a esplorare gli angoli più caratteristici della sua patria. Riconoscente, l’amico milanese aveva invitato l’indiano a casa sua. Voleva ricambiare il favore e fargli conoscere la sua città. L’indiano cedette all’insistenza dell’amico italiano e un bel giorno sbarcò da un aereo alla Malpensa.
Il giorno dopo, il milanese e l’indiano passeggiavano per il centro della città. A un tratto, in piazza San Babila, l’indiano si fermò e disse: «Senti anche tu quel che sento io?».
Il milanese, un po’ sconcertato, tese le orecchie più che poteva ma ammise di non sentire nient’altro che il gran rumore del traffico cittadino.
«Lì vicino c’è un grillo che canta», continuò, sicuro di sé, l’indiano.
«Ti sbagli», replicò il milanese. «io sento solo il chiasso della città. E poi, figurati se ci sono grilli da queste parti».
«Non mi sbaglio. Sento il canto di un grillo», ribatté l’indiano e decisamente si mise a cercare tra le foglie di alcuni alberelli striminziti. Dopo un po’ indicò all’amico che lo osservava scettico un piccolo insetto, uno splendido grillo canterino.
«Hai visto che c’era un grillo?», disse l’indiano.
«È vero», ammise il milanese. «Voi indiani avete l’udito molto più acuto di noi bianchi… ».
«Questa volta ti sbagli tu», sorrise il saggio indiano. «Stai attento … ».
L’indiano tirò fuori dalla tasca una monetina e facendo finta di niente la lasciò cadere sul marciapiede. Immediatamente quattro o cinque persone si voltarono a guardare.
«Hai visto?», spiegò l’indiano. «Questa monetina ha fatto un tintinnio più esile e fievole del trillare del grillo. Eppure hai notato quanti bianchi lo hanno udito?».
Il giorno dopo, il milanese e l’indiano passeggiavano per il centro della città. A un tratto, in piazza San Babila, l’indiano si fermò e disse: «Senti anche tu quel che sento io?».
Il milanese, un po’ sconcertato, tese le orecchie più che poteva ma ammise di non sentire nient’altro che il gran rumore del traffico cittadino.
«Lì vicino c’è un grillo che canta», continuò, sicuro di sé, l’indiano.
«Ti sbagli», replicò il milanese. «io sento solo il chiasso della città. E poi, figurati se ci sono grilli da queste parti».
«Non mi sbaglio. Sento il canto di un grillo», ribatté l’indiano e decisamente si mise a cercare tra le foglie di alcuni alberelli striminziti. Dopo un po’ indicò all’amico che lo osservava scettico un piccolo insetto, uno splendido grillo canterino.
«Hai visto che c’era un grillo?», disse l’indiano.
«È vero», ammise il milanese. «Voi indiani avete l’udito molto più acuto di noi bianchi… ».
«Questa volta ti sbagli tu», sorrise il saggio indiano. «Stai attento … ».
L’indiano tirò fuori dalla tasca una monetina e facendo finta di niente la lasciò cadere sul marciapiede. Immediatamente quattro o cinque persone si voltarono a guardare.
«Hai visto?», spiegò l’indiano. «Questa monetina ha fatto un tintinnio più esile e fievole del trillare del grillo. Eppure hai notato quanti bianchi lo hanno udito?».